Wednesday, November 27, 2019

incondito bigotto

[in-còn-di-to]
SIGN Privo di grazia, scomposto, grossolano
voce dotta recuperata dal latino tardo [inconditus] 'scomposto, disordinato', derivato di [cònditus], participio passato di [còndere] 'ordinare, comporre', con [in-] negativo.
Davanti a questa parola si hanno tutta l'emozione e le perplessità che si possono avere davanti a una parola ricercata, dotta, letteraria (che significato penetrante, ma la userò mai?). Eppure alcuni suoi parenti li conosciamo bene: qualcuno addirittura fa parte del nostro lessico fondamentale, e alla fine l'incondito è una parola più nostra di quanto ci potrebbe parere di primo acchito.
Il verbo latino còndere era (è) un verbo enorme. Un suo significato famoso è quello di 'fondare una città' 


[a-ne-stè-ti-co]
SIGN Che riguarda l'anestesia; di farmaco, che abolisce la sensibilità al dolore; che calma un dolore
da [anestesia], che è dal greco [anaisthesía] 'mancanza di sensazione', derivato di [áisthesis] 'sensazione', con [an-] privativo.
Il trattamento estetico ci rende più belli (forse), invece quello anestetico serve a levarci la sensibilità al dolore, e solo talvolta ci rende più brutti (come quello che facciamo dal dentista e che ci lascia la bocca storta per qualche ora). Perché, qual è il rapporto fra 'anestetico' ed 'estetico'? Rispondendo a questa domanda si possono capire meglio entrambe le parole, parenti che hanno preso strade molto diverse: una si è iscritta a medicina, l'altra a filosofia.
L'anestetico fa la sua comparsa in italiano tardi; in quegli anni la capitale del Regno è Firenze. Ma era già da una cinquantina d'anni che si parlava di anestesia, ossia dell'eliminazione temporanea della sensibilità al dolore 


[bi-gòt-to]
SIGN Chi, che mostra una religiosità esteriore, acritica e intransigente
attraverso il francese [bigot], dall'esclamazione normanna [bî Got] 'per Dio'.
Bigotto, bacchettone, beghino, baciapile, pinzochero, collotorto, paolotto, picchiapetto, leccasanti, spigolistro. Al solito, il lessico dell’ingiuria è decisamente prolisso. Ma tra tanti epiteti, nessuno che associ una religiosità più ostentata che intimamente vissuta al fatto di portare i baffi. Pertanto, imbattendoci nella parola spagnola bigote, che significa appunto “baffi”, diamo per scontato che l’assonanza col nostro bigotto sia puramente casuale. Ma che gusto ci sarebbe, se così fosse?

OSCURANTISMO CINICO


L’orda barbarica dei nuovi cinici. Un patto semi-inconscio lega bugiardi e ingannati. Il tramonto della verità secondo il filosofo Sloterdijk

di Carmine Castoro
Cultura
Peter Sloterdijk
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Quando c’è una deliberata volontà di ingannare il prossimo e di seminare il suo percorso conoscitivo di inciampi e sprofondi siamo di fronte alla classica bugia. Ma l’uomo è anche naturalmente preda di un regime delle apparenze che lo allontana spesso dall’apprensione della verità: questo è l’errore, nel senso del cammino erratico senza un porto, senza un traguardo saldo, garantito invece da ancoraggi metafisici di cui, nei credi religiosi e teo-politici, si fanno portavoce i “pochi”, gli eletti, quelli pronti ad immolarsi per riportare in terra la luce della rettitudine e dell’obbedienza all’Eterno.
Ma poi c’è un terzo livello, un patto semi-inconscio che unisce il mendace e l’ingannato, in una spasmodica ricerca di “idoli suggestivi” che convergono in “illusioni edificanti”. Ecco avanzare “l’onda dell’oscurantismo cinico” che fa a meno di ogni utopia, usa ogni frusta per imporre modelli che si elidono a vicenda e la spregiudicatezza amorale meno incline al dubbio solo per affermare se stesso in una lotta continua al sistema fintamente impavida, ma in fin dei conti auto-protettiva e auto-remunerativa.
Dobbiamo a Peter Sloterdijk, una delle personalità filosofiche contemporanee più eminenti a livello mondiale, e a questo suo nuovo gustosissimo pamphlet Falsa coscienza. Forme del cinismo moderno (Mimesis, pagg. 58, euro 5), l’icastica trigonometria che ci fa scremare il tema generalista e sdoganato del fake trovando sedimentazioni storiche e teoretiche interessantissime, già anticipate sin dagli anni ‘80. Se è vero, insomma, che il popolo vuole essere ingannato, lo farà oggi predisponendosi a qualsiasi pseudo-certezza che gli arrivi dall’alto di governanti senza morale.
E anche dal basso di una forza sfrontata, ugualmente priva di idealismi e sensi di colpa, che sa di sopravvivenza in un’epoca che Sloterdijk vede segnata dalla retorica terroristica, dall’ondata delle fosforescenze internettistiche dove “essere e presenza mediatica” sono tutt’uno e “il valore di verità di un contenuto postato on line è inversamente proporzionale al numero dei suoi recettori”, e da un populismo dilagante che assolve tutti dal parlare e dal rivendicare senza regole precise. Per cieca rabbia. Deposti i saperi figli del periodo fra le due Guerre dove il “nemico” c’era ed era oggettivo, il Cinismo scende in campo e si auto-pone con la follia del rivoluzionario, la trascendenza parodistica del surrealista e la volontà di potenza dell’impostore senza scrupoli e senza missioni. Vi viene per caso da pensare a qualche ducetto mangia-nutella o a qualche tele-santa del gregge realitystico?

Tuesday, November 26, 2019

GRIMORIO RESTIO ZECCA...

[gri-mò-rio]
SIGN Libro magico, manuale per evocare demoni e spiriti; libro esoterico
probabilmente attraverso l'inglese, dal francese [grimoire], da [grammaire] 'grammatica', ma anche 'incantesimo'.
Parola fra le più serie, e auliche, e forte di una suggestiva storia millenaria... ma non in italiano. Può stupire, ma non si trova registrata sui dizionari, e il suo uso, oggi largo e diffuso, non ha più di una ventina d'anni, con qualche sporadico precedente in traduzioni dall'inglese e dal francese


[re-stì-o]
SIGN Di animale da tiro o da soma, che non vuole procedere; di qualcuno, che è riluttante a fare qualcosa
dal latino [restare] o [resistere].
Questa parola ha una sorte interessante. Infatti i caratteri dell'immagine da cui parte vengono profondamente trasformati nell'uso che ne facciamo di solito.
È una voce ereditaria, che ci arriva per via popolare dall'antico latino parlato. Si tratta probabilmente del risultato di una derivazione alterata da restare o, secondo alcuni, da resistere.


[zéc-ca]
SIGN Acaro ematofago vettore di diverse malattie; stabilimento statale dove si stampano banconote, si coniano monete, si producono valori bollati
nel primo significato, dal longobardo [zëkka], legato ad una radice di ceppo germanico occidentale [tik] che significa ‘pungere’; nel secondo dall’arabo [sikka] che significa ‘conio, stampo per battere monete’.
Di zecche ne esistono due. La prima è perniciosa e minuscola ed il suo nome proviene dal longobardo zëkka e se la trovi addosso al tuo cane bisogna far bene attenzione a staccarla con delle pinzette speciali. La sua prima attestazione in italiano risale al XIII secolo. Interessante notare come in tedesco la parola sia così simile a quella italiana, zecke. C’è questa radice germanica, tik, che è associata al verbo ‘pungere’ e che ha avuto un’interessante diffusione: ha dato infatti vita a zecke in tedesco, zecca in italiano, tique in francese, tick in inglese; non stupisce, visto che nel passato questo minuscolo essere è stato causa di alcuni dei più micidiali flagelli come il tifo, la febbre tifoide, encefaliti… tutte le lingue unite contro quel fatale morso della creaturina ematofaga! La seconda zecca, invece, riguarda il denaro e, come molti termini antichi legati al commercio e agli scambi, ha origine araba. La sua radice è s – k – k
Questa parola in particolare è entrata in italiano grazie alla dominazione araba in Sicilia: già in documenti del XIII secolo compare infatti il termine ‘sicla’, usato per indicare l’edificio dove si battevano monete. Il passo da ‘sikka’ a ‘sicla’ è ancora sotto esame da parte degli accademici, in ogni caso la parola si diffuse piano piano nella penisola, salendo in latitudine fino ad arrivare in Toscana nel XIV secolo. Oggi la usiamo sia per indicare il luogo fisico dove il denaro è prodotto, sia in espressioni un po’ cristallizzate come ‘nuovo di zecca’ o ‘oro zecchino’. Lo zecchino fu una moneta d’oro battuta a Venezia, 


[sìl-lo-ge]
SIGN Antologia di scritti significativi di uno o più autori; raccolta di scritti scientifici in onore di un autore
voce dotta recuperata dal greco [syllogé] 'raccolta', derivato di [syllégo] 'raccogliere insieme', composto da [syn] 'insieme' e [légo] 'raccogliere'.
Questa parola appartiene a un registro davvero molto elevato. In realtà è in buona compagnia di sinonimi aulici — dal florilegio alla crestomazia — ma rispetto a questi, che sono tutto sommato desueti, si è ricavata delle nicchie molto interessanti.


[ca-sti-ga-màt-ti]
SIGN Strumento che punisce con efficacia e rimette in riga, specie un bastone; persona che con dura autorità sa piegare all'obbedienza
composto dall'imperativo di [castigare] e da [matto].
Nel leggere i significati di questa parola sorgono delle perplessità. Il riferimento ai matti è evidente, quindi il fatto che moltissimi dizionari, anche di pregio indiscusso, affermino che in primis si tratta del bastone che veniva usato nei manicomi per domare