Trangugiare
[tran-gu-già-re (io tran-gù-gio)]SIGN Inghiottire in fretta, avidamente; inghiottire con difficoltà, a forza; reprimere, soffocare
probabilmente derivato dal lucchese [gogio],
adattamento del settentrionale [gos] 'gozzo', che a sua volta viene dal
gallico [geusiae] 'fauci', con prefisso [tra-] 'attraverso'.
L'unica porzione trasparente del
trangugiare è il prefisso, un 'tra-' che inizia a parlarci di un
'attraverso' che entra in bocca: ma se la testa della parola si
riconosce ancora, il resto è già masticato e scomparso nella gola.
Quella 'n' non è facile intendere
da dove salti fuori (secondo alcuni è presa per analogia da altri
termini), ma è una nasale che arricchisce la sensazione di una bocca
ingombra; che poi la porzione du quel 'gugi' sia un'alterazione di
un'alterazione di un'alterazione che dalla lingua dei galli arriva al
lucchese e all'italiano, o che abbia una parentela diretta con la 'gola'
di 'ingoiare' e 'ingollare', le due 'g' di seguito, dura e dolce,
evocano l'
ingolfamento di una deglutizione sussultante e impegnativa.
Frumento
[fru-mén-to]SIGN Grano
voce dotta recuperata dal latino [frumentum] 'grano', derivato dal verbo [frui] 'godere, fruire di'.
In parole come questa la nostra lingua conserva un discernimento antico e fondamentale: è buffo che il termine 'frumento' ci paia soltato un nome più ricercato per indicare il grano.
Ora, proprio 'grano' era il termine
popolarmente più in uso in Italia durante il medioevo (non lo è ancora
oggi?), a partire dal granum latino. E granum è un termine
eccezionalmente interessante, perché scaturisce da una radice antica
che ritroviamo in quasi tutte le lingue d'Europa: una radice che
significa non altro, giusto 'grano', una radice originale. 'Frumento'
invece arriva per via dotta alle primissime battute dell'italiano, appena nel Duecento (secondo alcuni con un'influenza del francese). E per quanto il significato sia il
medesimo
di 'grano', mostra una differenza essenziale: il nome del frumento lo
descrive in maniera squisitamente indiretta. Letteralmente, il frumento
sarebbe ciò di cui si fruisce, ciò di cui si gode.Glorioso
[glo-rió-so]SIGN Che ha o dà gloria, degno di venerazione
voce dotta recuperata dal latino [gloriosus], derivato di [gloria].
Sic transit gloria mundi: così passa la gloria del mondo. Quante volte l’abbiamo sentita e letta, questa frase latina, magari come epigrafe su una tomba, a ricordarci il carattere effimero di ogni grandezza umana. Un tempo, il cerimoniere la ripeteva tre volte al neoeletto papa, mentre – per rendere più
icastico il concetto – gli bruciava davanti un batuffolo di stoppa. Ma davvero la gloria è sempre e solo passeggera?
Indubbiamente, a livello semantico la parola gloria ha sempre recato lo stigma della labilità. Di etimo incerto, in latino essa significava tanto gloria, fama, quanto "vanagloria", e l’aggettivo gloriosus indicava volentieri il vanaglorioso
piuttosto che il glorioso: il Miles gloriosus, opera del celebre
commediografo latino Plauto (III-II sec. a.C.), ha infatti per
protagonista un soldato spaccone, sempre intento a millantare mirabolanti imprese militari e amorose. Inoltre il famoso,
etimologicamente, altro non è che “ciò di cui si parla”, e la gente,
com’è noto, si annoia e cambia argomento molto in fretta. D’altro canto,
però, in ambito religioso la gloria è tutt’altro che transeunte:
quando si parla della
gloria di Dio o dei santi, non s’intende certo la loro fama tra i
mortali, bensì la loro magnificenza, splendore, beatitudine eterna.
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