[or-di-nà-rio]
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SIGN
Comune, normale, regolare; privo di qualità particolari, dozzinale, insignificante
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dal latino [ordinarius] 'conforme all'ordine', derivato di [ordo] 'ordine'.
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Animale,
capitolo,
curiosità,
minestra,
umile,
pietanza:
parole che saremmo tentati di definire ordinarie, perché non
sembrano celare alcuna opacità e nessuno va mai a cercarle sul
vocabolario. Ma se grattiamo appena la
loro frusta superficie, ci aprono squarci
di pura consapevolezza.
Forse non esistono parole ordinarie, ma solo persone che le usano
in modo ordinario. In ogni caso, tra quelle che lo sono meno c’è
senz’altro ordinario, per l’appunto. Quando impariamo che
in tedesco una ordinäres Wort non è una ‘parola ordinaria’
bensì scurrile,
sconcia, a
tutta prima ci meravigliamo. Ma pensandoci bene, non è altrettanto
curioso, in italiano, che ‘professore ordinario’ sia una qualifica
assai
gratificante, mentre
‘persona ordinaria’ decisamente no?
Eppure, a considerare
il tronco da cui germoglia l’ordinario, è difficile immaginarne una
derivazione men che positiva.
Per i Latini, ordo (accusativo ordinem) era in
origine la disposizione regolare dei fili nella trama, poi la
fila,
l’allineamento, la successione ordinata e infine l’ordine tout
court. In campo militare, gli ordini furono i ranghi, le
schiere, quindi chi le comandava e da ultimo, per facile metonimia,
i comandi che venivano impartiti. Giacché nell’esercito i ranghi
sono ordinati gerarchicamente, in seguito questo senso gerarchico
della parola si estese a tutta la società, per cui furono detti
ordini anche i gruppi sociali, le classi (fino ai tre
‘ordini’ o ‘stati’ dell’Ancien Régime), oltre a sodalizi
particolari come gli ordini religiosi e cavallereschi.
Ordinarius, di conseguenza, in latino valeva ‘conforme
all’ordine’ e quindi regolare, normale (anche il
nostro docente ‘ordinario’ viene da qui, in quanto parte stabile e
non avventizia di un sistema), mentre extraordinarius era
l’insolito, ciò che esulava dalla normalità. In teoria,
quindi, non vi è giudizio di valore in alcuno dei due: lo
straordinario, in quanto meramente inusitato,
di per sé non è né buono né cattivo. Non stupisce tuttavia che le
cose, in seguito, abbiano preso un’altra piega, giacché lo
stra-ordinario, ciò che è fuori del comune, ai nostri occhi ha
molto più valore di ciò che è consueto, routinario, abituale. Anche
quando non aneliamo al portento,
vogliamo più della solita minestra. È da qui, per
contrasto, che iniziano le sfortune dell’ordinario.
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Tuesday, March 31, 2020
ordinario
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