Episteme & Doxa
Quando GiusHappy Conte, in
versione intellettuale della Magna Grecia, si è inerpicato sulle pareti
della speculazione filosofica per illustrare la superiorità
dell’Episteme rispetto alla Doxa, nell’aula di Montecitorio c’è stato un momento di comprensibile panico. A Salvini,
per la tensione, si è addirittura oscurata la mascherina. Qualcuno tra i
più colti avrà pensato che Doxa fosse il cognome di una cantante, ma
nel dubbio tutti hanno applaudito. Tale doveva essere la sorpresa che
non ci si è fermati troppo a riflettere sul contesto. E cioè che a
criticare la Doxa, la volatile opinione comune, era un politico indicato
dal movimento che sull’esaltazione della Doxa ha costruito le sue
fortune. E che l’elogio dell’Episteme, la solida conoscenza degli
esperti, si riferiva a una vicenda, quella del virus, in cui gli esperti
non hanno fatto una grande figura, mostrandosi in disaccordo su tutto e
con tutti, a volte persino con sé stessi.
Nessuno intende farne loro una colpa, forse le
nostre aspettative erano troppo alte. Ma c’è un limite anche
all’incoerenza e a superarlo è stato uno dei capi dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità, quando ieri ha elogiato pubblicamente gli svedesi
per avere affrontato la pandemia senza mai chiudersi in casa, dopo che a
noi per due mesi era stato intimato di tenere il comportamento
esattamente contrario. Cornuti e mazziati, per dirla con Aristotele. E
questa non è Doxa, ma Episteme di quelle furenti.
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