LADY DENTIERA:
“IO, CAPRO ESPIATORIO DI UN SISTEMA MALATO”!
PARLA L’IMPRENDITRICE CANEGRATI: “HO SBAGLIATO TANTO”… SI ATTENDONO NUOVE RIVELAZIONI: “NON NASCONDERO’ NULLA”! Lady sorriso piange. Singhiozza, si asciuga le lacrime, cerca di respirare. Fatica a parlare, al punto da dover congedare il fratello, che adora, prima della fine del tempo consentito per il colloquio. «Ho sbagliato tanto. Ho accettato compromessi che non avrei dovuto accettare», dice Maria Paola Canegrati a un parlamentare che le ha fatto visita in carcere. Maglione a rombi e blue jeans, si stringe nelle spalle come una ragazzina, rivolge gli occhi a terra. La donna seduta sotto le luci al neon di una stanza al piano terra di San Vittore è il negativo fotografico di quella che era fino al 16 febbraio scorso, giorno dell’arresto eseguito su ordine della procura di Monza. L’accusa per lei è di essere la grande corruttrice della sanità lombarda.
PARLA L’IMPRENDITRICE CANEGRATI: “HO SBAGLIATO TANTO”… SI ATTENDONO NUOVE RIVELAZIONI: “NON NASCONDERO’ NULLA”! Lady sorriso piange. Singhiozza, si asciuga le lacrime, cerca di respirare. Fatica a parlare, al punto da dover congedare il fratello, che adora, prima della fine del tempo consentito per il colloquio. «Ho sbagliato tanto. Ho accettato compromessi che non avrei dovuto accettare», dice Maria Paola Canegrati a un parlamentare che le ha fatto visita in carcere. Maglione a rombi e blue jeans, si stringe nelle spalle come una ragazzina, rivolge gli occhi a terra. La donna seduta sotto le luci al neon di una stanza al piano terra di San Vittore è il negativo fotografico di quella che era fino al 16 febbraio scorso, giorno dell’arresto eseguito su ordine della procura di Monza. L’accusa per lei è di essere la grande corruttrice della sanità lombarda.
La “zarina” delle dentiere, da cui “Lady sorriso”
COGLIONE
La candidatura di Guido Bertolaso a Roma è nata sotto una cattiva, pessima,
stella. Prima le dichiarazioni sui rom, Sala, sinistra e Dc che hanno fatto
storcere il naso a molti. Quindi lo strappo di Matteo Salvini, che non ne vuole
più sapere di appoggiare la sua candidatura. Successivamente Bertolaso ha
provato a rimediare affermando di voler eliminare i cassonetti dalla città per
evitare che i rom vi rovistino, compiendo dunque una capriola rapidissima
rispetto alla prima posizione presa sui nomadi ("Sono vessati",
disse). Ora, ad aggiungere ulteriore pepe, arriva un'ulteriore scomunica,
firmata da Alessandra Mussolini.
L’OPINIONE DELLA TRECCANI
Elezioni: il potere della parolaccia
"Frasi eccessive"
Dopo la cena dei cretini, il voto dei coglioni. Commedia o
ilarotragedia? Gli ultimi brandelli
combusti di questa ossidrica campagna elettorale sono i residui di un'infuocata
pira di aggressioni verbali - o «frasi eccessive», secondo la definizione
eufemistica del Presidente Della Camera Pierferdinando Casini. Che poi
l'ubriaco da Prodi affibbiato a Berlusconi nel corso del secondo faccia a
faccia televisivo sia epiteto tutto sommato moderatamente derogatorio (sarebbe
una citazione colta, tratta da George Bernard Shaw, secondo Prodi - che però ha
svelato il fatto soltanto finita la trasmissione, a telecamere spente), mentre
il coglione con cui è stata investita dal Presidente del Consiglio della
Repubblica italiana una parte non marginale, ancorché a lui politicamente
avversa, di cittadini da lui stesso rappresentata in qualità di alto esponente
delle istituzioni, sia decisamente marcato in senso insieme colloquiale e
spregiativo, non fa poi troppa differenza. Sempre di aggressioni verbali si
tratta. Fanno quasi tenerezza le analisi semantiche in cui si esercita la
portavoce di Forza Italia Elisabetta Gardini, la quale, cercando di difendere
la sortita coglionica (l'aggettivo è nel novelliere trecentesco Franco
Sacchetti: 'relativo ai testicoli') di Silvio Berlusconi (vedi Ansa.it del 4 aprile),
afferma che coglione è sinonimo di «sciocco, ingenuo, minchione», parole che
non sarebbero ricomprese nella «categoria dell'odio». Il fatto è che coglione,
minchione, sciocco, ingenuo non sono precisamente la stessa cosa: è evidente
che il tasso di informalità e - secondo la vigente sensibilità sociale - di
aggressività e volgarità espressi dai primi due vocaboli, che si riferiscono ad
elementi di sfera sessuale di certo non definiti in modo referenziale e neutro,
è certamente più alto di quello espresso dalla seconda coppia. Naturalmente,
come sa non soltanto lo studioso di lingua, ma chiunque di noi quando sia
immerso in una interazione socio-linguistica, si può benissimo essere molto
offensivi e violenti nel rivolgersi a qualcuno dandogli "semplicemente"
dello sciocco. Dipende dal tono di voce che si usa, dalla prossemica e dalla
gestualità, dal contesto (in presenza di testimoni e quali: per esempio,
persone vicine all'insultato, al cospetto delle quali lui può perderci la
faccia), dai rapporti di potere (chi insulta è un superiore in grado). Tanto
che, immaginiamo, potrei viceversa, in una situazione di complicità
sentimentale, di rilassatezza psicologica e di giocosità condivisa, dare del
coglione con tono di voce affettuoso alla mia partner o al mio partner,
trasformando di fatto il potenziale insulto in un complimento dissimulato, con
l'effetto di sottolineare l'intesa e l'intimità reciproche. È cosa che capita,
anzi, abbastanza spesso nella vita di tutti i giorni, in circostanze varie:
quando chiamiamo birbanti o teppistelli i figlioletti che giocano con gli amici
nella stanza o nel parco; quando scriviamo (Cesare Pavese, in questo caso)
«ragazze [...] tutte in coppietta col loro vigliacco» (nel senso di
'innamorato'); quando, incontrando un amico che non vede da tanto tempo, il
romano de Roma gli getta le braccia al collo esclamando contento «Li mortacci
tua!, da quanto tempo...». Di certo, quando Berlusconi ha dato, in un'occasione
non protocollare ma comunque pubblica, del coglione a una parte dell'elettorato
italiano, non l'ha fatto nemmeno «con il sorriso sulle labbra», come
testimoniano le immagini televisive. Difficile pensare perciò a un uso
simpaticamente disfemistico del vocabolo.
Labirintite verbale
La strategia comunicativa abituale che presiede all'emissione di «frasi
eccessive» da parte di Silvio Berlusconi può essere sommariamente descritta in
questo modo: prima si getta il sasso della dichiarazione "forte",
mirando a suscitare un vespaio di polemiche e di reazioni risentite (obiettivo
di solito puntualmente raggiunto); poi si simula la rettifica, che in realtà
non rettifica se non nella forma, ma poco o nulla nella sostanza. A quanto
pare, quando Berlusconi ha dato del coglione a chi avesse votato per il
centrosinistra pur essendo proprietario di una casa, aveva l'intenzione precisa
di «scuotere gli indecisi e ha fatto anche bene» a esprimersi come si è
espresso, secondo Mario Valducci, uno dei consulenti di Berlusconi che si
occupano di marketing politico. Alta la posta in palio (il voto degli
indecisi), alta la carica dirompente dell'esternazione (coglioni...).
All'inevitabile precisazione, Berlusconi fa precedere una considerazione: «Non
permetterò che questa frase generi un'altra manovra scorretta: la sinistra,
come al solito quando è in difficoltà, cerca di manipolare una mia frase per
montarci sopra un caso del tutto inesistente». Ma, letta la precisazione, viene
il dubbio che Berlusconi stesso manipoli quanto ha avuto a dichiarare in
precedenza: «Ho negato, non ho affermato che una parte degli italiani possa
votare contro il proprio interesse e perciò meritare quell'epiteto». Berlusconi
manipola (mette mano) e il risultato è che non ci si capisce più nulla. Infatti
la sovrapposizione dei contenuti di negazione/opposizione veicolati da ho
negato, non ho affermato, contro, il legame di causalità (perciò) in dipendenza
da un congiuntivo esprimente possibilità e non certezza, la negazione di tale
possibilità da parte dei verbi dichiarativi della reggente (ho affermato, ho
negato) creano una sensazione di leggera deriva semantica, di vertigine
cognitiva da labirintite verbale, con susseguente disorientamento e perdita di
presa sul significato ultimo del testo. In senso letterale Berlusconi sembra
avere ragione. Questa la frase pronunciata il 4 aprile al meeting della
Confcommercio: «Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare
che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio
disinteresse». Come dire: «Mi rifiuto di credere, non posso pensare, non può
essere vero che in tanti (e perciò coglioni) andranno a votare per il
centrosinistra, facendosi del male». Il problema è che la negazione è puramente
retorica. Mi spiego: Berlusconi teme e sa benissimo che saranno in tanti a
votare i suoi avversari; ma, attraverso il rilancio che delle sue "frasi
eccessive" faranno i media, fa passare due messaggi, rivolti al vero e
unico interlocutore, la fascia degli indecisi: chi vota per gli altri è un
coglione, ma tu, indeciso, non puoi deludermi, mi rifiuto di credere che tu sia
un coglione e tu lo dimostrerai, perché sarai spinto da questo mio paterno
rabbuffo trasversale a sciogliere ogni dubbio e venire dalla parte di chi ti
aiuta a fare i tuoi interessi. Insomma, per dirla in termini tecnici,
Berlusconi attiva la funzione conativa dell'atto linguistico, che consiste nel
rivolgersi al destinatario del messaggio in forma di condizionamento diretto
(ordine, esortazione) o, come in questo caso, indiretto, poiché l'elemento
esortativo è implicitamente ricavabile dalla realtà impossibile raffigurata
come possibile (adynaton) e minacciosa (e dunque da sventare) di un mondo
capovolto in cui una massa di folli va a votare i candidati sbagliati.
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