Monday, August 24, 2020

Testamento di Umberto Eco

Umberto Eco: 
'Come prepararsi serenamente alla morte. Sommesse istruzioni a un eventuale discepolo'
L'ironica lettera a un discepolo immaginario che il semiologo scrisse, per il nostro giornale, nel 1997



Non sono sicuro di dire una cosa originale, ma uno dei massimi problemi dell'essere umano è come affrontare la morte. Pare che il problema sia difficile per i non credenti (come affrontare il Nulla che ci attende dopo?) ma le statistiche dicono che la questione imbarazza anche moltissimi credenti, i quali fermamente ritengono che ci sia una vita dopo la morte e tuttavia pensano che la vita della morte sia in se stessa talmente piacevole da ritenere sgradevole abbandonarla; per cui anelano, sì, a raggiungere il coro degli angeli, ma il più tardi possibile.

Recentemente un discepolo pensoso (tale Critone) mi ha chiesto: "Maestro, come si può bene appressarsi alla morte?" Ho risposto che l’unico modo di prepararsi alla morte è convincersi che tutti gli altri siano dei coglioni.

Allo stupore di Critone ho chiarito. "Vedi," gli ho detto, "come puoi appressarti alla morte, anche se sei credente, se pensi che mentre tu muori giovani desiderabilissimi di ambo i sessi danzano in discoteca divertendosi oltre misura, illuminati scienziati violano gli ultimi misteri del cosmo, politici incorruttibili stanno creando una società migliore, giornali e televisioni sono intesi solo a dare notizie rilevanti, imprenditori responsabili si preoccupano che i loro prodotti non degradino l’ambiente e si ingegnano a restaurare una natura fatta di ruscelli potabili, declivi boscosi, cieli tersi e sereni protetti da un provvido ozono, nuvole soffici che stillano di nuovo piogge dolcissime? Il pensiero che, mentre tutte queste cose meravigliose accadono, tu te ne vai, sarebbe insopportabile.

Ma cerca soltanto di pensare che, al momento in cui avverti che stai lasciando questa valle, tu abbia la certezza immarcescibile che il mondo (sei miliardi di esseri umani) sia pieno di coglioni, che coglioni siano quelli che stanno danzando in discoteca, coglioni gli scienziati che credono di aver risolto i misteri del cosmo, coglioni i politici che propongono la panacea per i nostri mali, coglioni coloro che riempiono pagine e pagine di insulsi pettegolezzi marginali, coglioni i produttori suicidi che distruggono il pianeta. Non saresti in quel momento felice, sollevato, soddisfatto di abbandonare questa valle di coglioni?"

Critone mi ha allora domandato: "Maestro, ma quando devo incominciare a pensare così?" Gli ho risposto che non lo si deve fare molto presto, perché qualcuno che a venti o anche trent’anni pensa che tutti siano dei coglioni è un coglione e non raggiungerà mai la saggezza. Bisogna incominciare pensando che tutti gli altri siano migliori di noi, poi evolvere poco a poco, avere i primi dubbi verso i quaranta, iniziare la revisione tra i cinquanta e i sessanta, e raggiungere la certezza mentre si marcia verso i cento, ma pronti a chiudere in pari non appena giunga il telegramma di convocazione.

Convincersi che tutti gli altri che ci stanno attorno (sei miliardi) siano coglioni, è effetto di un’arte sottile e accorta, non è disposizione del primo Cebete con l’anellino all’orecchio (o al naso). Richiede studio e fatica. Non bisogna accelerare i tempi. Bisogna arrivarci dolcemente, giusto in tempo per morire serenamente. Ma il giorno prima occorre ancora pensare che qualcuno, che amiamo e ammiriamo, proprio coglione non sia. La saggezza consiste nel riconoscere proprio al momento giusto (non prima) che era coglione anche lui. Solo allora si può morire.

Quindi la grande arte consiste nello studiare poco per volta il pensiero universale, scrutare le vicende del costume, monitorare giorno per giorno i mass-media, le affermazioni degli artisti sicuri di sé, gli apoftegmi dei politici a ruota libera, i filosofemi dei critici apocalittici, gli aforismi degli eroi carismatici, studiando le teorie, le proposte, gli appelli, le immagini, le apparizioni. Solo allora, alla fine, avrai la travolgente rivelazione che tutti sono coglioni. A quel punto sarai pronto all’incontro con la morte.

Sino alla fine dovrai resistere a questa insostenibile rivelazione, ti ostinerai a pensare che qualcuno dica cose sensate, che quel libro sia migliore di altri, che quel capopopolo voglia davvero il bene comune.
E’ naturale, è umano, è proprio della nostra specie rifiutare la persuasione che gli altri siano tutti indistintamente coglioni, altrimenti perché varrebbe la pena di vivere? Ma quando, alla fine, saprai, avrai compreso perché vale la pena (anzi, è splendido) morire.

Critone mi ha allora detto: "Maestro, non vorrei prendere decisioni precipitose, ma nutro il sospetto che Lei sia un coglione". "Vedi", gli ho detto, "sei già sulla buona strada."


Pubblicata sull'Espresso il 12 giugno 1997

Saturday, August 22, 2020

IPOCORISTICO


La parola del giorno è
[i-po-co-rì-sti-co]
SIGN Vezzeggiativo, accorciamento di un nome di persona
dal greco [hypokoristikós], letteralmente 'che vezzeggia, che blandisce' derivato di [hypokorízomai] 'accarezzare, vezzeggiare'; derivato di [kóros], 'fanciullo', è letteralmente un 'parlare come un fanciullo'.
Quando si parla di nomi accorciati (Gigi per Luigi, Cecco per Francesco, Cami per Camilla e via dicendo), le parole più comuni a indicarli tendono a portarci subito su sfumature leziose, sminuenti o generiche, che non sono propriamente quelle a cui vorremmo sempre ricorrere.
Il nomignolo può anche essere slegato dal vero nome, e crea una caricatura più tornita aggrappandosi a particolari della persona e della sua storia, da come appare a che lavoro fa, fino a qualcosa che abbia combinato — come fa anche, in modo più staccato, il soprannome, e in maniera paludata fanno appellativi ed epiteti. Vezzeggiativo ha il pregio di parlarci di un'alterazione compiuta sul nome con un certo spirito di complicità, ma ha una dolcezza che non necessariamente intendiamo comunicare; diminutivo non calzerebbe, essendo che questi nomi non hanno necessariamente suffissi diminutivi. Calzerebbe abbreviativo, che però non spicca per particolare grazia, e non ha nulla che ci parli in sé di nomi di persona.
In questo panorama un po' scomodo si fa largo un'alternativa, attestata solo negli anni '50. Ipocoristico, sia aggettivo sia sostantivo. Si tratta di un recupero dal greco hypokoristikós, letteralmente 'che vezzeggia, che blandisce' derivato di hypokorízomai 'accarezzare, vezzeggiare'. Vi spicca kóros, 'fanciullo', e sarebbe quindi 'parlare come un fanciullo', letteralmente sottofanciullare. Resta un termine che ha un cardine di affetto, ma a differenza del vezzeggiativo questo affetto resta come mera spiegazione dell'abbreviazione, con una dolcezza smorzata dalla marmoreità greca. Infatti è un termine di matrice scientifica, che aveva già da decenni omologhi in francese e inglese.

Thursday, August 13, 2020

ODIO

ODIARE HUMANUM EST -  MELANIA RIZZOLI: “L'ODIO È RICONOSCIUTO COME UN DISTURBO MENTALE DELLA SFERA AFFETTIVA. OGNI UOMO IN DETERMINATE CIRCOSTANZE HA BISOGNO DI UN NEMICO, A CUI ADDEBITARE LE CATTIVERIE E LE PREPOTENZE IN CUI CI SI IMBATTE NELLA VITA QUOTIDIANA. COMPRENDERE QUESTA FINZIONE SCENICA IDEATA DALLA PSICHE È ESSENZIALE PER CAPIRE CHE SPESSO IL MALE ABITA DENTRO, E NON FUORI, PER NON ARRIVARE A FARSI POSSEDERE E SOPRAFFARE DALL'ODIO…”
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Melania Rizzoli per "Libero Quotidiano"
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Secondo Erich Fromm l'umanità è più propensa all'odio che all'amore, cioè l'uomo riesce più ad odiare che ad amare. La posizione del filosofo tedesco è sicuramente discutibile, ma è evidente che non si può criminalizzare l'odio, un sentimento nascosto in ognuno di noi e considerato dalla scienza naturale come l'amore.

Dal 27 luglio alla Camera dei Deputati si sta discutendo su una proposta di legge che mira a contrastare l'odio e la discriminazione contro l'orientamento sessuale e l'identità di genere, e molti sono stati i commenti negativi sulla minaccia alla libertà di espressione, che hanno parlato di misura liberticida, mentre l'intento della legge sarebbe quello di voler combattere quei reati che nascono dall'odio come gli atti di violenza. Ma la domanda è: può una legge contrastare l'odio, ovvero un sentimento violento che nasce da un disturbo dell'affettività?
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Perché di questo si tratta, in quanto l'odio è riconosciuto come un disturbo mentale della sfera affettiva, ed è considerato patologico, in quanto causa un'emozione non razionale di tipo ostile, focalizzata sul detestare e sul rivendicare, che comporta un desiderio profondo e duraturo di far del male a qualcuno o a qualcosa, misto a sensazioni di rifiuto, ripugnanza, contrarietà, intolleranza e soprattutto vendetta.

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Non va confuso con l'ira o la rabbia, che sono anch' essi disturbi dell'affettività ma si distinguono per essere momentanei e passeggeri, mentre l'odio è un sentimento astioso e rancoroso più "ruminato", cioè calcolato e rimuginato silenziosamente anche per lunghi periodi, represso e covato, che poi esplode in modo potente rivelando una aggressività maligna e distruttiva con un facile sconfinamento nella violenza e nel sadismo.

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Inoltre l'odio si differenzia dall'antipatia, dall'invidia, dall'avversione o da altre forme di giudizio negativo, poiché in queste manca la volontà di "far del male" o di "farla pagare", ovvero di comminare una sonora punizione all'oggetto odiato, anche se l'invidia può trasformarsi in odio quando si vuole che la persona odiata, per esempio, subisca qualcosa di negativo, come una malattia, un licenziamento o declassamento.

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la vendetta Per raggiungere il suo scopo spesso chi odia si sente in diritto di infrangere la legge ("mi faccio giustizia da solo") pur di punire la persona odiata poiché sente di agire nel giusto o comunque ritiene che l'eccezione sia valida per salvaguardare la propria persona e vendicarsi, ed in questi casi occorre valutare se il soggetto che odia sia equilibrato mentalmente o no, ovvero se una persona considerata equilibrata possa spingersi fino ad odiare, a punire ed a commettere reati.

L'odio potenzialmente risiede dentro ognuno di noi, emerge nel tragico ruolo dell'inconscio nella guerra dei conflitti, e la psichiatria lo considera comunemente in contrapposizione all'amore, in quanto i due sentimenti possono essere accostati per intensità ed impeto pur non essendo paritetici, mentre come sentimento intermedio tra i due, privo sia di punti positivi che negativi, troviamo l'indifferenza.
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Naturalmente esistono diverse forme di tale disturbo, ma quella più frequente è "l'odio reattivo", scaturito da un evento negativo, da una profonda ferita o da una situazione immutabile che rende impotenti e genera ostilità violenta, ma in molti casi però l'odio è una peculiarità del carattere, e risiede nella predisposizione di una persona ad essere ostile, come quegli individui che appaiono sempre arrabbiati e si relazionano solo in modo negativo, contestando ogni fatto od opinione diversa dalla loro, non accettando critiche od appunti sul loro comportamento e sul loro carattere.
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l'aggressività La psicanalisi gioca un ruolo di primaria importanza nella comprensione di tale sentimento, addirittura attribuendogli una posizione riparativa finalizzata alla neutralizzazione e sublimazione dell'aggressività ("mors tua vita mea") durante il conflitto tra conscio e inconscio, un confine spesso molto sottile e facilmente valicabile.

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L'odio, che trova comunque le sue radici nella frustrazione, nell'invidia, nella gelosia, nella competizione, nelle differenze sociali e nel desiderio di vendetta, non sempre alimenta stati emotivi che si impregnano di violenza, perché l'odio cosiddetto "freddo" è tipico delle persone che si limitano a tenere le distanze da quelle ritenute negative o repellenti, percepite come esseri inferiori da guardare con disprezzo e superiorità, che è caratteristico di chi cela bassa autostima, insicurezza, immaturità affettiva ed egocentrismo, e che per liberarsi delle proprie paure sfrutta l'indignazione, la furia verbale e niente di più.

In termini psicoterapeutici infatti coloro che tendono ad odiare proiettano sul mondo esterno i loro aspetti peggiori, quelli che non vorrebbero avere ma che abitano il profondo dell'inconscio, ombre che generano incubi e pensieri avversi, sentimenti torbidi e angosce che non si vogliono portare alla luce.
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Ogni uomo in determinate circostanze ha bisogno di un nemico, a cui addebitare regolarmente le cattiverie, le slealtà, le crudeltà e le prepotenze in cui ci si imbatte nella vita quotidiana, e comprendere questa finzione scenica ideata dalla psiche è dunque essenziale per capire che spesso il male abita dentro, e non fuori, per non arrivare a farsi possedere e sopraffare dall'odio.

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Chi odia comunque prova un sentimento forte, ed il paradosso è che l'odio non solo si alterna all'amore ma ne è parte integrante, indipendentemente dalla volontà, ("amare il proprio nemico"), poiché i due sentimenti sono destinati ad intrecciarsi in una inevitabile coessenzialità, ed ambedue sono in grado di incidere profondamente sugli stati d'animo, con la differenza che l'odio è un sentimento notevolmente inferiore all'amore, non è paritetico ma condannabile, perché sempre distruttivo e devastante.

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L'odio non più esistenziale invece, è quello che sfocia nella patologia, che si trasforma in un'idea ossessiva inseguendo la quale non si abbandona mai il tentativo di eliminare l'oggetto che si detesta, quasi fosse una liberazione, per cui il sentimento, non privo inizialmente di una sua nobiltà, muta in delirio.

Comunque quando compare, il sentimento dell'odio ha un carattere difensivo ed è impossibile reprimerlo, soprattutto dopo una forte ingiustizia, ma lo si può dominare e razionalizzare, ed è una emotività che fa parte del nostro Dna, della nostra espressività ("uno sguardo d'odio") che può arrivare a ritorcersi anche contro se stessi, fino a scaricare contro di sé tutta la sua forza distruttrice.

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senza passionalità L'odio moderno invece, quello digitale privo della passionalità succitata, per il quale è stata coniata la locuzione "hate speech", oggi trova spazio attraverso i mezzi di comunicazione di massa, soprattutto attraverso la rete Internet, la cui caratteristica è la disinibizione, ovvero la facilità con cui si postano messaggi di odio incentivati dalla sensazione di anonimato, dalla permanenza perenne dei commenti depositati nel web, dall'amplificazione della portata del messaggio negativo e dalla difficoltà di rimozione e censura, per cui è emerso un fenomeno sociale di diffusione di vastissime frange di odio, che si scatenano non solo su temi tradizionali, politica, sessualità, razzismo o religione, ma si allargano su contesti sempre più variabili e imprevedibili, che sovente scatenano un'ondata di commenti carichi di odio, verso persone che non si conoscono nemmeno, e con le quali non si è avuta mai alcuna relazione, ma delle quali si è invidiosi, gelosi e rancorosi per la loro visibilità.
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L'essere umano è pressoché l'unica specie che aggredisce, violenta e prova piacere nel fare del male, ma alla lunga l'odio non rende soddisfazione, perché è rozzo e ignorante, non controllabile dalla ragione, fa soffrire, è corrosivo, ed oltre che stupido è spesso inutile a risolvere i problemi che lo hanno provocato.

Tuesday, August 11, 2020

WhatsApp LINGUAGGIO

“NO VABBÈ, QUEL GIARGIANA MI HA FRIENDZONATO” - SLANG, REGIONALISMI, ACRONONIMI, FORESTIERISMI, CITAZIONI DA SERIE TV O FUMETTI: È IL LINGUAGGIO GERGALE CON CUI SI COMUNICA SU WHATSAPP O TRA AMICI, RACCOLTO DAL DIZIONARIO DI STRADA “SLENGO” - DA “A BOLLA” A “LURKARE” FINO A “SQUARARE”, LA LISTA
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Andrea Cuomo per “il Giornale”

Quanti sono i morti di Covid oggi? Boh, diciassei... In metro mettiti la mascherina, fbl! Oh, gliel'hai proprio toccata piano, eh. Tokyo che passa gente! Ho passato quattro giorni a guardarmi tutte le puntate della casa di carta... Prdqp, eh?
SLANG GIOVANILE SLANG GIOVANILE

Dialoghi nemmeno troppo immaginari tra giovani nemmeno troppo giovani, in città nemmeno troppo metropolitane. Parole che mischiano slang, regionalismi, acrononimi, forestierismi, citazioni da serie tv o fumetti, e che compongono il nostro vocabolario quotidiano, quello vero, quello con cui comunichiamo su Whatsapp o tra amici, quello che se ci sentisse la nostra prof d'italiano, quella con il tailleur colore verde marcio, ci boccerebbe ex post, ma per fortuna non si può.

Parole ed espressioni raccolte da Slengo, il dizionario «di strada» online (slengo.it) che possiamo consultare e anche scrivere. Proviamo a comporre un breve vocabolario «di spiaggia» con le parole di Slengo.

A BOLLA
Dal gergo edile, tutto a posto. «Hai portato la mascherina?». «Sì, tutto a bolla».
SLANG GIOVANILE SLANG GIOVANILE

ANFATTI
Storpiatura romanesca di «infatti», indica una adesione annoiata a ciò che dice l'interlocutore. «Certo che dopo il lockdown non è cambiato niente, sono tutti al mare». «Anfatti...».

ASCIUGARE
Parlare a lungo di cose poco interessanti. «Giorgio mi ha fatto un asciugo...»

BACCAGLIARE
Flirtare o corteggiare. «Mi ha baccagliato tutto il tempo».

BAGGATO
Che sta poco bene. «Oggi sto baggato, se va avanti così mi farò un tampone».

CCCM
Acronimo di c'è chi c'è morto. «Mi faccio un tuffo». «Ma se hai appena mangiato, CCCM!».

SLANG GIOVANILE SLANG GIOVANILE
DA GARA
Al massimo delle potenzialità. «Belle scarpe, da gara!».

DÀJE
Incitamento romanesco, ormai utilizzato ovunque e in ogni circostanza. «Ce la possiamo fare, dàje».

EDGY
In inglese provocatorio, d'avanguardia. «Come mai ascolti solo musica così edgy?».

FRIENDZONARE
Relegare nel ruolo di amico qualcuno che nutre ben altri interessi per te.

SLANG GIOVANILE SLANG GIOVANILE
 
GIARGIANA
Un non milanese, qualcuno che arriva dalla provincia e quindi è perennemente inadeguato e goffo.

HYPE
L'attesa prodotta (non sempre a ragione) dall'uscita di una serie, di un film, di un prodotto tecnologico. «L'hype per il nuovo iPhone è pazzesca».

LURKARE
«Spiare» i contenuti di una comunità online senza contribuire, comportamento questo considerato nella netiquette irrispettoso e perfino losco.

MAINAGIOIA
Scoramento dopo l'ennesima delusione.

MECOJONI
Termine romanesco ormai diffuso in tutta Italia che indica stupore. È l'altra faccia dell'ormai ubiquo sticazzi.
linguaggio e pensiero linguaggio e pensiero

NO VABBÈ
Espressione usata quasi come un intercalare, per intendere lieve stupore. «No vabbè, sai chi mi ha richiamato? Il mio ex».

ONESTO
Giusto, corretto, che ci sta. «Alla fine sono uscito con Giulia». «Onesto».

PACCARE
A Milano dare buca, a Roma fare petting. I due significati naturalmente non possono essere contemporanei.

PISCIARE
Anche in questo caso dare buca a una persona o a un evento. L'altro significato è superfluo spiegarlo.

QUARTOGGIA
Situazione losca e potenzialmente pericolosa, dalla contrazione del quartiere milanese Quarto Oggiaro.

RIP.
«Rest in peace» in inglese. Usato ironicamente come espressione di cordoglio per qualsiasi sfortuna.
i social e il linguaggio i social e il linguaggio

SQUARARE
Comprendere qualcosa che non si sarebbe dovuto sapere. «Volevo nascondere a Fabio che ho visto Marta con un altro ma lui se l'è squarata».

TANTA ROBA
Commento di ammirazione estrema per qualsiasi cosa. «Oh, sta musica è tanta roba».

UNA CERTA
S' intende una certa ora e comunica l'intenzione di andarsene. «Ragazzi, s' è fatta una certa, me ne vado».

dialetto dialetto
VECIO
Termine veneto che sta diffondendosi in tutta Italia per indicare con affetto un amico. «Ciao, vecio!».

ZERODUE
Si sottintendono i secondi. Indica qualcosa che si desidera a tal punto da farlo immediatamente. «Appena esce lo compro in zerodue».

A proposito: diciassei è chiaramente un numero immaginario che indica una quantità indefinita; fbl è l'acronimo di fà ballà l'oeucc, che in milanese vuol dire fai attenzione; passarla piano in gergo calcistico vuol dire, ironicamente, sparare una bomba; Tokyo non è la capitale del Giappone ma una storpiature di: occhio! Prdqp è l'acronimo di: poche ragazze da quelle parti, come a dire, non avevi niente di meglio da fare. Appunto.