Tuesday, July 13, 2021

IL LONFO

 

Lonfo

Parole d'autore

Lon-fo

Significato Misterioso animale dal comportamento schivo, pigro, spesso dispettoso e imprevedibile

Etimologia Neologismo introdotto da Fosco Maraini nella poesia Il lonfo, inclusa nella Gnosi delle fànfole (1978)

Può darsi che, così sui due piedi, non vi venga in mente che cos’è un lonfo. Ma tutto vi sarà chiaro se vi dico che non vaterca mai, né gluisce, e molto raramente barigatta. Se ancora non avete idea di cosa stia parlando, non preoccupatevi: in realtà non lo so nemmeno io.

Nessuno, in effetti, sa come sia fatto un lonfo. Probabilmente non lo sapeva bene neppure il suo : un antropologo-orientalista-poeta-fotografo-giramondo, maritato con una nobile siciliana dal fiabesco nome di Topazia, nonché padre di ben tre donne di cultura (Dacia, Yuki e Toni, diventate celebri rispettivamente nel campo della scrittura, della musica e della critica letteraria).

Insomma, un personaggio tanto quanto la sua tecnica poetica, della quale Il lonfo costituisce l’esempio più celebre (grazie anche all’efficacissima che ne fece Gigi Proietti). La “poesia metasemantica” – come la definisce il suo sistematicamente prive di significato, simili però a termini esistenti per suono e morfologia e alternate ad alcuni vocaboli italiani.

‘Gluisce’, per esempio, è una parola inventata ma simile a verbi onomatopeici che descrivono versi (muggisce, ruggisce…). Ci fa capire, quindi, che anche il lonfo è un animale di qualche tipo.

La tecnica in verità ha un illustre precedente: il Jabberwocky, poesia contenuta nel seguito delle Avventure di Alice nel paese delle meraviglie e tradotta in italiano in innumerevoli modi, il più dei quali è Il ciciarampa. Lewis Carroll, però, ha forgiato i suoi fantasiosi neologismi fondendo parole reali: per esempio mimsy, formato da flimsy (fragile, debole) e miserable. Le invenzioni di Maraini invece seguono percorsi meno prevedibili.

Entrambi gli autori comunque rispettano perfettamente le regole grammaticali e sintattiche (e per questo i loro testi si differenziano dal di Dario Fo, che pure un meccanismo simile). Così anche le parole più oscure diventano semi-comprensibili grazie al contesto: come delle matematiche, il cui valore è ricavabile dagli elementi vicini.

Il che è una commovente testimonianza, in effetti, di come il nostro cervellino sia perennemente impegnato nell’impresa di dare un senso a quello che . Perfino il più , a ogni frase che legge o ascolta, compie un atto di fiducia inconsapevolmente gigantesco: presuppone che quel messaggio abbia un significato, anche stupido o irrilevante, ma sensato. E se un significato non c’è, lui fa di tutto per cavarlo fuori.

Maraini, contando su questa fiduciosa disposizione, sfida il lettore a intraprendere il percorso inverso rispetto a quello solitamente compiuto dalle parole. Di norma prima compare l’oggetto, poi si crea la parola per nominarlo; qui invece abbiamo delle parole, come ‘lonfo’, prive di referente, e spetta al lettore inventare le cose cui corrispondono, attingendo alla propria esperienza conscia e inconscia per dare loro “significati, valori emotivi, profondità e bellezze” (come scrive l’autore nell’introduzione alla sua Gnosi delle ).

La metasemantica, insomma, eleva all’ennesima la polisemia dei testi poetici, costruendosi su parole che vogliono dire tutto e . Parole che, per citare sempre Maraini, “non infilano le cose come frecce, ma le sfiorano come piume, o colpi di brezza, o raggi di sole, dando luogo a molteplici diffrazioni, a richiami armonici, a cromatismi polivalenti”.


 

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