nome proprio, (gr. Νέμεσις, lat.
Nemĕsis), personificazione nella mitologia greca e latina della
giustizia distributiva, e perciò punitrice di quanto, eccedendo la
giusta misura , turba l'ordine dell'universo.
Con uso fig., n. storica,
espressione riferita ad avvenimenti storici che sembrano quasi riparare
o vendicare sui discendenti antiche ingiustizie o colpe di uomini e
nazioni; è una n., a proposito di un avvenimento considerato come un atto di giustizia compensativa
PER ESEMPIO, IERI IL MOVIMENTO CINQUE STELLE HA TRADITO I PROPRI PRINCIPI SALVANDO IL CULO DI SALVINI E CONTEMPORANEAMEN TE HANNO ARRESTATO DE VITO PER TANGENTI...
Thursday, March 21, 2019
Tuesday, March 19, 2019
Saturday, March 16, 2019
ROSICONI
SCHADENFREUDE, O ROSICARE –
CECCARELLI E IL LIBRO CHE RACCONTA L’INTRADUCIBILE PAROLA TEDESCA:
“L’AUTRICE PROVA A RENDERLA IN ITALIANO CON ‘MALEVOLENZA’, MA È
IRRESISTIBILE LA TENTAZIONE DI DECLINARLA A PARTIRE DAL VERBO
‘ROSICARE’, DONDE LA GRANDE ROSICATA DI CUI L'ITALIA SI È FATTA OGGI
PATRIA, TEMPIO, TEATRO E RIFUGIO” – LE MANETTE MIMATE DA GIARRUSSO, LA
CADUTA DI RENZI, LE PERIPEZIE DI GIULIA SARTI E “L’ IMMATURITÀ
TARDO-ADOLESCENZIALE DEI NUOVI ARRIVATI, CHE DEL RANCORE HANNO FATTO UNA
LEVA DI CONSENSO”
-
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Una
parola tedesca racchiude un sentimento universale: il godere delle
disgrazie altrui. Lo racconta in un libro una studiosa inglese. Ma è l'
Italia la culla della malevolenza: dalle manette di Giarrusso alla gioia
per il flop di Celentano. È fuori e dentro di noi, gemella nera dell'
empatia, cugina dell' invidia e della competizione, vicina di casa dell'
istinto tribale che va riemergendo in una società sempre più sminuita e
incattivita.
Per
quel poco che si riesce a esprimere delle passioni dell' anima, è
qualcosa - uno stato, uno spasmo, un soffio - che esalta, ma anche
spaventa, dà sollievo e insieme sporca, procura euforia e senso di
colpa. Nell' atlante geografico delle emozioni la precisione lessicale
tedesca le ha dato nome Schadenfreude, parola composta che designa la
gioia ("Freude") per la disgrazia ("Schaden") altrui.
MARIO GIARRUSSO
Ma
senza dubbio si tratta di un sentimento universale che fa parte della
natura umana. Nel suo crudo, acuto e divertente, Schadenfreude, appunto,
(Utet) Tiffany Watt Smith prova a tradurla in italiano con
"malevolenza", anche se nell' estenuato teatrino domestico è
irresistibile la tentazione di declinarla a partire dal verbo
"rosicare", donde la Grande Rosicata di cui l' Italia si è fatta oggi
patria, tempio, teatro e rifugio.
Di
tutto questo il più recente campione rosicone può considerarsi il
senatore grillino Giarrusso che con allegra esuberanza in una sede
istituzionale si è esibito nel gesto plateale delle manette. Celebrava
in tal modo l' arresto di babbo e mamma Renzi, giubilante alfiere di
quanti in cuor loro avevano esultato dinanzi alla foto del papà dell' ex
premier che, ai domiciliari, fumava il sigaro sul terrazzo.
Ma
quanti poco dopo hanno assaporato il più sordido piacere allorché il
Celeste Formigoni, che nelle ore liete del potere si disegnava le
giacche color aragosta, ha imboccato la via della galera? E quanti,
ancora, hanno felicemente condiviso il video aeroportuale nazional
populista sull' assassino Battisti finalmente in manette o quell' altro
del comune di Roma con la ruspa che con adeguata colonna sonora
abbatteva povere baracche di un accampamento rom?
La
pacchia, del resto, è finita, e anche se nella realtà l' asserzione è
dubbia, non c' è slogan né brand più adatto a stimolare un compiacimento
così subdolo da proporsi addirittura come una civica variante di
Schadenfreude. Così, se per molti tifosi interisti o laziali la vittoria
della propria squadra non vale nemmeno la metà della gioia gufata per
la sconfitta del Milan o della Roma, nel paese della commedia e del
melodramma le disdette, i fallimenti e le sventure fanno davvero molto
presto a diventare spettacolo di eccitato intrattenimento.
Vedi
i "famosi" dell' isola che tra fame e zanzare non resistono, si
ammalano, tornano a casa; vedi gli autoreclusi del Grande Fratello fatti
cornuti, e "ben gli sta!"; vedi certi poveri aspiranti chef maltrattati
da Bastianich e Cannavacciuolo, che manca poco gli sputino nel piatto.
Nelle
cronache come negli spettacoli l' oscura malignità della Schadenfreude
afferra e punisce ogni giorno una quantità di "colpevoli" per il
compiacimento di enormi platee: dalle vittime degli agguati delle Iene
ai degradati del tapiro, dal flop di Celentano ai video amatoriali delle
feste di matrimonio andate a male, è tutto uno sciogliersi liberatorio
di fronte alla figuraccia, pure detta "epic fail", non di rado
determinata da "shit storm", o tempesta di merda, con rispetto parlando.
Eppure ridere delle umiliazioni rientra a pieno titolo nei codici della
vita, quindi anche dell' arte.
tiziano renzi e laura bovoli al balcone di casa 1
Molto
inglese e molto simpatica, l' autrice s' inoltra citando Hobbes, Locke,
Nietzsche, le teorie sul riso di Bergson; ma ha pure incontrato diversi
psicologi e neuroscienziati per scrivere un libro onesto e assai ben
riuscito anche nella sua dimensione lievemente autobiografica; un saggio
per certi versi delizioso, con fior di bibliografia e uno strepitoso
indice analogico che rinvia a spassosi incidenti legati a diete,
divorzi, vetri rotti, pozzanghere, fino alle "scorregge e affini"
(proprio così).
Eppure
è soprattutto un libro che, rapportato alle cronache dell' Italia di
oggi, mette a disagio e fa male. Perché fin troppo e amaramente si ride
in questa Italia «che non sta in pace con sé stessa», secondo il capo
della Cei cardinale Bassetti; un Italia dove «la gente vive per vedere
le disgrazie altrui», come l' ha sperimentata sulla sua pelle Fausto
Brizzi dopo il dramma del #MeToo.
E
ben al di là del garantismo o del giustizialismo, questa inesorabile
malattia dell' anima sembra fiorire in un paese che «ha fatto del
rancore la sua cifra politica», per dirla con Giuseppe De Rita, sicché
la recente storia può rileggersi come unico e perenne gongolamento a
spese di un potere comunque destinato a finire nella polvere e nel
fango: la caduta di Craxi, la disfatta democristiana, la nemesi di Di
Pietro, la rotta dell' altezzoso D' Alema, gli scandalacci di
Berlusconi, il tonfo di Monti, il disastro autoreferendario di Renzi.
Più difficile stabilire perché la Grande Rosicata sia divenuta una
chiave indispensabile per comprendere questo tempo.
Per
cui si può ipotizzare che la scomparsa delle culture politiche ha
portato a concepire la vita pubblica a partire da impulsi psicologici,
soggettivi, sentimentali; mentre le forme e i linguaggi si sono
modellati sul manicheisimo del tifo e la crudeltà del gossip.
L'
immaturità tardo-adolescenziale dei nuovi arrivati, che del rancore
hanno fatto una leva di consenso, non ha certo aiutato; e l' uso
compulsivo dei social ci ha messo infine il carico da undici, per cui «è
come vivere portandosi dietro una bombola d' ossigeno vuota - ha
scritto Franco Arminio - non c' è aria in rete, solo un traffico di
ombre». Intanto alla Borsa delle risate malefiche sale l' indice della
casa negata a Mamma Traversa, degli abusi di babbo Di Maio, dei debiti
di babbo Dibba; e sempre ci sono degli scontrini di cui vergognarsi, e
vitalizi felicemente sottratti, a parte la cellulite di Boschi, le
peripezie amorose di Sarti, le disavventure del Trota o di Titti
Brunetta. Chi scommette sullo spread, chi gioisce della Isoardi.
Salvo
poi scoprire che non solo la Rosicata è arida, sterile e incapace di
determinare cambiamenti, ma all' ennesima uniforme di Salvini "indagato
fra gli indagati" o gaffe di Giggino che ha sbagliato l' ennesimo
congiuntivo, si finisce per incontrare la noia, e dietro questa noia si
intravede il nulla.
COGLIONI
«Italiani, guardatevi nello specchio e domandatevi: sono un coglione o
una persona intelligente? Risposta: sei un coglione». Un Silvio
Berlusconi senza peli sulla lingua lo ha detto a Metaponto, in provincia
di Matera, riferendosi al fatto che «ancora un italiano su due ha
fiducia in questo governo, che è un disastro in tutto: sono numeri che
mi fanno andare di testa».
Il leader di Forza Italia si è poi detto «sicuro» della vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Basilicata, «una regione che è stata malgovernata per troppo tempo».
REPLICA DI GRILLO:
Beppe GrilloVerified account @beppe_grillo
Il leader di Forza Italia si è poi detto «sicuro» della vittoria del centrodestra alle elezioni regionali in Basilicata, «una regione che è stata malgovernata per troppo tempo».
REPLICA DI GRILLO:
Beppe GrilloVerified account @beppe_grillo
PETI D'AUTORE
Finalmente qualcosa ha slatentizzato lo psiconano, la frase “sono numeri che mi fanno andare di testa” confessa implicitamente il tentativo di usare la bile come biocarburante elettorale.
Come sempre originale, lo psiconano è sincero...
Berlusconi in pausa: notare il colore della sua abbronzatura che è identico al mogano che sta dietro lui....eheheh
IMANE TESTE CHIAVE
IMANE FADIL? LA TESTE CHIAVE DEL PROCESSO RUBY È MORTA PER UN MIX RARISSIMO DI SOSTANZE RADIOATTIVE, INGERITE CON UN COCKTAIL O DEL CIBO. LA PROCURA VAGOLA NEL BUIO:
CHICCAZZO L'AVRA' SOPPRESSA?
EHEHEHEHEHE!
Thursday, March 14, 2019
ACCISE
CHE TE POSSINO "ACCISE"...
Gianni Drudi e la sua "Fiki Fiki" ,il vocabolo veniva ben interpretatato
dalle tedesche perchè "ficken" è volgarmente l'atto sessuale, per le
svedesi invece fare "fika" indica qualcosa di molto simile al nostro
aperitivo o pausa caffè, fica per le portoghesi [ semplicemente la mano
LA VOLPE NEL POLLAIO
a volpe, nella notte tra mercoledì 6 e giovedì 7 marzo, era riuscita a entrare in un pollaio della scuola secondaria Gros-Chêne, a Pontivy, Comune di 14mila abitanti in Bretagna (Francia), con la speranza di farsi una scorpacciata. E’ stato lo spirito di sopravvivenza di galline e polli a spingere a usare il loro becco come un’arma, tanto da riuscire ad ucciderla.
La sorpresa l’hanno avuta gli studenti la mattina dopo, quando si sono resi conto della volpe morta nel pollaio sotto i colpi continui dei becchi degli animali (in totale, l'impianto ospita circa 3mila esemplari). Era un animale particolarmente giovane (tra i 5 o i 6 mesi) e molto probabilmente, spiega a Ouest France il direttore, Pascal Daniel, è rimasto vittima della sua stessa inesperienza: sperava in un lauto bottino e invece è morto per colpa di quelli esemplari che sarebbero dovuti essere il suo pasto.
Wednesday, March 13, 2019
SILK ROAD
torino
Non è reato sputare in faccia a Salvini
per adesso solo sui manifesti ma ci stiamo lavorando...
L'ANTIVACCINISTA
E' QUELLO CHE NON SOLO NON SI METTE LA CINTURA DI SICUREZZA IN AUTO
MA VIENE A SGANCIARE LA TUA... (Luca Bottura)
SILK ROAD (via della seta)
e il pericolo dell'egemonia cinese,
come se non vivessimo in un'altra egeminia, e lo dimostrano
le urla allarmate dei puri di cuore.
Eppoi aprire una via alternativa tra i due blocchi restituirebbe all'Italia quella funzione mediatrice in cui siamo specializzati.
Ricordiamoci che in periodi maggiormante xenofobi (paura dello straniero) fummo noi ad aprire la via della seta con la Cina, con un certo Marco Polo. (era settecento anni fa, all'incirca). Eppoi via, si tratta di aprire nuovi mercati al nostro Made in Italy...
Non gracchiate, please!
Tuesday, March 12, 2019
13 marzo
Supercilioso
[su-per-ci-lió-so]SIGN Sdegnoso, sprezzante; severo
voce dotta, recuperata dal latino [supercilosus] 'arcigno, sussiegoso', da [supercilium] 'sopracciglio'.
Sopracciglioso. In effetti, anche se
'sopracciglioso' non è una parola che si trova sui dizionari, è di
questo che si sta parlando, di un notevole uso di sopracciglio, con
tutte le implicazioni di atteggiamento del caso. Insomma, per intenderci
potremmo considerare il 'supercilioso' una variante dotta e desueta di un ipotetico 'sopracciglioso'. Infatti è una parola che viene recuperata direttamente dal latino, nel Cinquecento: e già il superciliosus ci raccontava le qualità dell'arcigno e del
sussiegoso.
“NICOLA ZINGARETTI E’…
ER ZEPPOLA” -
BEPPE GRILLO FORGIA IL NOMIGNOLO PER IL NEO SEGRETARIO DEL PD - E’
L’ENNESIMO SFOTTO’ DOPO “BERLUSCONI PSICONANO”, “BERSANI GARGAMELLA”,
“RENZI EBETINO” - “REPUBBLICA” ACCUSA: “INSULTARE UN POLITICO PER UN
DIFETTO FISICO È ROBA DI DESTRA, UNA TECNICA PERFEZIONATA DAI SALVATI
DEL VENTENNIO NEI LORO GIORNALI DEL DOPOGUERRA E, IN TV, NEL VARIETÀ DEL
BAGAGLINO”
LO SPETTACOLO DI BEPPE GRILLO
Concetto Vecchio per “la Repubblica”
Ieri
il blog di Beppe Grillo ha ribattezzato Nicola Zingaretti " Er
Zeppola". Non trovando argomenti politici con cui smontarlo il nostro ha
usato la clava per sottolineare un difetto di pronuncia del segretario
Pd. Insultare l' avversario, irriderlo, fu il piatto forte del Grillo
dei tempi del Vaffa: Berlusconi psiconano, Bersani Gargamella, Monti
Rigor Montis. Ma sono passati dieci anni e oggi al potere c' è Luigi Di
Maio.
zingaretti
Ripetiamolo
ancora una volta: insultare un politico per un difetto fisico è roba di
destra, una tecnica perfezionata dai salvati del Ventennio nei loro
giornali del Dopoguerra e, in tv, nel varietà del Bagaglino. Inoltre l'
intervista che Fabio Fazio avrebbe fatto al leader sarebbe stata
«oleosa» , e «senza nessuna traccia di contradditorio». Anche Fazio
viene fregiato di un insulto, «il futuro Chi striscia non inciampa» . Lo
si può criticare, naturalmente, e il suo stile può non piacere, ma
Fazio intervista tutti con lo stesso riguardo: anche i capi del M5S.
Zingaretti,
scrive il blog, avrebbe parlato con un «linguaggio Frankenstein» ,
ovvero l'assemblaggio "di una quantità e varietà di automatismi
lessicali (forma estrema dei luoghi comuni) tenuti insieme, sacrificando
congiuntivi, distinzioni di genere, da smarrimenti del soggetto e
complemento oggetto trasformati in saponette inafferrabili, insomma
agrammatismi vari che ci pongono di fronte ad una fenomenologia nuova».
Provate a rileggere questa frase. Aiuto! Il calo nei sondaggi genera
mostri.
CARR ISIS
Il governo ucraino considera il povero Albano un pericoloso terrorista, hanno capito male il suo cognome
IL TAV LA TAV
Questo è il Paese del non prendo deicsioni perchè non voglio urtare la sensibilità di nessuno.
E' il Paese dove il sesso maschile è femminile in Sicilia (LA Minchia) e maschile in Puglia (IL Pesce) e quello femminile maschile al Sud (IL Piccione) e femminile a Roma (LA Sorca).
Appare arduo quindi dare una risposta precisa alla domanda:
SI DICE IL TAV O NO TAV?
Ebbene, nel Paese dove proprio oggi tutti e due i partiti al governo esultano con acclamazioni addirittura sopra le righe per dire che il Tav è stato finalmente bloccato e la Tav è stata finalmente avviata, posso solo riportare i due più importanti Istituti italiani sulla lingua che pubblicano senza arrossire, uno che dice che il Tav è maschile e l'altro che dice esattamente il contrario.
Amen
per concludere, dite un po' comekazzo vi pare e andiamo avanti...
E' il Paese dove il sesso maschile è femminile in Sicilia (LA Minchia) e maschile in Puglia (IL Pesce) e quello femminile maschile al Sud (IL Piccione) e femminile a Roma (LA Sorca).
Appare arduo quindi dare una risposta precisa alla domanda:
SI DICE IL TAV O NO TAV?
Ebbene, nel Paese dove proprio oggi tutti e due i partiti al governo esultano con acclamazioni addirittura sopra le righe per dire che il Tav è stato finalmente bloccato e la Tav è stata finalmente avviata, posso solo riportare i due più importanti Istituti italiani sulla lingua che pubblicano senza arrossire, uno che dice che il Tav è maschile e l'altro che dice esattamente il contrario.
Amen
TRECCANI
TAV s. f. – Sigla di Treno ad Alta Velocità,
denominazione di ferrovia basata sulla normale tecnica delle rotaie in
ferro ma capace di consentire velocità superiori ai 250 km/h.
LA CRUSCA
A rigor di logica tutte le domande poste riguardo al genere grammaticale di TAV
contengono già la risposta. Basta infatti sciogliere la sigla
correttamente (Treno ad Alta Velocità) per capire che il genere
selezionato è il maschile, dal momento che in italiano, nel caso di
sigle, il genere “vincente” è quello della prima parola ridotta in sigla
(che è di norma un nome). E dunque, come suggeriscono i nostri
interlocutori, sarebbe opportuno dire il TAV; in effetti, interrogando il motore di ricerca Google, notiamo che in rete le occorrenze al maschile sono oltre 10 milioni.
per concludere, dite un po' comekazzo vi pare e andiamo avanti...
distratto
/di·stràt·to/
aggettivo e sostantivo maschile
- 1.aggettivoDi persona che ha la mente o l'attenzione momentaneamente o abitualmente rivolte altrove da ciò che gli accade intorno o da ciò che fa; disattento, sbadato, svagato."è spesso d. durante la lezione"
- Che denota mancanza di attenzione, di concentrazione."le gettò un'occhiata d."
- 2.aggettivoAssorto (anche + in ).
Termini Imerese, arrestati i vertici della Blutec. Sequestrata l’azienda,
“Distratti i fondi per l’ex Fiat”
Sunday, March 10, 2019
11 MARZO
Un manifesto contro le parole ostili in politica: presentata alla Camera l’iniziativa #cambiostile
di Silvia Morosi
Usare un linguaggio non violento in rete, nella vita reale e anche in politica. Venerdì 8 marzo Parole O—Stili ha lanciato alla Camera dei Deputati l’appello #cambiostile per un confronto elettorale basato sulla forza delle idee e non sulla violenza degli insulti e l’inganno delle notizie false, proprio in vista delle prossime elezioni europee e comunali. Sono già 220 i politici appartenenti a tutti gli schieramenti che hanno firmato il Manifesto. «C’è però ancora tanta strada da fare», afferma Rosy Russo, presidente dell'associazione.Matteo Renzi a Mezz'ora in più: "Sulla Tav solo fuffa, un'incredibile presa in giro"
Per il senatore Pd quella di Conte è "una non soluzione... Azzeccagarbugli con un piccolo parere giuridico porta avanti il Governo, ma indietro l'Italia"
Fuffa
fùf-fa
SignCiarpame, roba che non vale niente; argomentazione ingannevole o inconsistente
regionalismo lombardo, probabilmente derivato da fuffigno, che in Toscana ha valore di 'garbuglio di fili'.
Questa voce lombarda, negli ultimi decenni, si è guadagnata una meritata ribalta nazionale. La fuffa, dapprima - probabilmente derivata da 'fuffigno', cioè garbuglio di fili e tessuti, o secondo altri addirittura con un'origine espressiva che descriverebbe un ammasso leggero - indica il ciarpame, roba dozzinale e completamente priva di valore. Può quindi, propriamente, rivelarsi fuffa il prestigioso regalo che ci ha fatto l'amico, l'eredità del prozio può consistere in fuffa, e la soffitta è stipata di fuffa.
Ma determinante è il valore figurato di questa parola: la fuffa è il discorso privo di valore, il luogo comune, l'argomentazione inconsistente. Si può commentare un articolo dicendo che è pura fuffa, una critica può essere tutta fuffa a parte un paio di punti, e non sapendo dare una risposta, si risponderà con della robusta fuffa.
CADE UN AEREO IN ETIOPIA
e scopri una fazzolettata di italiani
di quelli che non gridano, che non fanno cadere la faccia per terra, che sono in giro per il mondo e la gente che li vede dice: toh, guarda sti italiani...
e non sono furboni, mafiosi, imbroglioncelli, parassiti...
Qualche volta mi chiedo
se il buon Dio faccia cadere gli aerei per
mettere sotto il nostro naso la gente per bene
Requiescat
TONTINELLI
Tav, il «trucco» giuridico di Conte che mette d’accordo Salvini e Di Maio
Nella missiva del premier italiano a Telt si evita accuratamente il termine «bandi». E si fa riferimento esclusivamente alla necessità di «soprassedere dalla comunicazione dei capitolati di gara, al fine di evitare che soggetti terzi possano formulare offerte per la realizzazione dell’opera, condizionando, per tale via, le libere, definitive, determinazioni che il mio governo si riserva di assumere nel prossimo futuro».
La risposta di Telt è inequivocabile. La società prima ricorda al governo italiano di aver già rinviato la pubblicazione dei bandi «su richiesta del governo italiano e con l’accordo del governo francese», e poi conferma che «un nuovo rinvio di tali pubblicazioni oltre il mese di marzo comporterebbe la riduzione della sovvenzione europea di 300 milioni di euro». Di qui la necessità per il cda di procedere lunedì, «in assenza di atti giuridicamente rilevanti che comportino istruzioni di segno contrario», a pubblicare «gli avis de marchés». La lettera si conclude puntualizzando che l’avvio delle fasi successive della procedura, a partire dalla «trasmissione dei capitolati per la presentazione delle offerte», sarà subordinata al «preventivo avallo dei due governi»
ECCO FATTO, ET VOILA' NIENTE IN QUESTA MANO NIENTE IN QUEST'ALTRA...
CONTE HA FATTO UN ALTRO GIOCO DI PRESTIDIGITAZIONE DEI SUOI:
NIENTE AVVIO DEI LAVORI, NIENTE FINE LAVORI, NIENTE BANDI, MA SI' AI BANDI CHIAMANDOLI IN ALTRO MODO
NIENTE SOLDI PERSI MA SOLO SOLDI PERDUTI...
ADESSO IL PROBLEMA E' SPIEGARE STO MALLOPPO A TONTINELLI...
ehehehe
Friday, March 08, 2019
CONTE
TUTTO CONTE PAROLA PER PAROLA:
DANILO TONINELLI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
giuseppe conte
Conte 1. «Il premier sono io, decido io».
Conte
2: «Capisco che ogni giorno vogliate Sì Tav o No Tav, ma la sintesi la
faremo tra un po' in termini risolutivi» (8 agosto).
Conte 3: «Stiamo ultimando l'analisi costi benefici, tra un po' ci sarà una sintesi» (30 ottobre).
Conte 4: «Trasparenza, ascolto, equilibrio.
Il governo vuole lanciare un segno d'attenzione a Torino» (5 dicembre).
Il governo vuole lanciare un segno d'attenzione a Torino» (5 dicembre).
Conte 5: «Seguo un metodo molto trasparente, la Torino-Lione è ancora nell' ambito di una procedura istruttoria» (28 dicembre).
DANILO TONINELLI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI
Conte 6: «Sono agnostico sulla Tav. Bisogna attualizzare ai bisogni di ora,
ma non sto prendendo posizione» (11 gennaio).
ma non sto prendendo posizione» (11 gennaio).
Conte 7: «La Tav è un processo complesso» (1 febbraio).
Conte 8: «Ho preso un impegno, di non decidere sulla base di una singola forza politica» (2 febbraio).
Conte 9: «Abbiamo deciso di procedere con un' analisi costi-benefici» (12 febbraio).
Conte
10: «L' analisi costi-benefici è stata ultimata. Il governo muoverà
nelle prossime settimane per giungere a formulare una complessiva
decisione» (13 febbraio).
Conte 11: «Sulla Tav io stesso sto studiando bene il dossier» (28 febbraio).
Conte 12. «Valuteremo la nuova analisi costi-benefici» (1 marzo).
Conte
13: «Siamo in dirittura d' arrivo, abbiamo iniziato l' analisi
costi-benefici» (5 marzo). Conte 14. «Posizioni pregiudiziali non pesino
sul tavolo. Partiremo dall' analisi costi-benefici» (5 marzo).
Conte 15: «Una scelta entro venerdì» (5 marzo).
Conte 16: «Abbiamo due sensibilità differenti, decideremo entro lunedì» (ieri).
FANTALEMON
FANTALEMON
Negli U:S:A:, se compri una bottiglia di Fanta Lemon sulla confezione ci trovi scritto: “Bibita analcolica addizionata con ESSENZA di limone.”
Al supermercato pero’, puoi trovare anche il Tide il sapone in polvere che sulla confezione porta scritto in inglese: Sapone al vero lime ( limone) dei Caraibi.
Ora io mi chiedo: ma com’e’ possibile che questo popolo illuminato, cosi’ intelligente da voler esportare a tutti i costi persino la loro democrazia, che se per caso non la vuoi te la bombardano, come puo’, dicevo, mettere essenza ( chimica) di limone in una cosa che bevono e aggiungere limone vero al detersivo?
navigator
Definizioni web
Navigator
è un film di fantascienza del 1986, prodotto dalla Disney e diretto da
Randal Kleiser, in cui un ragazzino viene rapito a scopo di analisi
scientifiche da un'astronave extraterrestre, portato sul pianeta Phaelon
e riportato sulla Terra, il tutto nel giro di 4,4 ore. ..Thursday, March 07, 2019
TAVERNA
s. f. [lat. tabĕrna «bottega, osteria»]. – 1. a. Osteria, trattoria di infimo rango, frequentata da gente poco raccomandabile, che si distingue anche per il basso costo delle consumazioni: ne la chiesa Coi santi, e in taverna coi ghiottoni (Dante); una t. piena di ubriaconi; linguaggio da taverna, basso, volgare. b.
Oggi il termine, di uso prevalentemente ant., è stato riadottato senza più alcun valore spreg. per indicare, la snatrice spendacciona. Infatti sembra che abbia speso 17.000 Euro di telefonate e 20.000 di carburante.
Forse ha un cellulare che si ricarica a benzina...
CAMMELLO
Mi sono sempre chiesto: Perche’ le sigarette le chiamano Camel e poi gli americani ci mettono un dromedario a fare la pubblicita’?
Oggi il termine, di uso prevalentemente ant., è stato riadottato senza più alcun valore spreg. per indicare, la snatrice spendacciona. Infatti sembra che abbia speso 17.000 Euro di telefonate e 20.000 di carburante.
Forse ha un cellulare che si ricarica a benzina...
CAMMELLO
Mi sono sempre chiesto: Perche’ le sigarette le chiamano Camel e poi gli americani ci mettono un dromedario a fare la pubblicita’?
Nella foto:
Soldato americano si fa una camel
GODERE CON LA LINGUA
parole nuove pronte per la crusca
http://conlalingua.blogspot.com/
Soldato americano si fa una camel
GODERE CON LA LINGUA
parole nuove pronte per la crusca
http://conlalingua.blogspot.com/
Wednesday, March 06, 2019
SOFFOCONE
“ROLLING STONE” OFFRE UNA ELABORATA DISSERTAZIONE SULL’ERA DEL “SOFFOCONE” PER SPIEGARE COME LE DONNE, PER ESSERE PIU’ ATTRAENTI AGLI OCCHI DEGLI UOMINI, SI ADATTINO AL CANONE ESTETICO DEL “BOCCHINIANO SUPERIORE”: “È IL TRIPUDIO, SUI SOCIAL, DI FOTO IN POSA DA DUCK FACE: CON LE LABBRA PROMINENTI, CHE POTREBBERO ESSERE INTESE COME METAFORA DI UNA VAGINA TUMIDA. MA È ANCHE VERO CHE I MASCHI SONO…”
Ora prendete una banana, sbucciatela, andate allo
specchio e succhiatela. Coraggio, non siate timidi. Se proprio in casa
non avete una banana va bene anche un cetriolo, un pennarello, un
pollice, un alluce per chi è molto snodato. State succhiando? Bene.
Adesso guardate come si deformano i vostri tratti somatici. Attorno
all’oggetto tubolare le labbra si fanno più pronunciate. Con i muscoli
maxillo-facciali contratti per agevolare il risucchio, le guance si
scavano e gli zigomi si alzano, le narici si affusolano, gli occhi si
assottigliano in un’espressione sorniona. Vi ricorda niente?
Già,
ora assomigliate allo stereotipo che la chirurgia estetica
contemporanea replica in migliaia di copie. Il modello segreto,
evidentemente, è una persona intenta a praticare sesso orale su un
ipotetico membro maschile. In sintesi, il pompino. O almeno, con
consapevolezza e lucidità altalenanti, è così che lo interpretano la
maggior parte di quelle creature semplici che sono i maschi umani.
Messi
di fronte a quello stereotipo, molti di loro immaginano immediatamente
una propria componente anatomica inserirsi, con un lieve movimento del
bacino, in un’altrui componente anatomica (la colonna sonora mentale di
questa proiezione suona pressappoco così: uaaaah). No, non si tratta di
un mano-nella-mano. Non è per nulla logico che quelle variazioni
estetiche rendano l’atto più piacevole per l’uomo, ma stiamo parlando di
creature facilissime da ingannare.
Del
resto è risaputo che durante l’estro vacche e cavalle presentino labbra
vulvari visibilmente edematose. Nelle scimmie antropomorfe il periodo
di ovulazione si esprime con segni esteriori, per esempio con la
colorazione dei genitali, che preservano gli scimmioni maschi da morsi e
sberle. Invece negli umani l’ovulazione è nascosta.
Si
crede che acquisendo la posizione eretta le femmine degli ominidi
abbiano smesso di manifestare l’estro per impedire la sicura
identificazione della paternità e, quindi, l’infanticidio. Tutto ciò
permette pure di dissociare l’attività sessuale dai meri fini
riproduttivi. Insomma, propizia la nostra era, l’era del soffocone,
detta altrimenti Bocchiniano Superiore.
Da
quando la chirurgia consente di trasformare il corpo in manufatto, si è
inaugurata una nuova branca della storia dell’arte. Un giorno le foto
di Nicole Kidman e Meg Ryan verranno studiate come oggi si fa con le
pitture rupestri di Lascaux e di Altamira. Viviamo nella preistoria
dell’autoscultura. Certo, già si tatuavano egizi e romani, già c’erano i
lobi forati e i colli allungati dei masai, nei secoli scorsi i piedi
delle bambine cinesi venivano fasciati perché non crescessero e il
rossetto colora le labbra occidentali da secoli. Ma, rispetto a
mastoplastiche, ritidectomie e ginecomastie, quelle non erano che tacche
nella roccia, che incisioni sulle cortecce. L’uomo ha appena affinato
gli strumenti per trasformarsi in altro da sé.
E
al giorno d’oggi, tra tutti i sé possibili, va di moda essere un sé che
spesso viene percepito da altri sé con pisellino come un sé
particolarmente portato per una pratica ben specifica. Una riprova di
questa tendenza – difficile dire quanto recepita da chi pur se ne fa
portatore o portatrice – è il tripudio, sui social, di foto in posa da
duck face: con le labbra ancor più prominenti, ancor più volte a mimare
l’edema vulvare (al che molti maschi, nonostante razionalmente
sghignazzino, non possono fare a meno di pensare: uaaaah).
Ora
c’è da chiedersi perché chi desidera apparire più attraente opti – va
ripetuto: più o meno consapevolmente – per il canone estetico
caratteristico del Bocchiniano Superiore. Probabilmente i destinatari di
questo richiamo sono pigri da far schifo. È vero che le labbra tumide
potrebbero essere intese come metafora di una vagina altrettanto tumida.
Ma è anche vero che i maschi, per la metafora, non ci sono mica
tagliati: labbra = labbra, pompino = pompino. In dieci minuti di sesso
penetrativo gli uomini sprecano in media 42 calorie. Mica cotiche.
E,
dato che il loro fine è solo molto, molto raramente riproduttivo – è
più spesso un piacere egoistico che nella bassa ferrarese viene
sintetizzato con vniù mi, vniù tuti (venuto io, venuti tutti, ndr.) –
l’elementare cervello maschile valuta che quelle energie potrebbero
essere investite in una partita alla Play, in una lavastoviglie, in una
gara con un cane zoppo a chi arriva prima al bastone (quando l’uomo
afferra il bastone, pensa: uaaah). Il sesso orale passivo è di certo un
risparmio energetico di tutto rispetto. Viziati da mamma, Amazon, pay
tv, Spotify…vogliono la pappa pronta: se l’orgasmo può arrivare
standosene stravaccati sul divano, perché mai flettere i muscoli,
immaginare posizioni, sudare?
SESSO ORALE
In
barba al politologo Francis Fukuyama, che nel 1992 aveva profetizzato
la fine della Storia, a quanto pare la Storia non ha alcuna intenzione
di fermarsi: non dobbiamo immaginare il Bocchiniano come uno stato
conclusivo e immutabile. Forse l’instancabile progresso umano, da qui a
qualche decennio, porterà all’avvento del Segassico. I chirurghi
inietteranno botulino nei polpastrelli per alludere a prese morbide e
sicure, da stringo-ma-non-strozzo. O forse lo spirito dei tempi volgerà
al feticismo e il footjob assurgerà a canone estetico universale, e
moriremo tutti in piedi.
FORCHETTA
dalla forca alla tavola, un’avventura con una deriva statistica
Un termine antico con una famiglia numerosa, da forcina a forcone, e un paradiso di significati figurati, dagli scacchi al buon appetito
Una precisa origine latina
La parola deriva dal latino «furca» e e indica un oggetto formato da un
manico e due o più denti che si chiamano «rebbi». Per essere precisi le
nostre forchette da tavola di rebbi (dal francese antico ripil «pettine
con denti di ferro») devono averne quattro, non uno di più, non uno di
meno. Per spaventarci un po’ è utile ricordare che non solo forchetta è
parente stretta della forca, ma ne è proprio il diminutivo.
Dal patibolo alla pietanza
Il percorso è meno contorto di quanto sembra. Forca indica con
precisione un elemento con un manico lungo che infine si separa in una
forma a V e richiama l’incrocio di una strada, la foce di un fiume o più
semplicemente un attrezzo agricolo. Tanto che col terzo dente si arriva
comodamente al forcone. Il cappio terribile della forca non c’entra per
niente, ma il complesso di pali che la sostiene ha proprio questa
forma. E quindi anche il cappio e la stessa esecuzione vengono indicate
con la parola forca per sineddoche (la figura retorica con cui si indica
il tutto con una parte) .
Le meraviglie figurate (o concrete)
Sarà così che per una estensione figurativa, prediletta in Toscana,
«fare forca» significa andarsene a spasso invece di andare a scuola. O
per tornare alla nostra forchetta negli scacchi indica la mossa di un
pedone che minaccia ben due pezzi avversari. Una «buona forchetta» è
sinonimo di un buongustaio che non si risparmia a tavola. E fuor di
metafora si chiamavano «forchette» anche strumenti di legno a V usati
dai primi archibugeri per appoggiare la canna e aumentare la mira del
colpo. Il dizionario Treccani ci ricorda che questo strumento era detto
anche «forcina». E se ve lo state chiedendo la risposta è sì, anche
l’innocua forcina che aiuta tenere fermi i capelli, è una diretta
discendente della forca. E il «forchettone» non è solo quello strumento
con cui cercate di preparare dei cibi durante la cottura, ma anche chi
approfitta di una carica pubblica per perseguire interessi personali.
Dal lontano Oriente ai nostri usi
Strumenti d’osso adatti agli scopi delle nostre forchette sono stati
trovati in alcune tombe cinesi di oltre 4000 anni fa, ma non hanno
niente a vedere con le nostre tradizioni, inclini almeno fino al
Medioevo ad usar le mani per mangiare. Sembra accertato che in Italia le
forchette cominciarono a diffondersi nel XIV secolo e soprattutto a
Napoli e nel meridione. Il Vocabolario dell’Accademici della Crusca del
1610 ne offre una descrizione esemplare: «Quel piccolo strumento di
ferro o d’argento, con due rebbj, col quale s’infilza la vivanda per non
s’imbrattare le mani». Ma per non essere considerata una stranezza ed
entrare nel costume dei più, occorreranno ancora molti secoli.
Una conquista statistica
Oltre che a tavola, la «forchetta» sio è recentemente guadagnata una
posizione di riguardo nel linguaggio statistico, dove indica la
possibile oscillazione tra un valore minimo e uno massimo. Si parla di
forchetta ad esempio nel diffondere gli exit poll di una elezioni,
quando i sondaggisti dicono che il risultato di un tal partito sarà
all’interno di una forchetta tra X e Y.
COME FU CHE LA FORCHETTA ARRIVO' IN FRANCIA
Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento. Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IV. Caterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti.
Storia di un “arnese” necessario per imbandire la tavola ma che fa anche stile.
E’ arcinoto che i cugini francesi e, probabilmente, un po’ anche i catalani, guardino oggi gli italiani dall’alto in basso, per spocchia oppure per nascondere una certa invidia dell’italica creatività culinaria. Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento.
Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IV. Caterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti. Inizialmente, si rivelò saggia ed equidistante tra le due fazioni, anche grazie ai consigli del nuovo cancelliere Michel de l’Hospital di cui è rimasto celebre il discorso sulla tolleranza verso i protestanti:
. In seguito, però, Caterina fu travolta dagli eventi e non riuscì a svolgere un adeguato ruolo politico di mediazione.
Se quindi non possiamo attribuirle grandi meriti politici, Caterina diede invece un notevole contributo alla creazione del cerimoniale di corte e dell’etichetta che avrebbero poi trionfato durante lo sfolgorante regno di Luigi XIV. Un altro merito che vogliamo ricordare è che al suo arrivo in terra di Francia tra il suo seguito Caterina portò valenti cuochi che influenzarono notevolmente la cucina locale. Tra le altre cose, questi cuochi si servivano di uno strumento, sconosciuto nella Francia del periodo, che prese poi il nome di forchetta. Questo piccolo utensile, dotato di due punte acuminate, permetteva ad ogni commensale di prendere senza problemi i cibi dal piatto centrale, serviti tutti insieme all’uso francese, e consentiva di immergere le vivande nelle salse senza imbrattarsi le mani. Una vera rivoluzione, nel gusto e nel costume, che ebbe un successo travolgente a corte e ben presto arrivò anche sulle mense imbandite dei ricchi borghesi.
In seguito, purtroppo, la cucina francese imboccò la via del formalismo e dell’accademia, imbalsamando il gusto vivo del convivio in regole esteriori ed in raffinatezze quintessenziali, perdendo di vista il fatto che scopo del mangiare sociale è quello del piacere di scambiare idee e di gustare del buon cibo, ma in piena libertà da costrizioni accademiche.
COME FU CHE LA FORCHETTA ARRIVO' IN FRANCIA
Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento. Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IV. Caterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti.
E’ arcinoto che i cugini francesi e, probabilmente, un po’ anche i catalani, guardino oggi gli italiani dall’alto in basso, per spocchia oppure per nascondere una certa invidia dell’italica creatività culinaria. Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento.
Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IV. Caterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti. Inizialmente, si rivelò saggia ed equidistante tra le due fazioni, anche grazie ai consigli del nuovo cancelliere Michel de l’Hospital di cui è rimasto celebre il discorso sulla tolleranza verso i protestanti:
. In seguito, però, Caterina fu travolta dagli eventi e non riuscì a svolgere un adeguato ruolo politico di mediazione.
Se quindi non possiamo attribuirle grandi meriti politici, Caterina diede invece un notevole contributo alla creazione del cerimoniale di corte e dell’etichetta che avrebbero poi trionfato durante lo sfolgorante regno di Luigi XIV. Un altro merito che vogliamo ricordare è che al suo arrivo in terra di Francia tra il suo seguito Caterina portò valenti cuochi che influenzarono notevolmente la cucina locale. Tra le altre cose, questi cuochi si servivano di uno strumento, sconosciuto nella Francia del periodo, che prese poi il nome di forchetta. Questo piccolo utensile, dotato di due punte acuminate, permetteva ad ogni commensale di prendere senza problemi i cibi dal piatto centrale, serviti tutti insieme all’uso francese, e consentiva di immergere le vivande nelle salse senza imbrattarsi le mani. Una vera rivoluzione, nel gusto e nel costume, che ebbe un successo travolgente a corte e ben presto arrivò anche sulle mense imbandite dei ricchi borghesi.
In seguito, purtroppo, la cucina francese imboccò la via del formalismo e dell’accademia, imbalsamando il gusto vivo del convivio in regole esteriori ed in raffinatezze quintessenziali, perdendo di vista il fatto che scopo del mangiare sociale è quello del piacere di scambiare idee e di gustare del buon cibo, ma in piena libertà da costrizioni accademiche.
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