INSULTARE E’ UN’ARTE: DALLA A DI ABOMINEVOLE ALLA Z DI ZOCCOLETTA: ANCHE PER SCEGLIERE LE MIGLIORI PAROLACCE POSSIBILI SERVE UN PO’ DI CULTURA - “BAGASCIA” E’ STATO USATO DA D’ANNUNZIO E GADDA, “CAPRA” E’ INVENZIONE DI SGARBI - INARRIVABILE FUNARI: “SE UNO E’ STRONZO, NON GLI POSSO DIRE STUPIDINO. SI CREA DELLE ILLUSIONI” - VIDEO -
Luigi Mascheroni per il Giornale
Bisogna
sapere parlare bene, quando si parla male. La lingua, come insegnano i
proverbi e la Storia, uccide più della spada. Lo sappiamo tutti: è
peggio un aggettivo ben assestato che un cazzotto in faccia.
E
quindi, per allenarsi a tirare di offese e di oltraggi, ecco un
imprescindibile «manuale di pronto impiego», per scegliere le migliori
parolacce possibili (Ingiurie&insulti, MondadoriEducation, pagg.
178, euro 12). O perlomeno, per sceglierle con cognizione di causa, di
linguistica, di filologia. Insultare, come già insegnava Arthur
Schopenhauer, è un' arte.
Scritto
da Federico Roncoroni - romanziere e saggista che ha pubblicato vari
studi sulla lingua italiana, una laurea in filologia classica e una
quindicina di anni di insegnamento nei licei prima di cominciare una
carriera da «professore a distanza» come autore di libri di testo -
Ingiurie&insulti è uno squisito libretto d' istruzione per conoscere
esattamente il significato, l' origine e l' offensività delle singole
espressioni, così da usare quella giusta - come se si rovistasse in una
cassetta degli attrezzi - per ogni evenienza. E anche per sapere quanto
sentirsi offesi da una mala parola, e quanto si può fare davvero male
con la dovuta volgarità.
E
così, grammatico e pragmatico, Roncoroni mette in ordine alfabetico -
dalla A di abominevole, parola antichissima attestata in italiano prima
del 1292, alla Z di zoccola, un termine ormai diventato unisex, e che si
usa anche per indicare un maschio infedele, mentre per le donne forse è
più sexy il diminutivo zoccoletta - un gruppo di parole, più o meno
triviali.
Ognuna,
peraltro, segnalata da un colore diverso che ne classifica il livello
di offensività secondo la gradazione «poco offensivo» (ad esempio
burrosa, che per una donna - penso a una bella milfona - è quasi un
complimento), «moderatamente offensivo» (ad esempio qualunquista, che in
tempi di populismo imperante è quasi la norma), «offensivo» (ad esempio
stop and go, cioè «persona che, durante un atto sessuale, si blocca di
continuo, per l' emozione, per problemi funzionali, per sensi di colpa o
altro, e ogni volta ricomincia per poi fermarsi di nuovo fino a
esasperare il partner o la partner», che più che un lemma sembra una
nuova categoria di Youporn), e «molto offensivo» (ad esempio «untuoso»,
che - per capirci - è quel tipo di uomo col quale una donna non andrebbe
neanche fosse l' ultimo maschio rimasto sulla Terra, come si dice.
Quindi qualcosa di davvero mooooolto umiliante). Ecco, tanto per sapersi
regolare.
Per
il resto, cari i miei tangheri e culone, ciò che serve per parlare
male, ma bene, non è la fantasia. Ma la cultura. E qui, fra etimologie,
citazioni letterarie (consiglio lo scartarello di Giuseppe Gioacchino
Belli) e divagazioni mitologiche (la voce troia riserva ancora
sorprese), di colte sconcezze ce ne sono parecchie. A sprezzo di idioti,
mona e minus habens vari...
2. CAPRA, NIMBY, FIGADORO
Federico Roncoroni per il Giornale
ARIDO
Cercate di non meritarvi mai, donne o uomini che siate, questo epiteto
da qualcuno che vi ama o vorrebbe amarvi: più che un insulto è un atto
di accusa che suona come la denuncia di una mancanza gravissima e, nel
contempo, implica l' ammissione, da parte di chi vi ama, dell'
impossibilità di amarvi, perché in voi l' amore, forse non solo per
vostra colpa, non attecchisce.
ARRAPATO
È entrato nella lingua italiana scritta alla fine degli anni '50.
Deriva dal napoletano arrapà, «arrapare», che nasce dall' uso in senso
osceno di rapa, l' ortaggio dalla grossa radice il cui nome nel mondo
contadino è utilizzato per indicare il membro virile.
BAGASCIA
Antichissimo è attestato fin dai primi anni del Trecento , è stato caro
a poeti e scrittori di tutti i tempi. Duro ma realistico il quadretto
in cui Gabriele d' Annunzio inserisce la sua bagascia: «Cupe finestre
ove in attesa/ di prede sta la bagascia/ spandendo sul davanzale/ le sue
mammelle/ come pasta che lièviti». Non meno realistico, però più tenero
e affettuoso, Carlo Emilio Gadda: «Loderò le plastiche carni delle
infarinate Bagasce».
CAPRA
È un' ingiuria ad alto tasso offensivo, soprattutto se viene reiterata
più volte a gran voce come è uso fare un noto polemista che l' ha resa
celebre attraverso la televisione: «Capra! Capra! Capra!» e via urlando
fino a che reggono le corde vocali. Come insulto, la parola è il frutto
dell' uso figurato e in senso spregiativo dell' ennesimo animale, la
capra, da parte dell' uomo (...). Questo è il triste destino degli
animali: l' uomo ne metaforizza sempre i nomi scaricando su di essi i
propri vizi e i propri difetti.
CIUSCHERO
Alticcio, reso allegro dal vino, brillo. È parola scherzosa, che non
offende chi è ciùschero davvero perché è contento di esserlo, e
ridicolizza, lievemente e quasi benevolmente, chi ciùschero non è e si
comporta come tale. Purtroppo è scomparsa dai dizionari.
INSULTARE
FIGADORO
Donna che fa la preziosa, perché crede di avercela solo lei o aspetta
di concederla all' offerente di maggior valore. È un epiteto ingiurioso
di livello medio-alto in quanto non va esente, in chi lo pronuncia, da
una certa dose di apprezzamento non per la strenua difesa che la
proprietaria fa dell' oggetto bensì per l' oggetto in sé. (...)
«Figarotta» invece è usata per indicare una donna che non è più vergine.
Di solito viene da chi ha contribuito a rendere la donna quella che è, e
magari sputa sull' organo in questione giacché non può più averlo.
GESUITA
Il mio babbo che, benché sia nato cattolico e che cattolico volle
morire, aveva in uggia monaci, frati e preti di ogni tipo, per spiegarmi
che cosa volesse dire essere un gesuita, mi raccontò la storia di un
gesuita che, alla domanda se si potesse fumare mentre si prega postagli
da un ricco signore della cui «coscienza» non voleva perdere il
controllo, rispose: «No, non si può fumare mentre si prega. Però si può
pregare mentre si fuma».
ISTERICO
La parola deriva, tramite il latino, dal greco hystér, «utero», e nell'
utero, nel IV secolo a.C., Ippocrate aveva individuato la
responsabilità di quella che considerava una vera malattia: a suo
parere, l' organo, se irritato, poteva spostarsi su su fino alla gola e
provocare un senso di soffocamento, accompagnato da grida, convulsioni,
vomito e aggressività. Per chiari motivi anatomici e fisiologici, l'
epiteto dovrebbe essere attribuito solo alle donne.
LAVATOIO
Donna di cui tutti possono godere, sfogando con lei la propria libidine
(...). È stato utilizzato, al precipuo scopo di offendere, da un
ingeneroso intellettuale uno di quelli usi a sputare nel piatto in cui
mangiano , che ebbe a definire «lavatoio sessuale della letteratura
italiana» la poetessa e scrittrice Sibilla Aleramo, nota per i numerosi
amanti e le numerose amanti.
NIMBY
Persona che, pur essendo in linea di massima favorevole alla
realizzazione di opere di interesse pubblico discariche, inceneritori e
centrali elettriche o nucleari e strutture destinate a centri per
immigrati o altro, si oppone alla loro realizzazione nel territorio in
cui vive.
La
parola è la sigla di N(ot) i(n) m(y) b(ack) y(ard), «Non nel giardino
di casa mia» e stigmatizza, con la giusta dose di disistima, il
comportamento antisociale di quanti non vogliono avere fastidi o
problemi di sorta anche nei casi in cui si tratta di garantire il bene
della collettività.
ZERBINOTTO
Giovanotto elegantemente azzimato, dai modi affettati e galanti fino al
ridicolo. È un epiteto che oscilla tra l' ironia e il disprezzo, ma non
scuote la granitica vanità di un tipo umano che esiste da sempre: la
parola che lo indica in italiano fa la sua prima apparizione nel 1611 e
deriva dal nome di un personaggio dell' Orlando Furioso, l' elegante
Zerbino.
SGARBI CATTELAN