Il 19 gennaio del 2000,
al momento della morte, Craxi non aveva sulla testa solo “due pesanti
condanne che considero ingiuste” (come le definisce il Bettino
interpretato da Favino). Si tratta di due sentenze definitive per
corruzione e finanziamento illecito a un totale dieci anni di carcere:
aveva preso cinque anni e mezzo nel processo per le tangenti Eni-Sai,
quattro anni e mezzo per quelle della Metropolitana milanese. In quel
momento, però, erano in corso altri procedimenti che vennero estinti per
“morte del reo“.
Erano
quattro in totale e tre si erano già conclusi con condanne: a tre anni
per finanziamento illecito (la cosiddetta Maxitangente Enimont), cinque
anni e cinque mesi per corruzione (tangenti Enel), cinque anni e nove
mesi per il bancarotta fraudolenta (il conto Protezione). In primo
grado, invece, Craxi era stato stato condannato – insieme a Silvio
Berlusconi – al processo All Iberian: i reati accertati si
prescriveranno poi in Appello e quindi in via definitiva in Cassazione.
È
un procedimento che al suo interno contiene una serie di smentite a
quanto affermato dal leader del Psi: non è stato condannato solo perché
“non poteva non sapere”, ma sapeva tutto benissimo, non rubava per il
partito, ma soprattutto per sé e per le persone a lui vicine. Come hanno
ricostruito Peter Gomez, Marco Travaglio e Gianni Barbacetto nel libro
Mani Pulite, 25 anni dopo (Paper First) indagando sui soldi di Craxi i
pm hanno accertato l’esistenza di 150 miliardi di lire, movimentati da
diversi prestanome.
Uno
si chiama Giorgio Tradati, era un suo compagno di scuola e sul conto
Constellation Financiere e Northern Holding riceve tra il 1991 e 1992
ventuno miliardi di maxi tangente versata da Silvio Berlusconi dopo che
la legge Mammì salva le reti Fininvest. Tradati ha raccontato ai pm che
tutto era cominciato “nei primi anni ’80” quando “Bettino mi pregò di
aprirgli un conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso,
intestandolo a una società panamense.
Funzionava
così: la prova della proprietà consisteva in una azione al portatore,
che consegnai a Bettino. Io restavo il procuratore del conto“. Su quel
conto arriva un fiume di denaro: nel 1986 erano già 15 miliardi. Poi i
conti si sdoppiano: nasce International Gold Coast, affiancato da
Northern Holding, messo a disposizione da Hugo Cimenti. “Per i nostri –
risponde Tradati – si usava il riferimento ‘Grain’. Che vuol dire
grano“. Quindi scoppia Mani Pulite.
“Il
10 febbraio ‘93 – continua Tradati – Bettino mi chiese di far sparire
il denaro da quei conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici
diMani pulite. Ma io rifiutai e fu incaricato qualcun altro: so che
hanno comperato anche 15 chili di lingotti d’oro…I soldi non finirono al
partito, a parte 2 miliardi per pagare gli stipendi”. Sono le paghe dei
giornalisti dell’Avanti!. A cosa servì il resto dei soldi?
“Che
cos’erano tutti quei prelievi dai due conti svizzeri di Craxi?”,
domanda il pm Di Pietro a Tradati. Che risponde: “Anzitutto servivano
per finanziare una tv privata romana, la Gbr della signora Anja
Pieroni“. “Ma coi soldi di uno dei due conti in Svizzera ci hanno pure
comperato case?”.
E
Tradati: “Un appartamento a New York“. Per il partito? “No di certo“. E
con l’altro conto svizzero? “Un appartamento a Barcellona“. La
ricostruzione della procura è stata riconosciuta come provata dai
giudici del processo All Iberian, sia dal Tribunale che da quelli della
corte d’appello di Milano, ed è stata poi confermata dalla Cassazione.
Scrivono i giudici del processo di secondo grado che “Craxi dispose
prelievi sia a fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un
appartamento a New York), sia per versare alla stazione televisiva Roma
Cine Tv (di cui era direttrice generale Anja Pieroni, legata a Craxi da
rapporti sentimentali) un contributo mensile di 100 milioni di lire.
Lo
stesso Craxi, poi, dispose l’acquisto di una casa e di un albergo
(l’Ivanhoe) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla donna Craxi fa pagare
anche “la servitù, l’autista e la segretaria”. Il leader del Psi dice a
Tradati che bisogna “diversificare gli investimenti”. Il suo ex compagno
di scuola eseguiva. Dalle indagini risultano diverse “operazioni
immobiliari: due a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile“.
E poi un prestito di 500 milioni per il fratello di Craxi, Antonio e
per sua moglie Sylvie Sarda. Insomma non erano solo soldi rubati per
finanziare i partiti.
Le
sentenze smentiscono anche un’altra affermazione ripetuta più volte dai
fedelissimi di Craxi e contenuta anche nel film, e cioè quella del
leader del Ps condannato solo perché “non poteva non sapere”. Nella
sentenza All Iberian si legge: “Craxi è incontrovertibilmente
responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati
alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento
quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali
conti…non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma
veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari…
Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi
conti”.
bettino craxi
Ma
non solo. “Non ha alcun fondamento – continua la corte d’Appello – la
linea difensiva incentrata sul presunto addebito a Craxi di
responsabilità di ‘posizione’ per fatti da altri commessi, risultando
dalle dichiarazioni di Tradati che egli si informava sempre
dettagliatamente dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli
stessi compiuti“. Altra convinzione dell’ex leader del Psi, contenuta
anche in Hammamet, è che le condanne fossero legate a una sorta di
vendetta nei suoi confronti.
BETTINO CRAXI SILVIO BERLUSCONI
La
corte europea dei diritti dell’uomo, interpellata dai legali dell’ex
presidente del consiglio, non la pensa allo stesso modo. Il 31 ottobre
del 2001, come ricordava Travaglio qualche tempo fa, i giudici di
Strasburgo scrivono: “Non è possibile pensare che i rappresentanti della
Procura abbiano abusato dei loro poteri”. Anzi, il procedimento “seguì i
canoni del giusto processo” e le accuse ai giudici “non si fondano su
nessun elemento concrete. Va ricordato che il ricorrente è stato
condannato per corruzione e non per le sue idee politiche“. Non si sa se
“sporca” il Paese, ma è una differenza fondamentale.
CRAXI: I SOLDI DEL PSI? CHIEDETE A RAGGIO
MILANO - Sarà interrogata oggi, dopo due notti trascorse nell' infermeria femminile del carcere di Opera, la contessa Francesca Vacca Agusta, accusata dal pool Mani Pulite di avere riciclato i fondi esteri dell' ex segretario socialista Bettino Craxi. Subito dopo toccherà a Maurizio Raggio, ex fidanzato della contessa, anch' egli estradato dal Messico. Ma intanto, da Hammamet, fa sentire la sua voce l' uomo che i due detenuti sono accusati di avere aiutato a fare sparire decine di miliardi. Craxi prende risolutamente le difese di Francesca Agusta, che sarebbe del tutto ignara della vicenda. A differenza di Raggio, che - fa capire Craxi - conosce la destinazione finale dei soldi. Onorevole Craxi, che effetto le fa sapere che la contessa e Raggio sono detenuti con l' accusa di averla aiutata? "Cominciamo col dire che la questione non riguarda la mia persona ma l' amministrazione del Psi. Ciò premesso, per quanto a mia conoscenza la signora Agusta non c' entra nulla. La signora è una vittima. Direi che quanto le viene fatto in questo momento è una storia molto ingiusta e molto crudele". E Maurizio Raggio? "Raggio darà i chiarimenti che deve dare". Vuol dire che Maurizio Raggio sa dove è finito il 'tesoro di Craxi' ? "Il tesoro di Craxi, come è noto, non esiste. Esistevano dei fondi che l' amministrazione del Psi aveva fatto versare su conti esteri. E il sistema dei conti esteri non lo ha certo inventato il Psi né mi risulta che per le operazioni estere gli altri partiti usassero rivolgersi alla Banca d' Italia". I suoi successori alla guida del Psi, Benvenuto e Del Turco, dicono che quei soldi non li hanno mai visti, che non ne hanno mai saputo nulla. "Che non ne abbiano saputo nulla non è esatto, perché vennero puntualmente resi edotti dell' esistenza di questi fondi e della loro collocazione. Invece è vero che non li videro, nel senso che rifiutarono di assumersi la responsabilità della loro gestione". Ma Raggio cosa c' entra? E i soldi dove sono finiti? "Raggio ebbe un incarico fiduciario dall' amministrazone del partito. Come ebbe a svolgere questo incarico è qualcosa che dovrà spiegare Raggio stesso". Ma lei non sa davvero dove sono depositati oggi quei "fondi esteri dell' amministrazione del partito"? "Ripeto: è una domanda che va fatta a Maurizio Raggio. Comunque stia certo che non stanno qui dove sto io".'HO SPESO PER ME I SOLDI DI CRAXI'
MILANO - Come previsto, la ricongiunzione sotto uno stesso tetto della coppia Francesca Vacca Agusta-Maurizio Raggio non dura che un paio di giorni. Alle nove di venerdì sera la contessa lascia il carcere di Opera verso gli arresti domiciliari, aveva chiesto di andare nella sua villa di Portofino ma ai giudici è parso eccessivo: siccome l' importante è cadere in piedi, la signora si deve accontentare di un attico e superattico in via Tommaso da Cazzaniga, giardino pensile e vista straordinaria sul parco Sempione e sull' Arena. Maurizio Raggio, accusato come la contessa di avere riciclato il tesoro di Bettino Craxi, invece resta in carcere ad Opera. E' qui, nel grande penitenziario alle porte di Milano, che si registrano in queste ore gli avvenimenti più interessanti. Perchè l' ex playboy di Portofino - a dispetto dell' aria un po' fatua, viene definito dai giudici "un osso duro" - sta parlando. Un lungo interrogatorio venerdì, un altro in programma per domani. Nei verbali ci sono già una serie di ammissioni. In parte convincenti, in parte sbalorditive. Raggio ha spiegato che Craxi scelse lui, per fare sparire i soldi prima che arrivasse Di Pietro, in quanto era uno "fuori dal giro", non aveva legami con la nomenklatura del Psi di cui, evidentemente, il leader non si fidava più; ha detto di essersi limitato, nello spostare i miliardi qua e là per il mondo, reclutando prestanome e scegliendo banche fidate, e ad eseguire le indicazioni di massima che gli venivano da Craxi, e di avere puntualmente riferito al medesimo. Alla domanda su come facesse a mantenere i contatti con il suo referente, ha rivelato di essersi incontrato con Craxi in Messico fino all' estate del 1994, appena prima che l' ex presidente del Consiglio venisse colpito dal ritiro del passaporto e poi dall' ordine di cattura (dal Messico, afferma Raggio, Craxi si spostò direttamente ad Hammamet) e di avere poi continuato a mantenere con lui contatti telefonici, anche quando - per quanto incredibile possa sembrare - il giovanotto si trovava detenuto in Messico. L' ultimo colloquio tra il carcere di Cuernavaca e la villa di Hammamet risale, ha spiegato il detenuto, a una manciata di giorni fa, appena prima che il locale governo rispedisse in Italia tanto Raggio che la contessa Agusta. Ma dove Raggio ha decisamente stupito i magistrati è stato al passaggio cruciale: quello sulla destinazione finale dei soldi. Una parte, ha detto, venne inviata su un conto indicatomi direttamente da Craxi, e da allora non ne seppi più nulla. Una parte si trova tuttora su un conto alle Bahamas, di cui Raggio si è detto pronto a far arrivare la documentazione in Italia. E il resto? "Il resto l' ho speso in questi due anni e mezzo in cui ho dovuto stare lontano dall' Italia", ha detto l' ex fuggiasco. E' stata l' entità di questo argent de poche che ha fatto un certo effetto ai giudici: fra le spese per arredare la cella (che Raggio chiama "l' appartamentino") di Cuernavaca, i pasti che due volte al giorno il miglior ristorante della zona recapitava al detenuto e alle occasionali ospiti, bollette del telefono e mance varie, se ne sarebbe andato qualche milione di dollari. Forse quattro, forse addirittura sette. Un tenore di spesa più da nababbo che da latitante o da carcerato. Sarà vero? Il risultato, comunque, è che sul conto di cui Raggio ha offerto la documentazione ai pubblici ministeri Greco e Ielo è rimasta, ormai, solo una quota piuttosto esigua del malloppo cui Mani Pulite dava la caccia da anni. Raggio ha offerto anche alcune conferme. In un caveau svizzero era stato trovato un suo messaggio alla contessa, con cui la invitava, in caso di imprevisti, a fare avere la documentazione dei conti "all' amico che tu sai". L' amico, per chi non l' avesse capito, è Craxi. Ma anche in questo passaggio il "fiduciario" ha tenuto a sgravare Francesca Agusta da colpe dirette, "faceva quello che le dicevo di fare". Mentre ha ammesso, e in un certo senso rivendicato, il proprio ruolo di fiduciario di Craxi. Che in pratica lo aveva visto crescere, essendo presenza consueta alla "Gritta", i bar dei suoi genitori a Portofino. E che, nella catastrofe di Tangentopoli, aveva intuito di potersi fidare del giovanotto dagli occhi azzurri.Luca Fazzo
Politica
Bettino l’esiliato e quei lingotti svizzeri
I lingotti erano in una cassetta postale all’aeroporto di Ginevra.
Quindici chili d’oro custoditi da una misteriosa signora che, allarmata dalle inchieste di Mani Pulite, nell’ottobre 1994 decide in gran fretta di spostarli.
Troppo tardi: i gendarmi inviati dal giudice elvetico Jean Crochet li intercettano e li sequestrano. Non arriveranno mai in Italia. Cinque anni dopo, quando la Svizzera si decide a consegnare il tesoro ai giudici italiani di Mani pulite, gli ufficiali della Guardia di finanza che vanno a ritirarli, nel luglio 1999, si vedono presentare non i lingotti, ma il corrispondente valore in franchi svizzeri: il giudice ginevrino De Marteen aveva deciso di consegnarli convertiti in valuta.
Il sistema Tradati. I lingotti facevano parte del tesoro svizzero che Bettino Craxi aveva affidato all’amico d’infanzia Giorgio Tradati.
Tutto inizia nei primi anni Ottanta. Il segretario del Psi si convince che per fare politica nell’Italia dei due grandi (e ricchi) partiti, Dc e Pci, ci vogliono soldi, tanti soldi. E si attrezza. Attivando un sistema scientifico di riscossione dalle aziende, pubbliche e private, e aprendo i primi conti all’estero dove far affluire le tangenti.
Il primo conto che Tradati apre su richiesta di Craxi è presso la Sbs di Chiasso, intestato a una anstalt lussemburghese, la Arano Stieftung.
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Tradati gestisce anche un secondo conto, presso la Bankers Trust di Ginevra (poi trasferito presso l’American Express Bank di Ginevra), intestato alla società panamense International Gold Coast. Per schermare meglio i suoi reali beneficiari, è alimentato da un conto di transito presso la Claridien Bank di Ginevra: il Northern Holding, gestito da un funzionario dell’American Express, Hugo Cimenti, che vi faceva affluire anche soldi di altri. «Per i nostri», spiega Tradati, «si usava il riferimento Grain. Che vuol dire grano».
Sul sistema Tradati arrivano almeno 35 miliardi da aziende pubbliche (dall’Ansaldo all’Italimpianti) e private (da Calcestruzzi a Techint). Vi approda anche la più grande tangente pagata a un singolo uomo politico: 21 miliardi incassati dopo l’approvazione della legge Mammì sulle tv private e provenienti dal conto All Iberian di Silvio Berlusconi.
Quando le indagini di Mani Pulite e le rogatorie all’estero mettono in pericolo il malloppo, Craxi cerca di mettere al sicuro i soldi. «Il 10 febbraio ’93 Bettino mi chiese di far sparire il denaro da quei conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici di Mani Pulite. Ma io rifiutai e fu incaricato qualcun altro».
È Maurizio Raggio, un barista di Portofino che si trasforma per l’occasione in finanziere. Estingue i due conti di Tradati, che al momento della chiusura avevano 22 milioni di franchi svizzeri (Constellation Financière) e 15 miliardi di lire (International Gold Coast). Questi ultimi sono trasferiti (prestanome Miguel Vallado) presso altri due conti, il Julfer presso la Sbs di Ginevra e il Farbin Corp. presso la Bancomer di New York.
I soldi di Constellation Financière sono invece divisi (prestanome Arturo Martinez) tra la Abn Amro di Amsterdam, conto Kirwall, la Sbs di Ginevra, conto Cancun, e finiscono poi presso la banca Pictet&Cie di Ginevra e infine presso la Pictet&Cie di Nassau (Bahamas), sul conto intestato Highland Retreat Investment. Raggio, tornato in Italia, fa ritrovare solo una fetta del tesoro: 4 o 5 miliardi di lire.
Il sistema Gelli. Tra il 1979 e il 1980, Craxi incontra un paio di volte Licio Gelli. La prima al Raphael, la seconda nell’abitazione romana di Claudio Martelli, che si era lamentato con il Venerabile per l’enorme debito (21 milioni di dollari) che il Psi aveva nei confronti del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Subito dopo, il problema si risolve: sul conto 633369 "Protezione" presso l’Ubs di Lugano, fornito a Bettino dall’amico Silvano Larini, affluiscono dall’Ambrosiano 7 milioni di dollari in due tranche.
Soldi, come quelli del sistema Tradati, tutti nella disponibilità di Craxi. «La gestione di tali conti», conferma la sentenza All Iberian, «non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari…Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti».
Il sistema Balzamo. Le tangenti ordinarie, quelle impiegate per la gestione del partito, erano gestite invece dal segretario amministrativo Vincenzo Balzamo, con la collaborazione del faccendiere Pierfrancesco Pacini Battaglia. Da questa contabilità partono anche i soldi usati per finanziare Solidarnosc e Olp. Solo i pochi soldi rimasti di questo sistema vengono passati, dopo Mani pulite, ai successori di Craxi, Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco.
Il sistema Troielli. È quello rimasto più misterioso. Gianfranco Troielli, vecchio amico di Bettino Craxi, assistito da Agostino Ruju, apre tre conti, due in Svizzera e uno a Hong Kong, da cui il denaro rimbalza in altri conti in giro per il mondo, tra cui il conto Idaho aperto a Nassau, Bahamas.
Sono rimasti sconosciuti sia l’entità dei conti, sia il destinatario finale, perché le Bahamas e Hong Kong non hanno mai risposto alle rogatorie dei magistrati milanesi. C’è dunque ancora un mistero Craxi: dove sono finiti i miliardi scomparsi nel nulla?
Da Il Fatto Quotidiano del 15 gennaio
Poi
finalmente appare lui, Maurizio Raggio, anni cinquantasei, forse
faccendiere, forse playboy, tutte attività che evidentemente fan bene
alla pelle, perché ne dimostra dieci di meno, ed è simpatico. Infatti
non è di Portofino, è bolognese. “Sono nato a Bologna perché mia mamma
era di lì”. E questa mamma era bellissima, sembra Grace Kelly, c’è in
numerose foto in bianco e nero nella Gritta, l’unico bar con chiatta di
Portofino, aria di covo della mala, decadenza giusta, facce segnate da
vite rombanti, tinture di capelli, Bellini fatti come si deve. “Il papà
di Raggio era una persona molto intelligente” dice la contessa Camerana
che in altri anni s’era lasciata più andare (“il Nobel dei barman”, al
Corriere, epoche fa).
“Mio
papà aprì questo posto nel 1954, per gioco. Era tornato dal Sudamerica
dove era andato per ricevere un’eredità. Tornato qua, ha preso questo
magazzino che aveva, voleva farne un club, per evitare affollamento fa
dei prezzi esagerati, fuori dal comune, e questa naturalmente si rivela
la ricetta del successo. Rex Harrison veniva sempre qua, grazie a mio
papà ha comprato la casa qui su, qui da noi ha festeggiato l’Oscar (ci
sono le foto con la mamma e Harrison e “welcome home Rex”);
Raggio
dà subito la notizia. “La casa l’abbiamo venduta sai? Ai primi di
luglio”. La casa è naturalmente villa Altachiara, quella da cui nel 2001
è precipitata Francesca Vacca Agusta, in un reality misterioso che ha
portato subbuglio nel borgo calvinista di Portofino. La casa dopo varie
vicende testamentarie è andata a Raggio. Ma chi ha comprato adesso?
“L’ha presa un russo molto amico di Scaroni, il nome non me lo ricordo, è
uno di quelli difficili, da russo” (è Eduard Khudaynatov,
amministratore delegato della Rosneft, nda). A quanto? “Venticinque”.
''SEI UNO SPACCIATORE DI BUGIE'' - BOTTA E
RISPOSTA TRA BOBO CRAXI E PETER GOMEZ SU 'HAMMAMET'. PER IL GIORNALISTA,
NEL FILM MANCANO 'LE CASE A NEW YORK, A ROMA, A MADONNA DI CAMPIGLIO A
LA THUILE E SOLDI ALLA TV DI ANJA PIERONI, ALLA QUALE PASSAVA 100
MILIONI DI LIRE AL MESE'' - IL FIGLIO: ''NE RISPONDERAI IN TRIBUNALE. È
FINITA QUESTA STORIA CHE SPUTTANATE GRATIS. IL TUO ESERCITO STA IN
ROTTA''
''SEI UNO SPACCIATORE DI BUGIE'' - BOTTA E
RISPOSTA TRA BOBO CRAXI E PETER GOMEZ SU 'HAMMAMET'. PER IL GIORNALISTA,
NEL FILM MANCANO 'LE CASE A NEW YORK, A ROMA, A MADONNA DI CAMPIGLIO A
LA THUILE E SOLDI ALLA TV DI ANJA PIERONI, ALLA QUALE PASSAVA 100
MILIONI DI LIRE AL MESE'' - IL FIGLIO: ''NE RISPONDERAI IN TRIBUNALE. È
FINITA QUESTA STORIA CHE SPUTTANATE GRATIS. IL TUO ESERCITO STA IN
ROTTA''
-
Botta e risposta via twitter tra Peter Gomez e Bobo Craxi sul film 'Hammamet' con
Pierfrancesco Favino nei panni di Bettino Craxi. O meglio sul quel che
il film di Gianni Amelio ''omette'' di raccontare sul leader socialista.
''Craxi,
quello che non c’è nel film Hammamet: nelle sentenze la lista della
spesa delle tangenti, tra case a New York, a Roma, a Madonna di
Campiglio a La Thuile e soldi alla tv di Anja Pieroni, alla quale
passava 100 milioni di lire al mese'', è il tweet di Gomez che accende
la miccia postando un articolo del Fatto che entra nel dettaglio della
''lista della spesa delle tangenti, tra case a New York e soldi alla tv
dell’amante''. Pur sottolineando che siamo davanti a un film ''molto ben
recitato'', Gomez sottolinea come sia ''doveroso per chi fa
informazione raccontare pure il resto. È cronaca non una presa di
posizione politica''.
Il figlio di Bettino, Bobo, risponde a stretto giro intimando a Gomez di ''dimostrare
che l’elenco di quegli appartamenti fossero a disposizione sua o della
famiglia. Se non sarai in grado di dimostrarlo credo che il tribunale ti
condannerà per diffamazione. Peter, è finita questa Storia che sputtanate gratis. Il tuo Esercito sta in rotta''.
''Bobo
questo dice la sentenza - replica Gomez - Non lo devi dimostrare a me
ma ai giudici che l’hanno scritta è confermata nel processo All Iberian.
Si tratta del denaro, spiegano, gestito prima da Tradati e poi da
Raggio, che come noto fece sparire una parte notevole di quella
cinquantina di mld''.
Ma
Bobo Craxi insiste. ''No guarda. Tu ti presenterai in Tribunale con i
certificati di proprietà di immobili. Diversamente, come è naturale che
sia, vieni giudicato come uno spacciatore di bugie. Te l’ho detto, e mi
spiace perché sai che rispetto il tuo lavoro, questo modo di fare non
regge più. É finita''. Un aut aut a cui il direttore del Fatto on line
risponde: ''Mi presenterò con le sentenze che sono tutte correttamente
citate esplicitamente come fonte negli articoli del mio sito''.
VENT'ANNI DOPO...
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