Saturday, September 25, 2021

SOLECCHIO - BELZEBU'

 

Solecchio

so-léc-chio

Significato In espressioni come ‘fare’ o ‘farsi solecchio’, ripararsi gli occhi da una luce del sole troppo intensa con la mano aperta al sopracciglio

Etimologia dal latino sol ‘sole’, attraverso l’ipotetico diminutivo del latino parlato soliculus.

L’italiano ha una matrice letteraria: la sua storia come lingua della letteratura italiana precede di molto quella come lingua del popolo italiano. Questo però non significa che la lingua italiana, anche nella sua fase letteraria, non sia stata permeabilissima a splendidi usi popolari, in cui troviamo un’autenticità poetica che con mezzi più non è facile raggiungere.

Farsi dai raggi del sole con la mano, coprirsi gli occhi da una luce troppo forte, proteggersi da un sole vivo con la mano aperta al sopracciglio: sono descrizioni lente, in cui si dettagli, non sempre trasparenti, con un quasi inevitabilmente libresco. E questo è drammatico, perché l’azione che indicano invece è fra le più immediate, letteralmente. È un’azione che, quando la facciamo, non si pensa mai — e che però è rilevante, anche perché quando la fanno altre persone si nota sempre.

 

 


[bel – ze – bù]

SIGN Nome di un dio del popolo dei Filistei, il cui culto era celebrato nella città di Ekron; nel secondo testamento è il nome dato al Principe dei Demoni; nella cultura popolare è un diavolo, o anche IL diavolo

dall’ebraico [Ba’al zĕbūb], nome con cui è riportata nella Bibbia una divinità filistea adorata a Ekron.

Con questa parola attraversiamo i secoli, sondiamo le paure e le corde più segrete e sporche che si tendono nel cuore dell’uomo, passiamo per un premio Nobel e sorvoliamo le tradizioni e le superstizioni che permeano le civiltà.

Ma partiamo da ciò che si sa sul dio che portava questo nome: era una divinità filistea, il cui culto si sviluppò particolarmente nella città di Ekron. Gli etimologisti non sono concordi sulla sua origine: c’è chi afferma che il nome fosse Ba’al zĕbūb, col significato di ‘Dio delle mosche’, con Ba’al che significa signore, padrone, di probabile derivazione accadica, e zĕbūb o z’bhubh, cioè mosca.

Alcuni si oppongono a una via etimologica così dritta, proponendo la possibilità che la versione data dalla Bibbia sia in realtà una sorta di ‘presa in giro’ del nome originario, che sarebbe invece Baʿal zĕbūl, in cui zĕbūl, da una radice semitica presente anche in accadico e in arabo formata dalle consonanti z-b-l, sta per principe o anche per colui che si eleva. Stando a quest’ultima ipotesi, dunque, Belzebù non significherebbe Dio delle mosche ma Principe Baal. E Baal in quanto nome lo conosciamo molto bene, poiché è presente in Annibale e anche in Asdrubale. Dobbiamo stupirci? Mica tanto: Annibale il Cartaginese, arcinemico di Roma, di chiamava così perché Cartagine era una città fondata da coloni fenici, popolo semitico anche detto dei cananei, vicini di casa dei filistei.

Tornando al dio Ba’al zĕbūb, va detto che non era visto di buon occhio dagli Israeliti, ovviamente. Lo dimostra benissimo un episodio biblico, narrato nel Libro dei Re, in cui il sovrano d’Israele Acazia manda degli emissari a interrogare l’oracolo di Ba’al zĕbūb a Ekron per sapere se e quando si rimetterà da una caduta dal tetto. Il profeta Elia incontra i messaggeri per strada e, quando viene a sapere il motivo del loro viaggio, non la prende tanto bene. Insomma, andare a rivolgersi a un altro dio…! Inaudito! Fa fare loro dietrofront e li manda a annunciare al re la ferale notizia della sua paralisi totale e permanente. Così impara.

Nel secondo testamento, complice un passo di Matteo in cui Gesù scaccia i demoni e viene frainteso dai benpensanti, Belzebù, o Beelzeboul, come viene chiamato nella traduzione dei Settanta, diventa il principe dei demoni, e quindi un altro nome per Satana, l’avversario, il Diavolo. Da lì la tradizione cristiana ha fatto fiorire una demonologia complessa, che ha permeato le tradizioni e le superstizioni europee nei secoli, fino a far diventare Belzebù anche lo spauracchio dei bambini che non vogliono comportarsi bene. Quando il carbone della Befana non basta si chiama Belzebù, insomma…

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