Sunday, February 28, 2016

PAROLE NUOVE DEL 28 FEBBRAIO 2016



LADY DENTIERA:
“IO, CAPRO ESPIATORIO DI UN SISTEMA MALATO”!
PARLA L’IMPRENDITRICE CANEGRATI: “HO SBAGLIATO TANTO”… SI ATTENDONO NUOVE RIVELAZIONI: “NON NASCONDERO’ NULLA”! Lady sorriso piange. Singhiozza, si asciuga le lacrime, cerca di respirare. Fatica a parlare, al punto da dover congedare il fratello, che adora, prima della fine del tempo consentito per il colloquio. «Ho sbagliato tanto. Ho accettato compromessi che non avrei dovuto accettare», dice Maria Paola Canegrati a un parlamentare che le ha fatto visita in carcere. Maglione a rombi e blue jeans, si stringe nelle spalle come una ragazzina, rivolge gli occhi a terra. La donna seduta sotto le luci al neon di una stanza al piano terra di San Vittore è il negativo fotografico di quella che era fino al 16 febbraio scorso, giorno dell’arresto eseguito su ordine della procura di Monza. L’accusa per lei è di essere la grande corruttrice della sanità lombarda.
La “zarina” delle dentiere, da cui “Lady sorriso”

COGLIONE
La candidatura di Guido Bertolaso a Roma è nata sotto una cattiva, pessima, stella. Prima le dichiarazioni sui rom, Sala, sinistra e Dc che hanno fatto storcere il naso a molti. Quindi lo strappo di Matteo Salvini, che non ne vuole più sapere di appoggiare la sua candidatura. Successivamente Bertolaso ha provato a rimediare affermando di voler eliminare i cassonetti dalla città per evitare che i rom vi rovistino, compiendo dunque una capriola rapidissima rispetto alla prima posizione presa sui nomadi ("Sono vessati", disse). Ora, ad aggiungere ulteriore pepe, arriva un'ulteriore scomunica, firmata da Alessandra Mussolini.


L’OPINIONE DELLA TRECCANI

Elezioni: il potere della parolaccia

"Frasi eccessive"
Dopo la cena dei cretini, il voto dei coglioni. Commedia o ilarotragedia?  Gli ultimi brandelli combusti di questa ossidrica campagna elettorale sono i residui di un'infuocata pira di aggressioni verbali - o «frasi eccessive», secondo la definizione eufemistica del Presidente Della Camera Pierferdinando Casini. Che poi l'ubriaco da Prodi affibbiato a Berlusconi nel corso del secondo faccia a faccia televisivo sia epiteto tutto sommato moderatamente derogatorio (sarebbe una citazione colta, tratta da George Bernard Shaw, secondo Prodi - che però ha svelato il fatto soltanto finita la trasmissione, a telecamere spente), mentre il coglione con cui è stata investita dal Presidente del Consiglio della Repubblica italiana una parte non marginale, ancorché a lui politicamente avversa, di cittadini da lui stesso rappresentata in qualità di alto esponente delle istituzioni, sia decisamente marcato in senso insieme colloquiale e spregiativo, non fa poi troppa differenza. Sempre di aggressioni verbali si tratta. Fanno quasi tenerezza le analisi semantiche in cui si esercita la portavoce di Forza Italia Elisabetta Gardini, la quale, cercando di difendere la sortita coglionica (l'aggettivo è nel novelliere trecentesco Franco Sacchetti: 'relativo ai testicoli') di Silvio Berlusconi (vedi Ansa.it del 4 aprile), afferma che coglione è sinonimo di «sciocco, ingenuo, minchione», parole che non sarebbero ricomprese nella «categoria dell'odio». Il fatto è che coglione, minchione, sciocco, ingenuo non sono precisamente la stessa cosa: è evidente che il tasso di informalità e - secondo la vigente sensibilità sociale - di aggressività e volgarità espressi dai primi due vocaboli, che si riferiscono ad elementi di sfera sessuale di certo non definiti in modo referenziale e neutro, è certamente più alto di quello espresso dalla seconda coppia. Naturalmente, come sa non soltanto lo studioso di lingua, ma chiunque di noi quando sia immerso in una interazione socio-linguistica, si può benissimo essere molto offensivi e violenti nel rivolgersi a qualcuno dandogli "semplicemente" dello sciocco. Dipende dal tono di voce che si usa, dalla prossemica e dalla gestualità, dal contesto (in presenza di testimoni e quali: per esempio, persone vicine all'insultato, al cospetto delle quali lui può perderci la faccia), dai rapporti di potere (chi insulta è un superiore in grado). Tanto che, immaginiamo, potrei viceversa, in una situazione di complicità sentimentale, di rilassatezza psicologica e di giocosità condivisa, dare del coglione con tono di voce affettuoso alla mia partner o al mio partner, trasformando di fatto il potenziale insulto in un complimento dissimulato, con l'effetto di sottolineare l'intesa e l'intimità reciproche. È cosa che capita, anzi, abbastanza spesso nella vita di tutti i giorni, in circostanze varie: quando chiamiamo birbanti o teppistelli i figlioletti che giocano con gli amici nella stanza o nel parco; quando scriviamo (Cesare Pavese, in questo caso) «ragazze [...] tutte in coppietta col loro vigliacco» (nel senso di 'innamorato'); quando, incontrando un amico che non vede da tanto tempo, il romano de Roma gli getta le braccia al collo esclamando contento «Li mortacci tua!, da quanto tempo...». Di certo, quando Berlusconi ha dato, in un'occasione non protocollare ma comunque pubblica, del coglione a una parte dell'elettorato italiano, non l'ha fatto nemmeno «con il sorriso sulle labbra», come testimoniano le immagini televisive. Difficile pensare perciò a un uso simpaticamente disfemistico del vocabolo.

Labirintite verbale
La strategia comunicativa abituale che presiede all'emissione di «frasi eccessive» da parte di Silvio Berlusconi può essere sommariamente descritta in questo modo: prima si getta il sasso della dichiarazione "forte", mirando a suscitare un vespaio di polemiche e di reazioni risentite (obiettivo di solito puntualmente raggiunto); poi si simula la rettifica, che in realtà non rettifica se non nella forma, ma poco o nulla nella sostanza. A quanto pare, quando Berlusconi ha dato del coglione a chi avesse votato per il centrosinistra pur essendo proprietario di una casa, aveva l'intenzione precisa di «scuotere gli indecisi e ha fatto anche bene» a esprimersi come si è espresso, secondo Mario Valducci, uno dei consulenti di Berlusconi che si occupano di marketing politico. Alta la posta in palio (il voto degli indecisi), alta la carica dirompente dell'esternazione (coglioni...). All'inevitabile precisazione, Berlusconi fa precedere una considerazione: «Non permetterò che questa frase generi un'altra manovra scorretta: la sinistra, come al solito quando è in difficoltà, cerca di manipolare una mia frase per montarci sopra un caso del tutto inesistente». Ma, letta la precisazione, viene il dubbio che Berlusconi stesso manipoli quanto ha avuto a dichiarare in precedenza: «Ho negato, non ho affermato che una parte degli italiani possa votare contro il proprio interesse e perciò meritare quell'epiteto». Berlusconi manipola (mette mano) e il risultato è che non ci si capisce più nulla. Infatti la sovrapposizione dei contenuti di negazione/opposizione veicolati da ho negato, non ho affermato, contro, il legame di causalità (perciò) in dipendenza da un congiuntivo esprimente possibilità e non certezza, la negazione di tale possibilità da parte dei verbi dichiarativi della reggente (ho affermato, ho negato) creano una sensazione di leggera deriva semantica, di vertigine cognitiva da labirintite verbale, con susseguente disorientamento e perdita di presa sul significato ultimo del testo. In senso letterale Berlusconi sembra avere ragione. Questa la frase pronunciata il 4 aprile al meeting della Confcommercio: «Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse». Come dire: «Mi rifiuto di credere, non posso pensare, non può essere vero che in tanti (e perciò coglioni) andranno a votare per il centrosinistra, facendosi del male». Il problema è che la negazione è puramente retorica. Mi spiego: Berlusconi teme e sa benissimo che saranno in tanti a votare i suoi avversari; ma, attraverso il rilancio che delle sue "frasi eccessive" faranno i media, fa passare due messaggi, rivolti al vero e unico interlocutore, la fascia degli indecisi: chi vota per gli altri è un coglione, ma tu, indeciso, non puoi deludermi, mi rifiuto di credere che tu sia un coglione e tu lo dimostrerai, perché sarai spinto da questo mio paterno rabbuffo trasversale a sciogliere ogni dubbio e venire dalla parte di chi ti aiuta a fare i tuoi interessi. Insomma, per dirla in termini tecnici, Berlusconi attiva la funzione conativa dell'atto linguistico, che consiste nel rivolgersi al destinatario del messaggio in forma di condizionamento diretto (ordine, esortazione) o, come in questo caso, indiretto, poiché l'elemento esortativo è implicitamente ricavabile dalla realtà impossibile raffigurata come possibile (adynaton) e minacciosa (e dunque da sventare) di un mondo capovolto in cui una massa di folli va a votare i candidati sbagliati.



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