Vincenzo Monti (il traduttore omerico del “Cantami o diva del Pelide Achille...”), il quale a sua volta lavorò sul Vocabolario della Crusca, scrivendo un suo libro di proposte, e che
irrise
con ironia aspra Cesari e la sua Crusca veronese. Va bene
riusare
espressioni antiche di bellezza eterna, ma serve misura, non si può
farcire la lingua di anticaglie da museo. In particolare, in lettere
private, Monti apostrofò Cesari proprio con uno dei
bizzarri
termini trecenteschi recuperati nel lavoro di Cesari: grammuffastronzolo.

Si tratta di un
epiteto
che non rimane il più usato nella storia della nostra letteratura: descrive il
grammatico
pedante e da
strapazzo,
e nasce da ‘grammuffa’. Questa è un’alterazione scherzosa di
‘grammatica’ (che naturalmente fa aggio sull’associazione del gran
sapere col muffito), e in espressioni come ‘parlare in grammuffa’, o
‘per grammuffo’, racconta un modo di esprimersi impenetrabile, con
solennità
magniloquente
e magari latineggiante. La gratuità della composizione con l’affettuoso
diminutivo ‘stronzolo’ chiude meravigliosamente il cerchio, ribaltando
in un’ironia immediata e blandamente graffiante chi atteggia una gran
levatura…