Trombinoscopio
[trom-bi-no-scò-pio]SIGN Raccolta con foto, nomi e presentazioni dei membri di un gruppo
dal francese [trombinoscope], probabilmente
composto di [trombine] 'viso', e dal secondo elemento [-scope], che dal
greco [skopêin] 'vedere' descrive strumenti d'osservazione.
Anticipo la malizia di chi leggendo si è domandato "E cos'è che osserva, il trombinoscopio?" o "Dove si mette?". Vediamolo.
Non si può dire che sia una parola entrata in italiano, che magari
potremmo ritrovarci a breve su un dizionario; anzi ora come ora è un
francesismo marcato. Però, non solo da parte italiana, le si muove
intorno una certa curiosità.
Probabilmente il primo elemento che la compone, trombine,
è un prestito proprio dall'italiano 'trombina' - che propriamente, come
intendiamo, sarebbe 'piccola tromba', e che in un gergo figurato
diventa il viso. Bel passaggio di sineddoche che della bocca fa tutto il viso, e bel passaggio di
metafora (o metamorfosi?),
che fa, di gola e bocca, canna sonante e svasatura di campana:
nonostante il diminutivo non ne viene fuori un viso angelico, anzi è
praticamente un grifo, un grugno che sa rombare come un ottone. Il
secondo elemento, '-scopio', invece ci è familiare, ci parla di
strumenti di osservazione, come il microscopio, il periscopio. Che il
trombinoscopio sia uno strumento per osservare musi? Esattamente, e lo
conosciamo benissimo.
Che sia all'inizio della pubblicazione aziendale con l'intero consiglio direttivo, o affisso in una bacheca scolastica con la primavera di nuoto, che sia su un pannello al congresso con la squadra
di ricerca, o sia un social network intero (viene in mente qualche
libro di facce?), il trombinoscopio è una raccolta con foto, nome e
presentazione di ciascuno dei membri di un gruppo. In Francia se n'è
parlato e se ne parla dalla seconda metà dell'Ottocento, quando la
rivista satirica
Le Trombinoscope raccolse questa parola già in circolo (dedicava
ciascun numero a una personalità di rilievo), e rimasta poi nel nome di
annuari politici. strumenti per osservare i musi di chi è in un gruppo,
per vedere le facce, le facce voglio vedere, perbacco.
È una risorsa gagliarda: i trombinoscopi hanno sicuramente la loro importanza seria, ma spesso hanno una componente ridicola, se non scopertamente faceta, e chiamarli così li colloca nella serenità dell'ironia - dell'auto
ironia, magari.
* * *
Ciurlare
[ciur-là-re (io ciùr-lo)]SIGN Vacillare, tentennare; nell'espressione 'ciurlare nel manico', sottrarsi a un impegno con raggiri, rinvii, pretesti
etimo incerto; forse di origine espressiva.
Ci sono locuzioni di così grande
successo da inglobare per sempre alcune delle parole che le compongono. È
il caso del verbo ciurlare, che non esiste più al di fuori
dell'espressione 'ciurlare nel manico'. Be', in realtà fuori da
quell'espressione non è praticamente mai attestato, se si fa eccezione
per un uso nella Canzona d'un Piagnone pel bruciamento delle vanità del 1498, di autore anonimo (Là si pappa lecca e ciurla).
Il suo significato di base è quello
di tentennare, di di stare malfermo, e lo troviamo in derivati quale
'ciurlo', sia nel senso di ubriaco,
matto, sia come passo di danza mosso su un sol piè. Il 'ciurlare nel
manico' quindi ci racconta di uno strumento, di un utensile che avendo
una parte metallica fissata male al manico, traballa e di fatto è
inutilizzabile. Non si riesce a fare forza se la lama della vanga ciurla
nel manico, ci scappa la testa del martello che ciurlava nel manico, e
l'unica cosa che puoi tagliare col coltello che ciurla nel manico è il
tuo dito.
Un attrezzo che ciurla nel manico
non è rotto. Non è da buttare, da cambiare. Va sistemato, registrato, ne
va fermato il gioco - peraltro un lavoro molto più snervante e noioso
di una riparazione. Non è semplicemente inutilizzabile, è momentaneamente
inutilizzabile per un motivo senz'altro minore, ma di fatto lo lasci
dov'è e ne cerchi uno saldo, poi vedrai. Il ciurlare nel manico diventa
il sottrarsi a un impegno, magari a una promessa, con un rinviuccio,
con un piccolo sotterfugio, con un pretesto, tergiversando. Tentennando!
Il bagno lo lavo io perché tu ciurli nel manico e fra poco arrivano gli ospiti; il collega trova il suo equilibrio pigro ciurlando nel manico con grande finezza; e chiamato a
rendere conto delle opinioni che ha espresso, il pavido ciurla nel manico.
Le parole che scaturiscono dal lavoro manuale magari non sono le più raffinate: questo 'ciurlare' non si sa bene da dove salti fuori. Se davvero è una voce onomatopeica, allora è ricca, rotante, ridicola. Di certo ha un'energia di metafora straordinaria.
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