Thursday, April 12, 2018

celeuma

La parola del giorno è

Celeuma

[ce-lèu-ma]
SIGN Voce o cantilena che dà la cadenza di voga ai rematori
dal greco [kéleusma] canto dei rematori guidato dal celeuste.
Come qualcuno ricorderà, questa qui è la ricercata scarturigine del ben più noto temine 'ciurma'. Ma anche il celeuma merita un'osservazione dedicata, per la singolarità del suo significato (a me di sinonimi non ne sono sovvenuti).
Ci parla della navigazione del mondo antico, e in particolare si tratta della voce mandata dal capo dei rematori, il celeuste, per scandirne il ritmo di vogata - ma anche della cantilena con cui gli stessi rematori si coordinavano. Questa faccenda del coordinamento delle vogate era ed è essenziale per qualunque natante si sposti a forza di remi: una vogata fuori posto e i remi s'incrociano, s'intoppano, e non si vincono regate né si spostano grandi navi se ciascuno rema quando vuole. Il celeuma è la risposta più immediata e agile a questa necessità, delicata e nerboruta.
Non è un semplice canto di lavoro per darsi ritmo e fugare la noia, perché porta la cifra irriducibile dell'ordine, del comando (in greco keleúo è proprio 'io comando'): l'armonia ripetitiva del celeuma ha un che di coatto, e se vogliamo anche di alienante. E poiché non siamo tutti prestanti canottieri e pochi di noi lavorano su triremi e galere, forse possiamo apprezzare meglio gli usi figurati che il celeuma schiude. Il celeuma del dj irreggimenta i movimenti della folla in modo magico; i celeumi dei fischi, degli scatti del macchinario cadenzano i gesti dell'operaio; il celeuma del mantra esclude il pensiero; e in lunghe ore di cammino muto il bastone solo suona, a terra, con le battute di un celeuma.
Insomma, ancora una volta siamo davanti a una parola poco nota che ci racconta un elemento noto e frequente della realtà, richiamando una voce suggestiva dalle profondità della storia.
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Cursorio

[cur-sò-rio]
SIGN Rapido, frettoloso, che si fa di corsa; in zoologia, atto alla corsa
dal tardo latino [cursorius], derivato di [currere] 'correre'.
La formazione classica di questa parola ci inganna: infatti pare un normale prodotto della diretta digestione del latino in italiano, in particolare dell'aggettivo tardo cursorius - in pratica un fratello di 'cursore', tutto regolare. Invece la faccenda è un po' più complessa: iniziamo dicendo che, secondo certi dizionari, il termine 'cursorio' è attestato in italiano solo nel 1983. Come è possibile?
Probabilmente tale affermazione è da circostanziare. In effetti pare che solo fra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 l'aggettivo 'cursorio' abbia acquisito in italiano i significati di rapido, frettoloso. Manco a dirlo, si dice cursorio ciò che è fatto di corsa. E si può subodorare che sull'affermazione di questi significati abbia pesato il cursory inglese, che li ha fin dal Seicento - mutuati dal francese medio cursoire, che a sua volta pesca nel cursorius latino. Ma già nei primi decenni del Novecento 'cursorio' è stato usato in italiano in ambito zoologico, per indicare quegli apparati che rendono un animale atto alla corsa. Per esempio ci sono zampe di tipo cursorio e zampe di tipo ambulatorio. Insomma, il quadro etimologico è composito.
Ad ogni modo, il cursorio-rapido è una risorsa versatile: ha un tono ricercato ma col riferimento alla corsa comunica un'immagine schietta, diretta - quasi elementare - che la rende più concreta del rapido, dello svelto, senza tirare in ballo la fretta come il frettoloso. Prima di gettarci nel vivo delle lezioni facciamo un'introduzione cursoria per rinfrescare qualche concetto di base; da una lettura cursoria del libro capiamo che è interessante ma non ci serve - o peggio che ci serve ma non è interessante; e il cuoco si stizzisce davanti alle mangiate cursorie di chi si vuol saziare senza sapere nulla del piatto.
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