Thursday, February 28, 2019

CùPIDO


La parola del giorno è

Cupido

[cù-pi-do]
SIGN Avido, bramoso
voce dotta recuperata dal latino [cùpidus], derivato di [cùpere] 'bramare'.
«Quell'avido, cupido, pavido, stupido...». Non è una parola desueta, ma ha quella leggera ricercatezza che si fa notare - anche perché porta un significato pesante.
Si assesta in italiano nel XIII secolo (la prima attestazione di rilievo della forma 'cupido' pare sia nelle righe del poeta e religioso Guittone d'Arezzo), e riesce a descrivere in maniera ampia chi o ciò che arde di desiderio, un desiderio sfrenato e volentieri riprovevole - anche se, curioso, ai suoi albori poteva anche essere la virtù positiva di un desiderio indomabile.
Certo è una qualità più versatile rispetto all'avidità e alla lussuria, alle quali si sovrappone facilmente senza poter essere ridotta solo all'una o all'altra; inoltre non sembra febbrile come lo smanioso, il bramoso. L'intensità del suo volere è incandescente, può arrivare fino alla violenza, ma forse il cupido è meno scervellato dei suoi compari sinonimi, e ha un ventaglio di godimento un po' più aperto. Il dirigente cupido di ricchezze riesce a distrarre dei fondi per sé, il conoscente cupido di dominio tenta di esercitarlo mettendo gli altri in scacco, lancio sguardi cupidi al buffet cercando di cogliere il momento meno sconveniente per lanciarmici, e uno scambio di occhiate cupide fra due persone rivela un'intesa che non avevamo notato.
Già, peraltro parlando del cùpido si tira in ballo anche Cupìdo, divinità romana dell'amore, specie erotico (quasi omologo dell'Eros greco): divinità non tanto adorata in riti religiosi, quanto piuttosto evocata nelle arti, figurative e no. Non si sacrifica a Cupido, ma si raffigura, se ne scrive. Figlio di Venere, fanciullo alato armato di frecce che innamorano chi ne viene colpito, trae il suo nome proprio dal termine latino Cupìdo, 'bramosia'. È rimasto un personaggio davvero pop, tanto da diventare il mezzano d'amore, e il bimbo grasso e riccioluto. E magari proprio il suo riferimento, così pronto e diffuso, può rende più accessibile il cùpido, che è una risorsa davvero potente.
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Parentado

[pa-ren-tà-do]
SIGN Rapporto di parentela; insieme dei parenti
secondo alcuni dal latino tardo [parentatum], in origine 'cerimonia funebre in onore di parenti defunti', secondo altri attraverso l'ipotetica forma del latino volgare [parentatus], ma sicuramente derivato da [parens] 'parente', dalla stessa radice di [pàrere] 'generare'.
Per quanto ci possa sembrare che in questa parola suoni un po' di spagnolo, è italianissima. Secondo alcuni è il risultato di un passaggio dal latino volgare, attraverso la forma parentatus non attestata; Secondo altri, e con un interessante mutamento di significato, scaturisce dal parentatum, la cerimonia funebre in onore dei parenti defunti. Ad ogni modo si tratta di un recupero dotto: 'parentado' si trova attestato in italiano nei primi decenni del Duecento, negli scritti del grammatico, retore e latinista bolognese Guido Faba.
Dapprima descrive in genere il rapporto di parentela: posso dire che sono sempre cortese con Tizio solo perché siamo legati per parentado, posso parlare di un'eredità inattesa che arriva da un lontano parentado. In questi casi è semplicemente quella che oggi, più comunemente, chiamiamo parentela. Un secolo più tardi, però, si è affermata la forma 'parentado' (sul precedente 'parentatu') per significare l'insieme dei parenti - e qui arriviamo al nocciolo più importante, che nasconde una finezza superiore a quel che si sospetterebbe.
Il parentado non è la famiglia. La famiglia, per quanto allargata, è un gruppo preciso, ha un'identità precisa: si appartiene a una data famiglia. Il parentado cambia da persona a persona: non è l'insieme dei parenti nel cui organigramma sei incluso, è l'insieme dei parenti che converge su di te, in una formazione irripetibile. Non cognomi aviti, non casati, non genealogie esauriscono il parentado, che invece è capace di estendersi orizzontalmente fra agnati e cognati, che abbraccia gli affini e i consanguinei per costituire non un lignaggio, ma la singolare corte dei miracoli di parenti che ci portiamo appresso. Nel parentado i patriarchi e i capostipiti siedono col bicchiere di carta, da pari, accanto ai figlioletti della cugina della cognata.
Per quanto in antropologia il concetto di parentado abbia una dignità scientifica, per noi è spesso scherzoso. Lo è stato fin dal principio: visto che il parentado era parentela e che il matrimonio fa la parentela, era diventato sia il matrimonio sia l'atto sessuale (anche Boccaccio lo usa in questo modo ambivalente). Noi ci accontentiamo di parlare di parentado soprattutto quando è numeroso, invadente, di difficile gestione. Di domenica la strada viene invasa dalle auto del parentado del vicino, all'anniversario dei prozii c'era tutto il parentado, il nuovo fidanzato viene accolto dal parentado vedendo un po' quanto vino riesce a bere.
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