Fedele
[fe-dé-le]SIGN Costante, leale, che rispetta gli impegni
dal latino [fidelis], da [fides] 'fiducia, credenza, lealtà'.
Non è tra le parole più usate in tedesco, l’aggettivo fidel, ma neanche tra le più rare. Termine un po’ démodé ma allo stesso tempo colloquiale, si trova ad esempio in espressioni come ein fideler Bursche (un tipo allegro) o eine fidele Runde (un’allegra brigata), nonché nella forma superlativa quietschfidel,
che significa “molto allegro” ma anche “sano, in buona salute”. Pura
saggezza popolare: il nesso tra buona salute e buonumore non richiede
alcuna spiegazione. Decisamente più difficile, invece, trovare una
relazione tra allegria e fedeltà, tanto che la somiglianza tra
l’italiano fedele e il tedesco fidel pare puramente accidentale.
Invece, nessuna casualità: entrambi i termini vengono dal latino fidelis, che a sua volta deriva da fides,
cioè fiducia, credenza, lealtà. In italiano, essere fedeli a qualcuno
significa non tradirne la fiducia: l’amministratore fedele non fa la
cresta sulle spese, il marito fedele non indulge
alle avventure extraconiugali. Essere fedeli a qualcosa equivale a
essere costanti nella preferenza accordata: resto fedele ad una crema
anche se la commessa vuole farmene provare altre, rimango fedele ad un
partito anche se mi convince sempre meno. Anche le cose possono essere
fedeli: una riproduzione (di oggetto, suono o immagine) si definisce
fedele se è esatta, conforme all’originale.
In tutti questi casi, l’italiano fedele si traduce in tedesco con treu o getreu.
E fidel, allora, con la fedeltà non ha alcun rapporto? Ma soprattutto, che c’entra l’allegria? Inizialmente, in effetti, fidel era… fedele al suo etimo e significava proprio fedele. Poi è successo qualcosa. A questo punto, qualcuno si figurerà un quadro a base di riforma luterana e austeri patriarchi pervasi di
inesorabile serietà teutonica, capaci di concepire la gioia e l’allegria unicamente come esito e guiderdone di rettitudine devota, dedizione
assidua e granitica affidabilità.
Ebbene no, siamo decisamente fuori strada. Altro che tetragoni
patriarchi teutonici: sono stati, nel Settecento, un branco di studenti
universitari, dei goliardi sempre – per definizione – avidi di bisboccia, scherzi e sollazzo. Di punto in bianco essi decidono che fidel
, peraltro entrato nella lingua tedesca meno di un secolo prima, significa allegro e non più fedele. La loro goliardata linguistica ha uno straordinario successo: fidel nel senso di allegro travalica presto i limiti del gergo universitario e diventa l’unico significato.
Ma perché lo fecero? Per farsi beffe
della fedeltà e dei fedeli, dirà qualcuno. Può darsi. A me però piace
pensare che quei ragazzi volessero, con questo piccolo gioco, ritrarre
la loro condizione: la goliardia è essenzialmente cameratismo – e quindi
spirito di corpo, lealtà, fedeltà reciproca – unito all’allegria,
quell’allegria che nasce spontanea e copiosa quando si è giovani, spensierati e in compagnia.
Insomma, un tedesco in vena di
rivalsa per le secolari canzonature sulla rigidità e assenza di fantasia
proverbialmente germaniche – contrapposte all’innata, indomabile
creatività dei popoli latini – avrebbe bene il diritto di sbottare: “To’, italiani, prendete e portate a casa; non ci siete mai riusciti, voi, a trasformare la fedeltà in allegria”.
* * *
Parole sorelle, che dalla stessa origine fioriscono in lingue
diverse, possono prendere le pieghe di significato più impensate. Con
Salvatore Congiu, insegnante e poliglotta, un martedì su due vedremo una
di queste strane coppie, in cui la parola italiana si confronterà con
la sorella inglese, francese, spagnola o tedesca.Neologismi della settimana
Neologismi dall'11 al 17 febbraio 2019TRECCANI mica bruscolini...
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