Saturday, December 09, 2017

Relax, Guazza

La parola del giorno è

Relax

[relàcs]
SIGN Stato di riposo fisico e psichico
dal verbo inglese [(to) relax], dal latino [relaxare] ‘allentare, distendere’.
Senz’altro ciò che molti di noi si staranno godendo in un giorno di festa. Che sia meritato o no, il relax è diventato uno dei premi più agognati per staccare dai ritmi di vita quotidiani spesso frenetici e decisamente stancanti che ci vengono imposti. L’anglicismo si affianca a dei nostri corrispettivi quali “riposo”, “distensione”, “svago”, raccogliendo probabilmente in un unico termine un po’ tutte le sfumature presenti in tali parole italiane, e giocando come carta vincente per la sua diffusione, oltre alla sua brevità, anche il suono esotico.
Ma la storia di relax è più particolare di quanto non appaia: si tratta infatti, in qualche modo, di uno pseudo-anglicismo, in quanto nella lingua d’origine (to) relax è un verbo, che noi abbiamo invece trasformato in un sostantivo. Per indicare l’azione corrispondente, abbiamo poi sfruttato il già presente “rilassare” (precisamente nella forma riflessiva rilassarsi), divenuto così un calco semantico proprio dell’intransitivo inglese to relax.
Relaxation è il sostantivo presente nel dizionario inglese, poco sfruttato in patria e ancora meno conosciuto al di fuori dei confini anglofoni. Ma il nostro 'rilassamento', che indica, come derivato di rilassare, distensione ed allentamento con prevalente riferimento a qualcosa di prettamente fisico (come ad esempio i muscoli), ha anche delle accezioni piuttosto negative, che riconducono allo scadimento, al deterioramento dei valori; per questo probabilmente si è preferito aggiungere l’alternativa 'relax', che ha acquisito senza dubbio un senso nettamente positivo. Una parola breve e comoda introdotta alla fine degli anni Cinquanta e impostasi attraverso la pubblicità, che abbiamo in qualche modo personalizzato e a cui in pochi si sentono di rinunciare. 



Guazza

[guàz-za]
SIGN Rugiada che bagna come pioggia
dal latino [aqua] 'acqua', attraverso forme del parlato come [aquacea] o [aquatia], ipoteticamente.
Nel confronto fra i termini 'rugiada', settentrionale, e 'guazza', toscano, è chiaro quale dei due suoni meno aulico e apollineo. Uscendo di casa al mattino osserviamo l'umile meraviglia della rugiada che imperla i fili d'erba; e invece proferiamo l'irripetibile quando la guazza ci fa pattinare e ci inzuppa le scarpe.
Tecnicamente la guazza sarebbe giusto la rugiada. Ma ha una sfumatura specifica: è una rugiada che, per quantità, bagna come se fosse piovuto, infradicia. Così possiamo parlare di come la nebbia che vediamo dalla finestra prometta guazza, della guazza inattesa dopo la notte serena.
Davanti a un'immagine così vivida emerge un rigoglio di significati estesi, tutti imperniati sul bagnato a terra, o sotto o intorno a qualcosa: i cappotti bagnati allargano la guazza ai piedi dell'attaccapanni, il ripieno troppo umido lascia i ravioli nella guazza, e quando si è gli ultimi a usare in bagno c'è sempre da fare i conti con la guazza.
La forza di questa parola sta nel suono simpatico, e nel richiamo diretto, per quanto non immediato, all'acqua. Tant'è che la troviamo come base di diverse altre parole, dal significato variamente specializzato: i bambini nella piscinetta stanno a guazzo, al collega malizioso piace sguazzare nel torbido degli affari altrui, il fascicolo delle fatture si rivela un guazzabuglio, e il vecchio cuoco si porterà nella tomba il segreto del suo guazzetto di pomodoro.
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