Celeuma
[ce-lèu-ma]SIGN Voce o cantilena che dà la cadenza di voga ai rematori
dal greco [kéleusma] canto dei rematori guidato dal celeuste.
Come qualcuno ricorderà, questa qui è la ricercata scarturigine del ben più noto temine 'ciurma'. Ma anche il celeuma merita un'osservazione dedicata, per la singolarità del suo significato (a me di sinonimi non ne sono sovvenuti).
Ci parla della navigazione del mondo
antico, e in particolare si tratta della voce mandata dal capo dei
rematori, il celeuste, per scandirne il ritmo di vogata - ma anche della
cantilena con cui gli stessi rematori si coordinavano. Questa faccenda
del coordinamento delle vogate era ed è essenziale per qualunque natante
si sposti a forza di remi: una vogata fuori posto e i remi
s'incrociano, s'intoppano, e non si vincono regate né si spostano grandi
navi se ciascuno rema quando vuole. Il celeuma è la risposta più
immediata e agile a questa necessità, delicata e nerboruta.
Non è un semplice canto di lavoro per darsi ritmo e fugare la noia, perché porta la cifra irriducibile dell'ordine, del comando (in greco keleúo è proprio 'io comando'): l'armonia ripetitiva del celeuma ha un che di coatto, e se vogliamo anche di
alienante. E poiché non siamo tutti prestanti canottieri e pochi di noi lavorano su triremi e galere, forse possiamo apprezzare
meglio gli usi figurati che il celeuma schiude. Il celeuma del dj
irreggimenta i movimenti della folla in modo magico; i celeumi dei
fischi, degli scatti del macchinario cadenzano i gesti dell'operaio; il
celeuma del mantra esclude il pensiero; e in lunghe ore di
cammino muto il bastone solo suona, a terra, con le battute di un celeuma.
Insomma, ancora una volta siamo
davanti a una parola poco nota che ci racconta un elemento noto e
frequente della realtà, richiamando una voce suggestiva dalle profondità
della storia.
* * *
Cursorio
[cur-sò-rio]SIGN Rapido, frettoloso, che si fa di corsa; in zoologia, atto alla corsa
dal tardo latino [cursorius], derivato di [currere] 'correre'.
La formazione classica
di questa parola ci inganna: infatti pare un normale prodotto della
diretta digestione del latino in italiano, in particolare dell'aggettivo
tardo cursorius - in pratica un fratello di 'cursore',
tutto regolare. Invece la faccenda è un po' più complessa: iniziamo
dicendo che, secondo certi dizionari, il termine 'cursorio' è attestato
in italiano solo nel 1983. Come è possibile?
Probabilmente
tale affermazione è da circostanziare. In effetti pare che solo fra la
fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 l'aggettivo 'cursorio'
abbia acquisito in italiano i significati di rapido, frettoloso. Manco a
dirlo, si dice cursorio ciò che è fatto di corsa. E si può subodorare che sull'affermazione di questi significati abbia pesato il cursory inglese, che li ha fin dal Seicento -
mutuati dal francese medio cursoire, che a sua volta pesca nel cursorius
latino. Ma già nei primi decenni del Novecento 'cursorio' è stato usato
in italiano in ambito zoologico, per indicare quegli apparati che
rendono un animale atto alla corsa. Per esempio ci sono zampe di tipo
cursorio e zampe di tipo ambulatorio. Insomma, il quadro etimologico è
composito.
Ad ogni modo, il cursorio-rapido è
una risorsa versatile: ha un tono ricercato ma col riferimento alla
corsa comunica un'immagine schietta,
diretta - quasi elementare - che la rende più concreta del rapido,
dello svelto, senza tirare in ballo la fretta come il frettoloso. Prima
di gettarci nel vivo delle lezioni facciamo un'introduzione cursoria per
rinfrescare qualche concetto di base; da una lettura
cursoria del libro capiamo che è interessante ma non ci serve - o
peggio che ci
serve ma non è interessante; e il cuoco si stizzisce davanti alle
mangiate cursorie di chi si vuol saziare senza sapere nulla del piatto.
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