Articolo
[ar-tì-co-lo]SIGN Parte variabile del discorso; elemento di suddivisione dei testi normativi; scritto giornalistico; tipo di mercanzia; elemento anatomico distino, specie da giunzioni; momento
voce dotta, recuperata dal latino [artìculus], diminutivo di [artus] 'articolazione, membro'.
Mai come per le parole che hanno una
simile quantità di significati è necessario afferrare bene l'immagine
fondamentale che li determina tutti.
In latino articulus è diminutivo di artus. La prima osservazione curiosa è che, se in italiano con 'arto' intendiamo parti del corpo come braccia e gambe, il significato centrale dell'artus latino è quello di 'articolazione, giuntura'. Al plurale descrive le membra - ed è molto intelligente la
sineddoche
per cui si descrive il braccio o la gamba come membro articolato.
Nell'articolo, invece, resta più lineare il nesso coi significati latini
originali: il nodo, la giuntura, il punto. Un nesso che fa cambiare il
sapore di quella che altrimenti resta una semplice carrellata di
significati.
Come parte variabile del discorso
(la, un e via dicendo), l'articolo ci si presenta in qualità di
determinante del sostantivo: un ginocchio, un gomito figurato che
arricchisce dinamicamente una parola con le più varie caratteristiche
semantiche; come elemento di suddivisione di testi normativi (art. 3
della Costituzione) diventa il nodo tematico di sviluppo di leggi e
regolamenti - e lo stesso vale quando è una suddivisione di capitoli contabili o di bilancio. Articolazioni delle membra di un corpo.
L'immagine - sintetizzabile in un
punto discreto - è tornata buona anche per nominare i testi in cui si
articola (!) il giornale - e in questo caso è un calco settecentesco
dall'uso inglese di 'article'. Mentre l'articolo quale genere di mercanzia
e singolo prodotto (sempre un nodo, sempre un punto figurato) è un
calco cinque-seicentesco dal francese 'article' (bacchettatissimo
nell'Ottocento). È tutto? Certo che no. In un registro
aulico significa anche 'momento': già in latino articulus
poteva descrivere un istante critico, ma il successo forbito di questo
significato si deve alla locuzione del latino ecclesiastico in articulo mortis, 'nel momento della morte', o meglio, 'nel momento in cui si ha certezza ineluttabile della morte'. Ma magari
si può parlare anche dell'articolo di festa, eh? E ovviamente, infine,
in biologia l'articolo definisce le parti distinte di un corpo
animale o vegetale, specie da giunzioni.
Una parola che squaderna e permette una ricchezza di pensiero davvero versatile.
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La parola del giorno è
Abdicare
[ab-di-cà-re (io àb-di-co)]SIGN Come transitivo, rifiutare; come intransitivo, rinunciare al potere sovrano, rinunciare a qualcosa
dal latino [abdicare] 'respingere, ripudiare,
rinunciare a una carica', composto di 'ab' [da] e [dicare] 'consacrare,
proclamare', intensivo di [dicere] 'dire'.
Questa parola ha un gusto aulico, ma
è tutt'altro che rara. Come le sue parenti 'dedicare' e (in un certo
modo) 'indicare', scaturisce da una variante intensiva del verbo latino dicere, cioè dicare, che aveva i significari di 'consacrare, annunciare solennemente'.
In italiano il verbo abdicare viene recuperato
come voce dotta dal latino nel Trecento, e dapprima - come transitivo -
ha avuto i significati di ripudiare, rifiutare. Un uso che oggi non è
dei più comuni, ma potremmo comunque parlare di come abbiamo abdicato
l'offerta di lavoro, di come abdichiamo l'avance. Solo nel Settecento
questa parola prende i tratti con cui oggi ci è più consueta,
acquistando così anche da noi il profilo
del rinunciare, in particolare al potere
sovrano (senso in cui è comunemente usata come intransitivo). Anche da
noi, perché questo uso ci torna per le combinate influenze di francese e
inglese, lingue in cui gli omologhi di 'abdicare' avevano questo senso
già dal Trecento e dal Cinquecento, rispettivamente.
Resta una parola molto intensa: fra
il rifiutare e il rinunciare il passo è breve, specie se lo consideriamo
nel grave, originale colore di una sconsacrazione, di una proclamazione
contraria. Leggiamo quindi della data in cui l'imperatore del Giappone
abdicherà formalmente, si vocifera della volontà di abdicare della
regina Elisabetta II del Regno Unito; e al di là dei poteri sovrani,
parlando comunque di cariche e posizioni di prestigio e responsabilità,
o anche
solo di diritti, si racconta di come l'imprenditore abdichi
all'amministrazione della società in favore del nipote, della sorpresa
che suscita l'abdicare a un'eredità o a un credito, di come la mamma abdichi alla cucina per il pranzo di Natale ora che i figli hanno imparato a
cucinare a regola d'arte - standosene con le zie in salotto a bere prosecco.
Una parola così ricca, e in cui il colore della sovranità è così versatile, che è davvero bello tirarla fuori dai soliti sentieri delle monarchie.
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