Franca Leosini nell’enciclopedia Treccani:
“leosiner” è neologismo. Lei:
“Grazie a tutti i fan di Storie Maledette”
La parola del giorno è
Paraclito
[pa-ra-clì-to]SIGN Consolatore, difensore, in particolare usato in ambito ecclesiastico quale attributo dello Spirito Santo
voce dotta recuperata dal latino ecclesiastico
[paraclétus] o [paraclítus], dal greco [parácletos] 'consolatore', ma
più propriamente 'invocato', derivato di [paracléo] 'chiamo in aiuto'
(composto da [pará] 'presso' e [caléo] 'chiamo').
Questa parola fa parte della
famiglia dei termini difficili che, incontrati, accendono la curiosità;
ma si tratta di un termine che è vissuto in una maniera così speciale da
poter essere considerato un termine tecnico — nell'ambito della
religione cristiana.
Con una certa variabilità viene
registrato più volentieri ora come 'paraclito' ora come 'paracleto'
(molto buffo come i dizionari segnino ora l'una ora l'altra come
desueta): si tratta di varianti determinate dall'opzione per la
pronuncia più fedele all'originale greco classico (paracleto) o per la pronuncia bizantina medievale (paraclito), che aveva subito il
fenomeno dello iotacismo, col passaggio della pronuncia di diversi suoni a una semplice 'i'.
In italiano non ha parenti — almeno di non considerare il nome Anacleto, che ci racconta un 'invocato'. Il suo successo è di matrice
evangelica (in particolare del Vangelo di Giovanni), in quanto viene
citato quale attributo dello Spirito Santo, visto nella sua
funzione di sostegno patrono, di consolatore
e difensore. Il suo significato, visto lo strettissimo ambito di uso e
la forma che all'orecchio non ha potuto suggerire alcun collegamento lepido, tantomeno malizioso, non è stato praticamente esteso da questo attributo. A quando a quando è stato usato come sineddoche per Dio, inteso nella sua veste trinitaria, e anche gli usi ironici sono stati sporadici e poco rilevanti.
Purtroppo è uno di quei casi (eccezionalmente rari) in cui una parola promettente, che già fa odorare un carisma semantico raro, si rivela praticamente aliena al corpo della lingua, incistata
in un uso che per quanto secolarmente stabile non ha trovato sbocchi
vivi fuori dal suo ambito d'elezione. Fermo restando che per i credenti
tratteggia un attributo superiore di comprensione amorevole e
accogliente compassione.
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