La notte scorsa mi e’
capitato di addormentarmi mentre rileggevo il caro Dizionario Filosofico di
Voltaire. Ero arrivato alla voce:
CATECHISMO CINESE,
ovvero dialoghi di Cu-su,
discepolo di Confucio, con il principe Ku, figlio del re di Lu, tributario
dell'imperatore cinese Gnen-van, 417 anni prima della nostra era volgare
(Tradotto in latino dal
padre Fouquet, ex gesuita. Il manoscritto si trova nella Biblioteca Vaticana,
n. 42759) e mi sono sognato che questo Maestro con il suo discepolo, altri non
fossero che due bruchi, larve della cavolaia, che stavano placidamente
strisciando e mangiucchiando sopra un cavolo del mio orto mentre discettavano
di filosofia.
Ecco il loro colloquio:
Dialogo primo
KU
Che devo intendere quando
mi si dice d'adorare il cielo?
CU-SU
Non d'adorare il cielo
materiale, che vediamo; perché questo cielo non è che aria, e quest'aria è
composta da tutte le esalazioni della terra; sarebbe una follia ben assurda
l'adorare dei vapori.
KU
Ci sono tanti esseri che
adorano i cieli e i pianeti!
CU-SU
I pianeti non sono che
cavoli come il nostro
KU
E allora che significa
quando diciamo: il cielo, salire in cielo, essere degni del cielo?
CU-SU
Che diciamo un'enorme
sciocchezza. Il cielo non c'è: ogni cavolo è circondato dalla sua atmosfera
come da un guscio, e rimane fisso nell’Universo insieme agli altri cavoli.
E’ probabile che vi siano
altri Universi simili al nostro, Universi di pomodori, di patate e piu’ in la’
anche Universi di alberi abitati da esseri di tutt’altra natura, che noi non
riusciamo nemmeno ad immaginare. Potrebbero essere Mondi con esseri che vivono
in fondo ai grandi depositi d’acqua, o addirittura nel sottosuolo. Non lo
sappiamo.
KU
Credo di capire. Bisogna
adorare soltanto il Grande Verme, che ha fatto il cielo e i cavoli.
CU-SU
Senza dubbio: bisogna
adorare soltanto il Verme Supremo, un essere superiore che ha creato tutto
quello che vedi intorno a te.
KU
Solo cosi’ saremo degni
di salire al cielo?
CU-SU
Certo e’ scritto nel
Grande Cavolo che terminata questa vita, se saremo stati virtuosi, ci
aspetteranno ali colorate e la facolta’ di volare nel cielo infinito
KU
E dimmi, saggio, ci sono
altri esseri sopra gli altri cavoli di questo stesso Universo?
CU-SU
Assolutamente no. Il
privilegio del Grande Verme e’ stato riservato solamente agli abitanti di
questo cavolo perche’ siamo stati creati a Sua immagine e somiglianza.
KU
Chissa’ come dev’essere
magnifico il Verme Supremo che ha saputo creare tutte queste meraviglie del
Creato!
CU-SU
Certamente! E voi che
diventerete Imperatore del Cavolo, dovete venerare il Grande Verme amando la
virtu’. Poiché amerete la virtù, come la praticherete quando sarete sul trono?
KU
Non commettendo
ingiustizie, né contro i miei vicini né contro il mio popolo.
CU-SU
Non basta non fare il
male: dovrete fare il bene.
KU
Ebbene, è nell'esercizio
di tutte queste virtù e nel culto di un Verme semplice e universale che io
voglio vivere, lontano dalle chimere dei sofisti e dalle illusioni dei falsi
profeti. L'amore del prossimo sarà la mia virtù sul trono, e l'amore per il
Grande Verme la mia religione.
CU-SU
O saggio Ku! Voi avete
parlato come un uomo ispirato dallo stesso divino Verme. Sarete un degno
principe. Ero il vostro maestro, e voi siete diventato il mio.
E mentre i due bruchi si
contorcevano compiaciuti, sul cavolo si poso’ un pettirosso che li becchetto’
tutti e due con un solo movimento del becco, volandosene poi via, con un frullo d’ali...
La parola del giorno è
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[ca-ta-lès-si]
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SIGN
Condizione psicomotoria che consiste
nell'assenza di iniziativa motoria, rigidità degli arti e flessibilità
cerea; stato di morte apparente; nella metrica classica, perdita di una
sillaba alla fine del verso
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nei primi
significati, voce dotta presa in prestito dal latino tardo [catalèpsis]
'rigidità muscolare, attacco, morte apparente', dal greco [katálepsis],
'cattura, possessione', derivato di [katalambáno] 'impossessarsi', che è
da [lambáno] 'prendere' col prefisso [kata-] 'in giù'; nell'ultimo,
sempre voce dotta ma presa in prestito dal latino tardo [catalèxis]
'accorciamento metrico', dal greco [katálexis] 'cessazione, chiusura,
clausola', derivato di [katalégo] 'terminare', che è da [légo] 'cessare'
col solito prefisso [kata-].
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Le parole greche fanno fare sempre un gran figurone, anche
quando non si sa bene che significano e si usano così come
vengono.
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