Thursday, April 30, 2020

doxa

Episteme & Doxa




Quando GiusHappy Conte, in versione intellettuale della Magna Grecia, si è inerpicato sulle pareti della speculazione filosofica per illustrare la superiorità dell’Episteme rispetto alla Doxa, nell’aula di Montecitorio c’è stato un momento di comprensibile panico. A Salvini, per la tensione, si è addirittura oscurata la mascherina. Qualcuno tra i più colti avrà pensato che Doxa fosse il cognome di una cantante, ma nel dubbio tutti hanno applaudito. Tale doveva essere la sorpresa che non ci si è fermati troppo a riflettere sul contesto. E cioè che a criticare la Doxa, la volatile opinione comune, era un politico indicato dal movimento che sull’esaltazione della Doxa ha costruito le sue fortune. E che l’elogio dell’Episteme, la solida conoscenza degli esperti, si riferiva a una vicenda, quella del virus, in cui gli esperti non hanno fatto una grande figura, mostrandosi in disaccordo su tutto e con tutti, a volte persino con sé stessi.

Nessuno intende farne loro una colpa, forse le nostre aspettative erano troppo alte. Ma c’è un limite anche all’incoerenza e a superarlo è stato uno dei capi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quando ieri ha elogiato pubblicamente gli svedesi per avere affrontato la pandemia senza mai chiudersi in casa, dopo che a noi per due mesi era stato intimato di tenere il comportamento esattamente contrario. Cornuti e mazziati, per dirla con Aristotele. E questa non è Doxa, ma Episteme di quelle furenti.


ENRICO LETTA TWITTA: “LE FRONTIERE NON HANNO BLOCCATO IL VIRUS. COSÌ COME LA POLLUZIONE”. L'IDEA ERA QUELLA DI PRENDERSELA CON L'INQUINAMENTO (DALL'INGLESE “POLLUTION”). MA IN ITALIANO PER POLLUZIONE SI INTENDE “L'EIACULAZIONE SPONTANEA E INVOLONTARIA CHE HA LUOGO DURANTE IL SONNO”…

Wednesday, April 29, 2020

congiunti


CONGIUNTI? PAROLA ALLA CRUSCA! IL PRESIDENTE DELL’ACCADEMIA CLAUDIO MARAZZINI: “CREDO SIA STATO UTILIZZATO APPOSITAMENTE UN TERMINE UN PO’ VAGO, CHE POSSA ESSERE DILATATO O RISTRETTO A SECONDA DELLE INTERPRETAZIONI” – “ANCHE AFFETTO STABILE RESTA NELL’INDETERMINATO. TUTTO CIÒ CHE È AVVENUTO ATTORNO AL CORONAVIRUS HA SCATENATO TSUNAMI LINGUISTICI. LO STESSO TERMINE LOCKDOWN POTEVA ESSERE TRADOTTO CON…”
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CLAUDIO MARAZZINI CLAUDIO MARAZZINI

conte meme conte meme
 
Il termine 'congiunto'? “Credo che sia stato utilizzato appositamente un termine un po' vago che possa esser dilatato o ristretto a seconda delle interpretazione”. A parlare è Claudio Marazzini, presidente dell'Accademia della Crusca, che oggi è intervenuto alla trasmissione di Rai Radio1 Un Giorno da Pecora, condotta da Giorgio Lauro e Geppi Cucciari
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meme sui congiunti 1 meme sui congiunti 1

E cosa ne pensa della definizione di affetto stabile? “Resta tutto nell'indeterminato. Tutto ciò che è avvenuto attorno al Coronavirus ha scatenato degli tsunami linguistici, sono entrate le parole straniere più stravaganti”.


conte meme conte meme 
 

Quali, ad esempio? “Lo stesso termine lockdown che ora è diventato molto famigliare, ma che ad esempio spagnoli e francesi non hanno utilizzato”. In Italiano come lo avremmo potuto tradurre? “Con confinamento, esattamente come hanno fatto, nella loro lingua, spagnoli e francesi”. Come valuta l'italiano del premier Giuseppe Conte in queste ultime comunicazioni? “E' discreto, si può sempre fare peggio”, ha detto a Rai Radio1 Marazzini.

meme sui congiunti e affetti stabili meme sui congiunti 



MA INSOMMA, ‘STI CONGIUNTI, CHI SONO? – GRAMELLINI: “UNA COSA SOLA È SICURA: A GIUDICARE DALLA SCARSA ATTENZIONE ANCORA UNA VOLTA LORO RISERVATA, ANCHE NELLA FASE DUE I FIGLI ANDRANNO CONSIDERATI DISGIUNTI” – SEBASTIANO MESSINA: “SE IL FIGLIO VORRÀ FAR INCONTRARE NONNI E NIPOTI FARÀ BENE A SCAGLIONARE LE VISITE. UNO ALLA VOLTA. REGOLA CHE VALE, SI CAPISCE, ANCHE PER I FIDANZATI”



1 - I SENTIMENTI AUTOCERTIFICATI

Sebastiano Messina per “la Repubblica”


OLIVIA PALADINO E GIUSEPPE CONTE OLIVIA PALADINO E GIUSEPPE CONTE giuseppe conte meme7 giuseppe conte meme7

Non sappiamo se a convincerlo sia stata la sua fidanzata, Olivia Paladino - che secondo la norma da lui stesso scritta non avrebbe potuto rivedere neanche con l' autocertificazione, visto che i due vivono in case separate - o se sia stata la sollevazione generale del web contro il permesso benignamente concesso di far visita ai «congiunti» ma non agli innamorati, ai compagni e ai promessi sposi. Fatto sta che dopo 20 ore Giuseppe Conte ha fatto marcia indietro e ha annunciato al popolo rumoreggiante che «le coppie di fatto, i fidanzati e gli affetti stabili vengono assimilati ai congiunti».


meme sui congiunti meme sui congiunti

Saggia decisione, e forse inevitabile, visto che non si trovava nessun giurista disposto a sostenere che il governo avesse il potere - e con un semplice decreto che non passerà né dal Quirinale né dal Parlamento - di tracciare il confine legale tra la famiglia ufficiale e quella di fatto, ammettendo l' incontro con la zia ma vietando quello con la morosa.


giuseppe conte a bergamo con mascherina giuseppe conte a bergamo con mascherina

Adesso però c' è grande attesa per la circolare applicativa, visto che resta fermo anche per i fidanzati il chiarissimo obbligo previsto dall' articolo 1, lettera A, di rispettare nei loro incontri «il distanziamento interpersonale di almeno un metro» e di utilizzare sempre «protezioni delle vie respiratorie». Non è necessario spiegare perché, ma è purtroppo prevedibile una generalizzata tentazione - sentendosi protetti dalle mura di casa - di infrangere queste regole, avvicinandosi l' un l' altro a meno del metro regolamentare e addirittura spogliandosi della preziosa mascherina. Ponendo il presidente del Consiglio - egli stesso soggetto a queste tassative limitazioni - di fronte a un dilemma cornuto: chiudere un occhio o mandare i droni a spiare dietro le finestre.
sebastiano messina (1) sebastiano messina (1)


meme sui congiunti 1 meme sui congiunti 1

Non è chiaro se abbiano diritto a incontrarsi quelli che su Facebook si definiscono «in una relazione complicata», né quante settimane debbano essere trascorse dal primo appuntamento prima che si possa legittimamente parlare di «affetti stabili». È certo invece che gli amanti resteranno fuorilegge.


meme giuseppe conte meme giuseppe conte

Gli adulteri, che fino al 3 dicembre 1969 erano puniti dall' articolo 559 del codice penale italiano con due anni di carcere, dopo mezzo secolo di tolleranza legalizzata sono adesso soggetti a un tassativo divieto preventivo, non potendo autocertificare uno status che per sua natura è clandestino, e perciò rischierebbero di essere inseguiti da un elicottero agli ordini della sindaca Raggi o da una coppia di vigili motociclisti di Rimini.
LA CONFERENZA STAMPA DI GIUSEPPE CONTE LA CONFERENZA STAMPA DI GIUSEPPE CONTE


giuseppe conte stappa giuseppe conte stappa

Solo i congiunti, dunque (più i fidanzati e gli affetti stabili, d' accordo). Ma chi sono, per la legge, questi congiunti? Vengono citati solo nell' articolo 307 del codice penale, e non per delimitare la sfera familiare ma per specificare chi non può essere condannato per favoreggiamento chi dà rifugio «al componente di una banda armata», nientemeno. Ecco la lista completa: «S' intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un' unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole».


CONGIUNTI E AFFETTI STABILI CONGIUNTI E AFFETTI STABILI giuseppe conte meme giuseppe conte meme

Aggiungendovi gli «affetti stabili», potremo dunque finalmente incontrarli. Attenzione però, ha precisato Conte con il tono di un preside che avverte degli scolaretti indisciplinati: «Non si potranno organizzare party privati», né dar luogo ad «assembramenti di persone», espressione che fa venire il dubbio che si infranga la legge già con la contemporanea presenza nella stessa stanza di tre persone, e dunque se il figlio vorrà far incontrare nonni e nipoti farà bene a scaglionare le visite. Uno alla volta. Regola che vale, si capisce, anche per i fidanzati.



2 - CONGIUNTI E DISGIUNTI
MASSIMO GRAMELLINI MASSIMO GRAMELLINI

Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera”
AUTOCERTIFICAZIONE FAKE CON I CONGIUNTI E GLI AFFETTI STABILI AUTOCERTIFICAZIONE FAKE CON I CONGIUNTI E GLI AFFETTI STABILI

Era immaginabile che un governo dove alcuni ministri hanno problemi con il congiuntivo potesse inciampare sulla parola successiva del dizionario: congiunto. Vocabolo antico, ma per nulla caloroso, che odora di burocrazia e sembra inadatto a circoscrivere quel gomitolo di relazioni dentro al quale ci muoviamo ogni giorno.



Dell' imminente fase due, in cui ci sarà concesso uscire di casa per meglio apprezzare le gioie del ritornarci, l' incontro con «i congiunti» rappresenta il momento-clou, la novità più preziosa e fumosa. Ma chi sono le persone care a cui, opportunamente mascherati, ci potremo di nuovo accostare?
giuseppe conte meme giuseppe conte meme



Soltanto i parenti stretti, alcuni dei quali sopportiamo già a stento nelle feste comandate?
ricerche google congiunti ricerche google congiunti

Saturday, April 25, 2020

CORONAVIRUS - lucangeli



 Scuole e Fase 2, nella task force della ministra Azzolina anche la padovana Daniela Lucangeli

Scuole e Fase 2, 

nella task force della ministra Azzolina anche la padovana Daniela Lucangeli

Professore ordinario in Psicologia dell'educazione e dello sviluppo all'Università di Padova, Daniela Lucangeli fa parte della commissione straordinaria chiamata a studiare un piano nazionale per la riapertura delle scuole




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Daniela Lucangeli

Cari prof, concentratevi sul vostro compito: essere la differenza per i ragazzi

 

«Gli insegnanti smettano di trattare gli alunni come contenitori vuoti da riempire con schede, compiti, messaggi e materiali fino tarda sera. Anziché affannarsi e consumarsi nella ricerca di piattaforme e slide dagli effetti strabilianti, tornino a concentrarsi sulla loro funzione primaria che è quella di aiutare, sostenere e accompagnare i bambini e i ragazzi nel loro percorso di sviluppo personale, infondendo loro curiosità verso le cose della vita e fiducia nelle proprie capacità». Sollecitata dai tanti e talvolta confusi tentativi di didattica a distanza, Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo e prorettrice dell'Università degli Studi di Padova, ne approfitta per lanciare un messaggio ai docenti: «Che voi siate l’insegnante che accoglie gli alunni in classe o quello che compare tramite uno schermo al tempo del Coronavirus, ricordate che voi siete coloro che possono fungere da differenziale di sviluppo, il che vuol dire che potete fare la differenza nel sostenere i ragazzi nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto». E quello che stiamo vivendo, dice, è uno di quelli.
«In questi giorni i ragazzi hanno una paura tremenda, sono smarriti, in ansia, hanno perso i contatti con il loro gruppo, la loro routine è stavolta. Quello di cui hanno più urgenza è di essere sostenuti e rassicurati, non ulteriormente angosciati e terrorizzati dalla paura di rimanere indietro, che il computer non funzioni, che la connessione salti, che il compito non arrivi per tempo».
Ma cosa possono fare concretamente una maestra o un professore per aiutare i propri alunni, in un momento in cui non è possibile stare vicini, fisicamente, in cui ogni forma di contatto e di abbraccio è bandita? «Può ricordarsi che l’abbraccio non è solo fisico, ma anche psicologico, simbolico… Basti pensare che lo sguardo può abbracciare e la voce, con la sua intonazione, può fare altrettanto. Provate a immaginare – aggiunge – la potenza emotiva di una frase pronunciata con la voce calda, rassicurante, famigliare ed empatica di un insegnate che dice “Lo so che sei preoccupato, lo sono anche io. Con questo messaggio voglio dirti che io ci tengo a te, che tu sei importante, e che non ti lascerò solo, perché insieme abbiamo iniziato un cammino di conoscenza e di sapere”. Sarebbe come una carezza per l’anima, balsamo su una ferita».
E nel frattempo, come si possono mandare avanti le attività e i programmi? L’esperta raccomanda agli insegnanti di non trasformare il mezzo della didattica a distanza «in una sorta di diario tecnologico», pieno zeppo di compiti da fare o prestazioni da soddisfare. «Lascerei da parte i comandi di natura prettamente esecutiva, del tipo “Io ti do i compiti, tu li fai, me li mandi, io li correggo e ti do un voto”, perché altrimenti si amplifica un errore, già molto comune nella nostra scuola, che è quello di “ingozzare” gli alunni. Da questo tipo di didattica – aggiunge – io mi sento di dover fortemente prendere le distanze».
E poi c’è poi un’altra cosa che potrebbero fare gli insegnanti. «Io li inviterei a curare e, se possibile, ampliare, l’aspetto narrativo dei loro interventi, affinché il dialogo con gli alunni sia davvero un dia-logos come lo intendevano i greci: non una parola che è monopolio di uno solo, ma una parola che acquista il suo significato nell’interazione e nello scambio tra insegnanti e bambini». La metafora che usa Lucangeli è quella del telefono senza fili: «Come in un telefono senza fili amplificato, le maestre e i maestri potrebbero, con maturità e consapevolezza, scegliere insieme agli studenti alcuni argomenti su cui ragionare e riflettere, preferendo quelli che favoriscano l'acquisizione di nuove esperienze e di nuove conoscenze anche in futuro. Questo processo di collaborazione e co-costruzione consentirebbe di intrecciare e includere le curiosità, gli interessi e le competenze di tutti i membri della classe. Affinché la somma di tanti “io” si trasformi in “noi” e nessuno sia lasciato da parte».
«Non mi sentirei – prosegue – di incoraggiare un modello in cui l’insegnante fa il suo lungo monologo e poi interrompe le comunicazioni fino al giorno successivo. Così come, al contrario, non mi sentirei di suggerire che tutti gli alunni si connettano e dialoghino contemporaneamente per due ore. Sarebbe non solo molto confusionario, ma anche inefficace». Dal punto di vista pratico, per Lucangeli, sarebbe più sensato se si creassero dei micro gruppi, anche sul cellulare (che è un strumento comune in tutte le famiglie, al contrario di un pc) in cui l’insegnante, per una mezz’oretta, quarantacinque minuti, possa spiegare, dialogare e rispondere alla domande degli alunni. «Facendo in modo che il tempo trascorso davanti ad uno schermo sia un tempo dedicato, non sprecato, non abusato, ma finalizzato alla co-costruzione di un sapere condiviso». Perché, ricorda, «i rischi generati dall’uso sconsiderato della tecnologia non spariscono solo perché c’è il coronavirus».
Infine, per sostenere il compito degli educatori e degli insegnanti che oggi si trovano a dover affrontare tante difficoltà, Lucangeli ricorda una frase del celebre pedagogista sovietico Vygotskij: “Diventiamo noi stessi attraverso gli altri”. «Ecco, questo pensiero deve ricordarci, cari insegnanti e educatori, che con il vostro lavoro avete delle enormi responsabilità ma anche immense potenzialità». Perché, conclude, «in ogni istante della vostra azione educativa voi state lasciando un segno in una persona che sta costruendo non soltanto un bagaglio di nozioni e procedure, ma il proprio sé, la propria intelligenza, la struttura del suo pensiero, l’organizzazione del suo sentire e la percezione del proprio talento. Abbiatene cura con consapevolezza. Anche quando fate scuola tramite una webcam».
Cari prof, concentratevi sul vostro compito: essere la differenza per i ragazzi
19 marzo 2020

«Gli insegnanti smettano di trattare gli alunni come contenitori vuoti da riempire con schede e compiti», dice Daniela Lucangeli commentando una certa declinazione della didattica a distanza a cui assistiamo in questi giorni confusi. I ragazzi oggi hanno urgenza di essere sostenuti e rassicurati: «Voi potete fare la differenza nel sostenere i ragazzi nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto. Anziché fare monologhi di un’ora, meglio organizzare dei micro gruppi, così che il tempo trascorso davanti a uno schermo sia un tempo dedicato».

«Gli insegnanti smettano di trattare gli alunni come contenitori vuoti da riempire con schede, compiti, messaggi e materiali fino tarda sera. Anziché affannarsi e consumarsi nella ricerca di piattaforme e slide dagli effetti strabilianti, tornino a concentrarsi sulla loro funzione primaria che è quella di aiutare, sostenere e accompagnare i bambini e i ragazzi nel loro percorso di sviluppo personale, infondendo loro curiosità verso le cose della vita e fiducia nelle proprie capacità». Sollecitata dai tanti e talvolta confusi tentativi di didattica a distanza, Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo e prorettrice dell'Università degli Studi di Padova, ne approfitta per lanciare un messaggio ai docenti: «Che voi siate l’insegnante che accoglie gli alunni in classe o quello che compare tramite uno schermo al tempo del Coronavirus, ricordate che voi siete coloro che possono fungere da differenziale di sviluppo, il che vuol dire che potete fare la differenza nel sostenere i ragazzi nel momento in cui hanno più bisogno di aiuto». E quello che stiamo vivendo, dice, è uno di quelli.

Daniela Lucangeli

«In questi giorni i ragazzi hanno una paura tremenda, sono smarriti, in ansia, hanno perso i contatti con il loro gruppo, la loro routine è stavolta. Quello di cui hanno più urgenza è di essere sostenuti e rassicurati, non ulteriormente angosciati e terrorizzati dalla paura di rimanere indietro, che il computer non funzioni, che la connessione salti, che il compito non arrivi per tempo».
Ma cosa possono fare concretamente una maestra o un professore per aiutare i propri alunni, in un momento in cui non è possibile stare vicini, fisicamente, in cui ogni forma di contatto e di abbraccio è bandita? «Può ricordarsi che l’abbraccio non è solo fisico, ma anche psicologico, simbolico… Basti pensare che lo sguardo può abbracciare e la voce, con la sua intonazione, può fare altrettanto. Provate a immaginare – aggiunge – la potenza emotiva di una frase pronunciata con la voce calda, rassicurante, famigliare ed empatica di un insegnate che dice “Lo so che sei preoccupato, lo sono anche io. Con questo messaggio voglio dirti che io ci tengo a te, che tu sei importante, e che non ti lascerò solo, perché insieme abbiamo iniziato un cammino di conoscenza e di sapere”. Sarebbe come una carezza per l’anima, balsamo su una ferita».
E nel frattempo, come si possono mandare avanti le attività e i programmi? L’esperta raccomanda agli insegnanti di non trasformare il mezzo della didattica a distanza «in una sorta di diario tecnologico», pieno zeppo di compiti da fare o prestazioni da soddisfare. «Lascerei da parte i comandi di natura prettamente esecutiva, del tipo “Io ti do i compiti, tu li fai, me li mandi, io li correggo e ti do un voto”, perché altrimenti si amplifica un errore, già molto comune nella nostra scuola, che è quello di “ingozzare” gli alunni. Da questo tipo di didattica – aggiunge – io mi sento di dover fortemente prendere le distanze».
E poi c’è poi un’altra cosa che potrebbero fare gli insegnanti. «Io li inviterei a curare e, se possibile, ampliare, l’aspetto narrativo dei loro interventi, affinché il dialogo con gli alunni sia davvero un dia-logos come lo intendevano i greci: non una parola che è monopolio di uno solo, ma una parola che acquista il suo significato nell’interazione e nello scambio tra insegnanti e bambini». La metafora che usa Lucangeli è quella del telefono senza fili: «Come in un telefono senza fili amplificato, le maestre e i maestri potrebbero, con maturità e consapevolezza, scegliere insieme agli studenti alcuni argomenti su cui ragionare e riflettere, preferendo quelli che favoriscano l'acquisizione di nuove esperienze e di nuove conoscenze anche in futuro. Questo processo di collaborazione e co-costruzione consentirebbe di intrecciare e includere le curiosità, gli interessi e le competenze di tutti i membri della classe. Affinché la somma di tanti “io” si trasformi in “noi” e nessuno sia lasciato da parte».
«Non mi sentirei – prosegue – di incoraggiare un modello in cui l’insegnante fa il suo lungo monologo e poi interrompe le comunicazioni fino al giorno successivo. Così come, al contrario, non mi sentirei di suggerire che tutti gli alunni si connettano e dialoghino contemporaneamente per due ore. Sarebbe non solo molto confusionario, ma anche inefficace». Dal punto di vista pratico, per Lucangeli, sarebbe più sensato se si creassero dei micro gruppi, anche sul cellulare (che è un strumento comune in tutte le famiglie, al contrario di un pc) in cui l’insegnante, per una mezz’oretta, quarantacinque minuti, possa spiegare, dialogare e rispondere alla domande degli alunni. «Facendo in modo che il tempo trascorso davanti ad uno schermo sia un tempo dedicato, non sprecato, non abusato, ma finalizzato alla co-costruzione di un sapere condiviso». Perché, ricorda, «i rischi generati dall’uso sconsiderato della tecnologia non spariscono solo perché c’è il coronavirus».
Infine, per sostenere il compito degli educatori e degli insegnanti che oggi si trovano a dover affrontare tante difficoltà, Lucangeli ricorda una frase del celebre pedagogista sovietico Vygotskij: “Diventiamo noi stessi attraverso gli altri”. «Ecco, questo pensiero deve ricordarci, cari insegnanti e educatori, che con il vostro lavoro avete delle enormi responsabilità ma anche immense potenzialità». Perché, conclude, «in ogni istante della vostra azione educativa voi state lasciando un segno in una persona che sta costruendo non soltanto un bagaglio di nozioni e procedure, ma il proprio sé, la propria intelligenza, la struttura del suo pensiero, l’organizzazione del suo sentire e la percezione del proprio talento. Abbiatene cura con consapevolezza. Anche quando fate scuola tramite una webcam».

Sunday, April 19, 2020

DELFINO

Nella parte di Francia più vicina all'Italia, poco a sud di Lione e poco a ovest di Grenoble, c'è il minuto paese di Albon. Microscopico paese, è vero, paese da nulla, ma però... Intorno all'anno Mille lì c'era un castello, che aveva come signore Ghigo. Il nipote di Ghigo, Ghigo III, divenne conte di Albon. E come stemma (non è chiaro perché, forse c'entrò la moglie, di origini inglesi) ebbe un delfino; suo figlio Ghigo IV, nato sotto i due delfini azzurri in campo oro della contea, fu soprannominato le dauphin. La regione dal Delfino fu chiamata il Delfinato.
Il titolo di 'Delfino del Viennois' (la città di Vienne è ) spettò a Ghigo V e alla sua discendenza per dieci generazioni, fino a Umberto II, alla metà del Trecento. Senza eredi e rovinato, cedette il Delfinato a Filippo VI di Valois, re di Francia; nel trattato fu previsto che il Delfinato conservasse uno statuto speciale, e rimanesse del principe ereditario.
Così il principe ereditario francese divenne 'Delfino di Francia'. Per l'esattezza, rimase anche 'Delfino del Viennois' fino al quattrocentesco re Luigi XI il Prudente — poi 'Delfino' fu solo un titolo onorifico, e di grande successo, che trasmetteva tutta la freschezza, la forza, l'agilità e l'eleganza di un principe . Durò fino al 1830, alla rivoluzione di luglio (quella della Libertà che guida il popolo, di Delacroix), che pose fine alla monarchia borbonica restaurata.
Ancora oggi si parla di come Tizio sia il delfino del grande professore, di chi sia il delfino del dittatore nell'autocrazia orientale, del delfino di un capitano d'impresa: successore di un pezzo grosso, descritto con un tono lievemente derisorio, visto il . E c'è un'ultima questione.
Il Gran Delfino, figlio del Re Sole, per la sua poté contare su un'intera collana di classici che i suoi precettori avevano fatto appositamente stampare: ad usum Delphini, "per uso del Delfino" era stampato su tutti i frontespizi. Ora, i testi erano stati convenientemente di tutti i passaggi licenziosi e . Fu una scelta che fece tendenza.
La locuzione ad usum Delphini è rimasta per descrivere tutti i documenti in favore di un uso non maturo, semplificati, — talvolta anche con intenti manipolatorî. Della storia controversa viene diffusa una rassicurante versione ad usum Delphini, si danno istruzioni ad usum Delphini sulle norme igieniche, e i miti greci smussati ad usum Delphini diventano storie che non vogliono dire più niente.

Friday, April 10, 2020

zagara

La parola del giorno è
[zà-ga-ra]
SIGN Fiore dell'arancio, del limone e degli altri agrumi
dall’arabo [zahr] ‘fioritura’, derivato dalla radice trilittera [z – h – r] propria del verbo [zahara], ‘risplendere’, giunto in italiano attraverso il dialetto siciliano.
Che cosa hanno in comune le spose che si apprestano ad andare all’altare nel loro stupefacente abito bianco, l’università del Cairo al-Azhar e gli studiosi della cabbala ebraica?
Una parola: lo splendore.
Quello cabalistico è contenuto nel Sefer HaZohar, cioè ‘Il libro dello splendore’, un testo molto importante per gli iniziati alla disciplina mistica ebraica - abbiamo sovente ribadito che le radici trilittere delle parole arabe sono condivise in gran parte anche con la lingua ebraica, e z – h – r non è da meno.
Lo splendore dell’università cairota di al-Azhar, fondata nel X secolo, è nella sua storia illustre, certo, ma specialmente nel significato del nome, che vuol dire ‘La Luminosa’.
La lucentezza abbagliante delle spose, invece, oltre ad essere donata dalla gioia provata in un giorno di letizia come dovrebbe essere quello del matrimonio, è la bellezza semplice e chiara dei fiori d’arancio che decorano tradizionalmente la toilette del gran giorno, magari nel bouquet, o in una corona che cinga il capo e tenga fermo il velo.
Se si apre il vocabolario di lingua araba e si cerca la famiglia delle parole collegate alla radice z – h – r ci si rende conto che quasi tutti i termini derivati appartengono al campo semantico della fioritura, della prosperità, della lucentezza, dello splendore e della bianchezza, caratteristiche reali e metaforiche di un fenomeno naturale come la fioritura di una pianta mediterranea che porta succosi frutti grazie all’azione impollinatrice di insetti molto importanti come le api. Che sia questo il legame tra il fior d’arancio e lo sposalizio, un augurio di prosperità e splendore ai novelli sposi? È bello credere che sia così.
Zagara
Parole semitiche

zà-ga-ra

Significato Fiore dell'arancio, del limone e degli altri agrumi

Etimologia dall’arabo zahr ‘fioritura’, derivato dalla radice trilittera z – h – r propria del verbo zahara, ‘risplendere’, giunto in italiano attraverso il dialetto siciliano.

Che cosa hanno in comune le spose che si apprestano ad andare all’altare nel loro stupefacente abito bianco, l’università del Cairo al-Azhar e gli studiosi della cabala ebraica?

Una parola: lo splendore.

Quello cabalistico è contenuto nel Sefer HaZohar, cioè ‘Il libro dello splendore’, un testo molto importante per gli iniziati alla disciplina mistica ebraica - abbiamo sovente ribadito che le radici trilittere delle parole arabe sono condivise in gran parte anche con la lingua ebraica, e z – h – r non è da meno.

Lo splendore dell’università cairota di al-Azhar, fondata nel X secolo, è nella sua storia illustre, certo, ma specialmente nel significato del nome, che vuol dire ‘La Luminosa’.

La lucentezza abbagliante delle spose, invece, oltre ad essere donata dalla gioia provata in un giorno di letizia come dovrebbe essere quello del matrimonio, è la bellezza semplice e chiara dei fiori d’arancio che decorano tradizionalmente la toilette del gran giorno, magari nel bouquet, o in una corona che cinga il capo e tenga fermo il velo.

Se si apre il vocabolario di lingua araba e si cerca la famiglia delle parole collegate alla radice z – h – r ci si rende conto che quasi tutti i termini derivati appartengono al campo semantico della fioritura, della prosperità, della lucentezza, dello splendore e della bianchezza, caratteristiche reali e metaforiche di un fenomeno naturale come la fioritura di una pianta mediterranea che porta succosi frutti grazie all’azione impollinatrice di insetti molto importanti come le api. Che sia questo il legame tra il fior d’arancio e lo sposalizio, un augurio di prosperità e splendore ai novelli sposi? È bello credere che sia così.

Molto più semplicemente pare che, essendo la primavera la stagione delle nuove unioni e della fioritura degli agrumi, le giovani spose del sud Italia usavano adornarsi con questi fiorellini bianchi e odorosi di cui vi era grande abbondanza e facilità di approvvigionamento. Da lì la tradizione che vuole la locuzione ‘fiori d’arancio’ essere un sinonimo di ‘sposalizio’: hai visto Marco e Francesca di recente? Non so nulla di ufficiale, ma secondo me c’è aria di fiori d’arancio tra quei due!

La parola zagara è giunta in italiano come un sicilianismo, ed è probabilmente un’eredità araba lasciata alla meravigliosa terra siciliana, la ‘patria delle arance’ nostrana. Ed è entrata nella società non solo come termine prettamente botanico, ma anche come cognome: non è raro infatti trovare le famiglie ‘Zagarella’ o ‘Zagara’ se si sfoglia l’elenco telefonico della provincia di Catania, ad esempio.

Non va dimenticato inoltre che l’acqua di fior d’arancio (o di limone) è un ingrediente molto importante nella pasticceria araba (famose le deliziose ‘corna di gazzella’) e in quella siciliana, così come nella cosmesi tradizionale, in cui viene usato come tonico per la pelle e componente di olii odorosi.

Un fiorellino così semplice e profumato, perfino umile nella sua delicatezza e discrezione, le cui virtù sono apprezzate sia in cucina che alla toeletta, porta un nome che racchiude in sé beltà, candore, luminosità e prosperità. Vale la pena pensarci la prossima volta che si vuol fare colpo col classico mazzo di rose…

Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/zagara
Zagara
Parole semitiche

zà-ga-ra

Significato Fiore dell'arancio, del limone e degli altri agrumi

Etimologia dall’arabo zahr ‘fioritura’, derivato dalla radice trilittera z – h – r propria del verbo zahara, ‘risplendere’, giunto in italiano attraverso il dialetto siciliano.

Che cosa hanno in comune le spose che si apprestano ad andare all’altare nel loro stupefacente abito bianco, l’università del Cairo al-Azhar e gli studiosi della cabala ebraica?

Una parola: lo splendore.

Quello cabalistico è contenuto nel Sefer HaZohar, cioè ‘Il libro dello splendore’, un testo molto importante per gli iniziati alla disciplina mistica ebraica - abbiamo sovente ribadito che le radici trilittere delle parole arabe sono condivise in gran parte anche con la lingua ebraica, e z – h – r non è da meno.

Lo splendore dell’università cairota di al-Azhar, fondata nel X secolo, è nella sua storia illustre, certo, ma specialmente nel significato del nome, che vuol dire ‘La Luminosa’.

La lucentezza abbagliante delle spose, invece, oltre ad essere donata dalla gioia provata in un giorno di letizia come dovrebbe essere quello del matrimonio, è la bellezza semplice e chiara dei fiori d’arancio che decorano tradizionalmente la toilette del gran giorno, magari nel bouquet, o in una corona che cinga il capo e tenga fermo il velo.

Se si apre il vocabolario di lingua araba e si cerca la famiglia delle parole collegate alla radice z – h – r ci si rende conto che quasi tutti i termini derivati appartengono al campo semantico della fioritura, della prosperità, della lucentezza, dello splendore e della bianchezza, caratteristiche reali e metaforiche di un fenomeno naturale come la fioritura di una pianta mediterranea che porta succosi frutti grazie all’azione impollinatrice di insetti molto importanti come le api. Che sia questo il legame tra il fior d’arancio e lo sposalizio, un augurio di prosperità e splendore ai novelli sposi? È bello credere che sia così.

Molto più semplicemente pare che, essendo la primavera la stagione delle nuove unioni e della fioritura degli agrumi, le giovani spose del sud Italia usavano adornarsi con questi fiorellini bianchi e odorosi di cui vi era grande abbondanza e facilità di approvvigionamento. Da lì la tradizione che vuole la locuzione ‘fiori d’arancio’ essere un sinonimo di ‘sposalizio’: hai visto Marco e Francesca di recente? Non so nulla di ufficiale, ma secondo me c’è aria di fiori d’arancio tra quei due!

La parola zagara è giunta in italiano come un sicilianismo, ed è probabilmente un’eredità araba lasciata alla meravigliosa terra siciliana, la ‘patria delle arance’ nostrana. Ed è entrata nella società non solo come termine prettamente botanico, ma anche come cognome: non è raro infatti trovare le famiglie ‘Zagarella’ o ‘Zagara’ se si sfoglia l’elenco telefonico della provincia di Catania, ad esempio.

Non va dimenticato inoltre che l’acqua di fior d’arancio (o di limone) è un ingrediente molto importante nella pasticceria araba (famose le deliziose ‘corna di gazzella’) e in quella siciliana, così come nella cosmesi tradizionale, in cui viene usato come tonico per la pelle e componente di olii odorosi.

Un fiorellino così semplice e profumato, perfino umile nella sua delicatezza e discrezione, le cui virtù sono apprezzate sia in cucina che alla toeletta, porta un nome che racchiude in sé beltà, candore, luminosità e prosperità. Vale la pena pensarci la prossima volta che si vuol fare colpo col classico mazzo di rose…

Testo originale pubblicato su: https://unaparolaalgiorno.it/significato/zagara

Sunday, April 05, 2020

ALFABETO DEL CORONAVIRUS


L’alfabeto della crisi. Luoghi comuni, frasi fatte, parole chiave e tormentoni al tempo del Coronavirus

APERITIVO Quello razzista fu inventato da Nicola Zingaretti e Alessandro Cattelan, per dimostrare che il virus era un’invenzione dei leghisti. Si distinguono di due tipi: pessimi se presi al Papeete, ottimi sui Navigli. Tipologie: arcobaleno, hipster, Vip, scellerato. Con o senza oliva. Comunque, non avrà più il gusto di una volta.

APOLOGO Ricordare quello manzoniano di Don Ferrante che, con dotte e raffinate tesi, si era intestardito a voler dimostrare che la Peste non esistesse; e fu il primo a morirne. Stessa cosa alla redazione de La7: Mentana, Formigli, Myrta Merlino… Poi, è successo quello che è successo.

AUTOCERTIFICAZIONE Muta più velocemente del virus.

BALCONI «Non si sente più la gente cantare dai balconi» (peccato...). Moniti: «Prima i balconi, poi i forconi». Ma anche: «Tanti balconi, pochi tamponi». I runner ci fanno le maratone. La Sinistra preferisce le terrazze.

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BOLLETTINO Ha sostituito il rito dell’aperitivo alle 18. «Com’è il bollettino di oggi?». «Positivo». Parole chiave: Indice di trasmissione, picco, plateau, curva, ansia... Domanda irrisolta: «Ma quando finirà?». Si attende il bollettino come fosse lo stipendio. Modi di dire: «Bollettino di guerra», «Bollettino truccato». «Quando arriva il bollettino?». E, verso l’ora di cena: «Cosa bolle in pentola stasera?».

CINESI Abbracciare un cinese. Visitare le scuole con i cinesi. Mangiare cinese. Ma anche (indignati): «La Cina ha taciuto!» oppure (ironici): «Beati voi che vi fidate dei cinesi». E soprattutto: «I cinesi mangiano i pipistrelli!». Non cedere di un millimetro sul fatto che il virus viene dalla Cina. «Ce l’hanno portato loro» (da destra). «Sì, ma anche le mascherine...» (a sinistra).

CRISI Citare sempre la falsa etimologia secondo cui la parola «crisi», in cinese, è composta di due caratteri. Uno rappresenta il pericolo e l’altro l’opportunità. Kennedy la utilizzava regolarmente nei suoi discorsi. Abusata da consulenti finanziari e motivatori. Ha guadagnato grande popolarità nei talk, sulla stampa e sui social. Non è vero, ma fa colpo. «Questa crisi può essere una opportunità». Variante: «Grazie a questa crisi, dopo avremo un boom». Speriamo.

CULTURA «Ottima per combattere i virus!».

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D-DAY «La prima cosa che farò appena potrò uscire è...».

ERRORI Tra i maggiori della Storia: 1) Hitler quando attaccò la Russia 2) la Decca Records che scartò i Beatles 3) #MilanoNonSiFerma.

EUROPA «Senza Europa saremo soli» (molto divertente...).

FIERA Fieri.

FOCOLAI Senza tentennamenti: «Sono gli ospedali!».

GENIO Ce ne sono stati molti. «Quel genio che ha programmato il film Virus letale in prima serata...». «Chi è il genio che ha detto che si può ricominciare a uscire?». «Il genio italiano ha costruito un ospedale in dieci giorni...». «Hai visto quanta gente all’inaugurazione? Che geni...».

GIORNALI «La diffusione di notizie false è un virus pericolosissimo».

INFERMIERI Commossi: «Eroi».

INFLUENZA Malattia infettiva respiratoria acuta, appena meno grave del Coronavirus. Citare anche le influencer, in crisi.

INVOLTINO Uno, non fa primavera.

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JOGGING «Spiegami perché non posso fare jogging se sono da solo?! No, spiegamelo!».

LIVE Le dirette live si sono diffuse a macchia di leopardo. «E ora prepariamo la torta al latte caldo in diretta live con...». «Giuseppe Conte stasera alle 21 in live streaming». «Una giornata di live streaming con...». «A che ora oggi c’è la conference in streaming?». «Stasera ci facciamo un party in streaming?». La quarantena è un mortorio. Ma live.

MASCHERINE Mascherine mancanti. Mascherine fai-da-te. Mascherine sbagliate. Mascherine rubate. Mascherine ferme in magazzino. Aziende riconvertite nella produzione di mascherine (quante sono!?). «Ma le mascherine, se non sei un medico, servono?». «Sì. Per l’inquinamento». Rinfacciare sui social che il tale vip o il talaltro non indossa la mascherina, da cui il detto: «Fare gli infermieri con le mascherine degli altri».

METRO (UN) Meglio due.

MILANO Dall’apericena all’epicentro.

NATURA Quella del virus non si conosce. «Alla fine la Natura ha ripreso i suoi spazi». Citare la fake dei delfini a Venezia, i fagiani in piazza Duomo, le polveri sottili azzerate. Minimizzare sul fatto che è la plastica che ci sta salvando. «Ma Greta, che fine ha fatto».

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OLANDA Uno dei peggiori paradisi fiscali del mondo, che ha incassato miliardi di entrate da altri Paesi, nega gli Eurobond e l’aiuto finanziario a Italia e Spagna. Citare il contratto choc sottoposto agli anziani che contempla l’eutanasia. Con enfasi: «Ah, l’Olanda: la patria delle libertà».

POST (su Facebook): «Anche se viviamo un’emergenza senza precedenti possiamo cogliere tante opportunità». «Il virus cambierà i nostri stili di vita». «Ne usciremo migliori» (mah...).

PAROLE (che hanno cambiato significato) «Positivo». «Domiciliari». «Ferie». «Febbre». «Convivenza». «Europeismo». «remoto». (Al telefono): «Dove sei?». «Che bello starsene a casa sul divano...».

PREGIUDIZI Pericolosissimi. «Quello che non si giustifica è l’allarmismo che ha portato molti italiani ad evitare ogni contatto con i cinesi che vivono qui, addirittura smettendo di frequentare i negozi e i ristoranti gestiti da cinesi. Il danno per questi ultimi rischia di essere molto rilevante» (il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori).

PREPOSIZIONI Ma si muore con o per il virus? A volte anche di, a, da, in, con, su, per, tra, fra.

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QUARANTENA Torta. Videochiamate. Sirene di ambulanza. «Non dirmi niente, non ci voglio pensare!». Altra torta. Dirette dal salotto. «Ma quando finirà?!». Le bambine di Conte. Ronzio di aspirapolvere. Affetti ritrovati. Pazienza. Tanta pazienza. Torta. Meme che invadono le chat. Troppe chat. Il senso di unità nazionale. «La quarantena ci costringe a cogliere ogni spiraglio di luce nel buio». Frasi fatte. Ancora torte. #UnitiSiVince. #CeLaFaremo. Ma anche no. «Cosa dite, oggi facciamo una torta?».

RAI Ottimo il servizio del 2015 sul virus creato in un laboratorio cinese, a Wuhan.
SILENZIO Ce ne sarebbe bisogno di più. È durato un minuto.

SLOGAN Di solito, eccellenti antivirali. Esempi: «Senza Europa saremo soli». «Salvini untore!». #MilanoNonSiFerma (#PerchéNo?), ma anche: «Non c’è nessun pericolo». «Siamo prontissimi». #AndraTuttoBene «La situazione è assolutamente sotto controllo». “#Maledettttttttiiiiiiiii!!!!”.

TAMPONE Non tutti sono uguali davanti a un tampone. Priorità del tampone: 1) Calciatori 2) Politici 3) Giornalisti 4) Gli altri.
balconi durante la quarantena balconi durante la quarantena

«U» (INVERSIONI A...) Sull’emergenza virus, frequentissime.

VIRUS L’unico virus è quello del razzismo.

(SMART) WORKING «Svolta epocale». «Certo che lavorare da casa è un’altra cosa...». «Pensa a chi non ha il wi-fi». «Dopo cambierà tutto». «Una nuova sfida» (hai detto «sfiga?»). Scoperta: la chiave dello smartworking sono le pause. Molte pause. Step dello smartworker: Frigo. Caduta connessione. «Mi sentite?». Frigo. Flessibilità. «Mi vedete?». Frigo. «Per fare un buon smartworking occorre: un buono schermo, comunicazione efficace, tastiera comoda, sedia ergonomica». Frigo. «Abbiamo cambiato la modalità di lavoro, ma non la qualità del servizio!». Pausa. Tante pause. «Niente sarà più come prima!». «Purtroppo...».

aperitivo su skype aperitivo su skype

 
ZONA ROSSA  
Dove molti rinchiuderebbero i politici e gli opinionisti.


barbara d'urso e i balconi in quarantena barbara d'urso e i balconi in quarantena