Wednesday, March 06, 2019

FORCHETTA





dalla forca alla tavola, un’avventura con una deriva statistica

Un termine antico con una famiglia numerosa, da forcina a forcone, e un paradiso di significati figurati, dagli scacchi al buon appetito



Una precisa origine latina
La parola deriva dal latino «furca» e e indica un oggetto formato da un manico e due o più denti che si chiamano «rebbi». Per essere precisi le nostre forchette da tavola di rebbi (dal francese antico ripil «pettine con denti di ferro») devono averne quattro, non uno di più, non uno di meno. Per spaventarci un po’ è utile ricordare che non solo forchetta è parente stretta della forca, ma ne è proprio il diminutivo.
Dal patibolo alla pietanza
Il percorso è meno contorto di quanto sembra. Forca indica con precisione un elemento con un manico lungo che infine si separa in una forma a V e richiama l’incrocio di una strada, la foce di un fiume o più semplicemente un attrezzo agricolo. Tanto che col terzo dente si arriva comodamente al forcone. Il cappio terribile della forca non c’entra per niente, ma il complesso di pali che la sostiene ha proprio questa forma. E quindi anche il cappio e la stessa esecuzione vengono indicate con la parola forca per sineddoche (la figura retorica con cui si indica il tutto con una parte) .
Le meraviglie figurate (o concrete)
Sarà così che per una estensione figurativa, prediletta in Toscana, «fare forca» significa andarsene a spasso invece di andare a scuola. O per tornare alla nostra forchetta negli scacchi indica la mossa di un pedone che minaccia ben due pezzi avversari. Una «buona forchetta» è sinonimo di un buongustaio che non si risparmia a tavola. E fuor di metafora si chiamavano «forchette» anche strumenti di legno a V usati dai primi archibugeri per appoggiare la canna e aumentare la mira del colpo. Il dizionario Treccani ci ricorda che questo strumento era detto anche «forcina». E se ve lo state chiedendo la risposta è sì, anche l’innocua forcina che aiuta tenere fermi i capelli, è una diretta discendente della forca. E il «forchettone» non è solo quello strumento con cui cercate di preparare dei cibi durante la cottura, ma anche chi approfitta di una carica pubblica per perseguire interessi personali. 


Dal lontano Oriente ai nostri usi
Strumenti d’osso adatti agli scopi delle nostre forchette sono stati trovati in alcune tombe cinesi di oltre 4000 anni fa, ma non hanno niente a vedere con le nostre tradizioni, inclini almeno fino al Medioevo ad usar le mani per mangiare. Sembra accertato che in Italia le forchette cominciarono a diffondersi nel XIV secolo e soprattutto a Napoli e nel meridione. Il Vocabolario dell’Accademici della Crusca del 1610 ne offre una descrizione esemplare: «Quel piccolo strumento di ferro o d’argento, con due rebbj, col quale s’infilza la vivanda per non s’imbrattare le mani». Ma per non essere considerata una stranezza ed entrare nel costume dei più, occorreranno ancora molti secoli.
Una conquista statistica
Oltre che a tavola, la «forchetta» sio è recentemente guadagnata una posizione di riguardo nel linguaggio statistico, dove indica la possibile oscillazione tra un valore minimo e uno massimo. Si parla di forchetta ad esempio nel diffondere gli exit poll di una elezioni, quando i sondaggisti dicono che il risultato di un tal partito sarà all’interno di una forchetta tra X e Y.

COME FU CHE LA FORCHETTA ARRIVO' IN FRANCIA 
 Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali  della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento. Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IVCaterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti.

Storia di un “arnese” necessario per imbandire la tavola ma che fa anche stile.
E’ arcinoto che i cugini francesi e, probabilmente, un po’ anche i catalani, guardino oggi gli italiani dall’alto in basso, per spocchia oppure per nascondere una certa invidia dell’italica creatività culinaria. Qualunque cosa pensino però i francesi sulla superiorità della loro cucina, devono ammettere che la forchetta, uno degli attrezzi fondamentali  della tavola, arrivò nel loro Paese grazie all’Italia. Per raccontare questa breve storia dobbiamo tornare indietro di molti secoli, ai primi decenni del Cinquecento.
Esistevano infatti per motivi dinastici legami molto stretti tra la Toscana, uno degli Stati italiani più ricchi e potenti, e la Francia. Nel 1533 Caterina de’ Medici andò in sposa al futuro Enrico II di Francia, mentre nel 1600 Maria de’ Medici convolò a nozze con Enrico IVCaterina, rimasta presto vedova del consorte e divenuta reggente per la minorità del figlio, il futuro Carlo IX, si trovò a governare in uno dei periodi più oscuri e complessi della Francia, quello che vide esplodere una sanguinosa guerra di religione tra cattolici e ugonotti. Inizialmente, si rivelò saggia ed equidistante tra le due fazioni, anche grazie ai consigli del nuovo cancelliere Michel de l’Hospital di cui è rimasto celebre il discorso sulla tolleranza verso i protestanti:
. In seguito, però, Caterina fu travolta dagli eventi e non riuscì a svolgere un adeguato ruolo politico di mediazione.
Se quindi non possiamo attribuirle grandi meriti politici, Caterina diede invece un notevole contributo alla creazione del cerimoniale di corte e dell’etichetta che avrebbero poi trionfato durante lo sfolgorante regno di Luigi XIV. Un altro merito che vogliamo ricordare è che al suo arrivo in terra di Francia tra il suo seguito Caterina portò valenti cuochi che influenzarono notevolmente la cucina locale. Tra le altre cose, questi cuochi si servivano di uno strumento, sconosciuto nella Francia del periodo, che prese poi il nome di forchetta. Questo piccolo utensile, dotato di due punte acuminate, permetteva ad ogni commensale di prendere senza problemi i cibi dal piatto centrale, serviti tutti insieme all’uso francese, e consentiva di immergere le vivande nelle salse senza imbrattarsi le mani. Una vera rivoluzione, nel gusto e nel costume, che ebbe un successo travolgente a corte e ben presto arrivò anche sulle mense imbandite dei ricchi borghesi.
In seguito, purtroppo, la cucina francese imboccò la via del formalismo e dell’accademia, imbalsamando il gusto vivo del convivio in regole esteriori ed in raffinatezze quintessenziali, perdendo di vista il fatto che scopo del mangiare sociale è quello del piacere di scambiare idee e di gustare del buon cibo, ma in piena libertà da costrizioni accademiche.


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