La parola del giorno è
Cupido
[cù-pi-do]SIGN Avido, bramoso
voce dotta recuperata dal latino [cùpidus], derivato di [cùpere] 'bramare'.
«Quell'avido, cupido, pavido, stupido...». Non è una parola desueta, ma ha quella leggera ricercatezza che si fa notare - anche perché porta un significato pesante.
Si assesta in italiano nel XIII
secolo (la prima attestazione di rilievo della forma 'cupido' pare sia
nelle righe del poeta e religioso Guittone d'Arezzo), e riesce a
descrivere in maniera ampia chi o ciò che arde di desiderio, un desiderio sfrenato e volentieri riprovevole - anche se, curioso, ai suoi albori poteva anche essere la virtù positiva di un desiderio indomabile.
Certo è una qualità più versatile rispetto all'avidità e alla lussuria, alle quali si sovrappone facilmente senza poter essere ridotta solo all'una o all'altra; inoltre non sembra febbrile
come lo smanioso, il bramoso. L'intensità del suo volere è
incandescente, può arrivare fino alla violenza, ma forse il cupido è
meno scervellato dei suoi compari
sinonimi,
e ha un ventaglio di godimento un po' più aperto. Il dirigente cupido
di ricchezze riesce a distrarre dei fondi per sé, il conoscente cupido
di dominio tenta di esercitarlo mettendo gli altri in scacco,
lancio sguardi cupidi al buffet cercando di cogliere il momento meno
sconveniente per lanciarmici, e uno scambio di occhiate cupide fra due
persone
rivela un'intesa che non avevamo notato.
Già, peraltro parlando del cùpido si tira in ballo anche Cupìdo, divinità romana dell'amore, specie erotico
(quasi omologo dell'Eros greco): divinità non tanto adorata in riti
religiosi, quanto piuttosto evocata nelle arti, figurative e no. Non si sacrifica a Cupido, ma si raffigura, se ne scrive. Figlio di Venere,
fanciullo alato armato di frecce che innamorano chi ne viene colpito, trae il suo nome proprio dal termine latino Cupìdo,
'bramosia'. È rimasto un personaggio davvero pop, tanto da diventare il
mezzano d'amore, e il bimbo grasso e riccioluto. E magari proprio il
suo riferimento, così pronto e diffuso, può rende più accessibile il
cùpido, che è una risorsa davvero potente.
* * *
Parentado
[pa-ren-tà-do]SIGN Rapporto di parentela; insieme dei parenti
secondo alcuni dal latino tardo [parentatum],
in origine 'cerimonia funebre in onore di parenti defunti', secondo
altri attraverso l'ipotetica forma del latino volgare [parentatus], ma
sicuramente derivato da [parens] 'parente', dalla stessa radice di
[pàrere] 'generare'.
Per quanto ci possa sembrare che in
questa parola suoni un po' di spagnolo, è italianissima. Secondo alcuni è
il risultato di un passaggio dal latino volgare, attraverso la forma parentatus non attestata; Secondo altri, e con un interessante mutamento di significato, scaturisce dal parentatum, la cerimonia funebre in onore
dei parenti defunti. Ad ogni modo si tratta di un recupero dotto:
'parentado' si trova attestato in italiano nei primi decenni del
Duecento, negli scritti
del grammatico, retore e latinista bolognese Guido Faba.
Dapprima descrive in genere il rapporto di parentela: posso dire che sono sempre cortese con Tizio
solo perché siamo legati per parentado, posso parlare di un'eredità
inattesa che arriva da un lontano parentado. In questi casi è
semplicemente quella che oggi, più comunemente, chiamiamo parentela. Un
secolo più tardi, però, si è affermata la forma 'parentado' (sul
precedente 'parentatu') per significare l'insieme dei parenti - e qui
arriviamo al nocciolo più importante, che nasconde una finezza superiore
a quel che si sospetterebbe.
Il parentado non è la famiglia. La
famiglia, per quanto allargata, è un gruppo preciso, ha un'identità
precisa: si appartiene a una data famiglia. Il parentado cambia da
persona a persona: non è l'insieme dei parenti nel cui organigramma sei
incluso, è l'insieme dei parenti che converge su di te, in una
formazione irripetibile. Non cognomi aviti,
non casati, non genealogie esauriscono il parentado, che invece è
capace di estendersi orizzontalmente fra agnati e cognati, che abbraccia
gli affini e i consanguinei per costituire non un
lignaggio,
ma la singolare corte dei miracoli di parenti che ci portiamo appresso.
Nel parentado i patriarchi e i capostipiti siedono col bicchiere di
carta, da pari, accanto ai figlioletti della cugina della cognata.
Per quanto in antropologia il concetto di parentado abbia una dignità scientifica, per noi è spesso scherzoso. Lo è stato fin dal principio: visto che il parentado era parentela e che il matrimonio
fa la parentela, era diventato sia il matrimonio sia l'atto sessuale
(anche Boccaccio lo usa in questo modo ambivalente). Noi ci
accontentiamo di parlare di parentado soprattutto quando è numeroso,
invadente, di difficile gestione. Di domenica la strada viene invasa
dalle auto
del parentado del vicino, all'anniversario dei prozii c'era tutto il parentado, il nuovo fidanzato viene accolto dal parentado vedendo un po' quanto vino riesce a bere.
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